In California è in vendita¦ una città !

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Il 24 gennaio 1848 James Wilson Marshall, un carpentiere originario di Hopewell Township (New Jersey), scoprì quasi per caso lungo le coste del fiume Sacramento un filone aurifero. Immediatamente, tentò di approfittare del generoso regalo che la terra aveva voluto concedergli, per arricchirsi il più possibile e poter così garantire una tranquilla e serena esistenza a se stesso e alla propria famiglia. Ciò che James Wilson Marshall non poteva proprio prevedere era che quella sua apparentemente innocua scoperta avrebbe cambiato per sempre il corso della storia.

cms_9481/2v.jpgGià, perché se il nostro carpentiere era un uomo mite e riservato, lo stesso non si può dire del suo datore di lavoro, l’imprenditore Svizzero John Suter. O meglio, Suter, quando venne a sapere della notizia, tentò in tutti i modi di mantenere il segreto ma, per un motivo o per l’altro, commise una serie di errori che fecero sì che l’informazione si diffondesse in tutto il Paese. In breve tempo, tutta l’America settentrionale venne a sapere che, nello stato della California, esistevano ingenti risorse d’oro che aspettavano solamente di essere sfruttate. Questo portò in pochi mesi a quella che sarebbe stata ribattezzata “la corsa all’oro californiana”. Un periodo di circa sette anni, contraddistinto dal febbrile desiderio, se non addirittura dall’ossessione, di recarsi nel selvaggio west per portare a casa il prezioso metallo. Col tempo, tale corsa non divenne solo il simbolo dell’ambizione di accedere a uno stato sociale ed economico privilegiato, ma divenne l’emblema stesso del sogno americano: il segno di riconoscimento di migliaia di cittadini animati dal sogno d’una vita avventurosa e piena di pericoli.

La corsa dell’oro avrebbe avuto numerose conseguenze: dal riaffacciarsi della crisi fra Stati Uniti e Messico, il quale avendo ceduto la California solo due anni prima rivendicava una parte dell’oro per sé, fino ad altri aspetti, se così si può dire, più folkloristici. Non tutti sanno che proprio in quel periodo, ispirandosi alla corsa all’oro, Stephen Foster scrisse il celebre brano “Oh Susanna”, il quale sarebbe diventato un vero e proprio inno per tutti coloro che presero parte alla “Gold Rush”.

A questo evento, ancora, è stato dedicato uno dei romanzi più conosciuti di Isabel Allende, “La figlia della fortuna”, oltre che un fumetto speciale di Claudio Nizzi, “Tex Willer e la Valle del terrore”. Addirittura, a San Francisco, in occasione del centenario della corsa all’oro, venne perfino dedicato a quest’episodio il nome della franchigia Nfl del posto, i San Francisco 49ers, che negli anni ‘80 avrebbero dominato la lega grazie a Joe Montana. Mentre la squadra di basket della vicina Oakland, più ambiziosamente, è stata denominata “Golden State”, lo stato dell’oro, il soprannome che il territorio assunse in quegli anni e che conserva tutt’ora.

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Ma, indipendentemente dall’impatto culturale, tale evento ebbe il merito di trasformare la selvaggia e deserta California nello stato più ricco d’America. In breve, in tale luogo vennero costruite officine, banche per qualunque avventuriero desiderasse mettere al sicuro i propri risparmi; o ancora, bordelli e saloon per offrire un po’ di svago agli uomini dopo un’estenuante giornata alla ricerca dell’oro. Le risse nei bar erano all’ordine del giorno, ma allo stesso tempo i cowboy e gli sceriffi locali facevano del loro meglio per tutelare l’ordine pubblico. In altre parole, insomma, la California divenne presto l’archetipo di quello che noi tutti oggi chiamiamo Far West.

Naturalmente, soltanto alcune delle città fondate in quel periodo sono sopravvissute fino ai giorni nostri. Con l’esaurimento delle risorse auree, nonché con la fine della corsa all’oro, molti paesini della California vennero abbandonati, tornando di fatto alla desolazione e alla solitudine precedente.

Uno di questi esempi è rappresentato da una località mineraria situata nel bel mezzo della contea di Inyo, Cerro Goldo. A differenza di gran parte delle località più vicine, quest’ultima non era ricca solo di oro, ma anche di argento, piombo e zinco. Attratto dai ricchi depositi locali, un distinto signore sulla quarantina, Mortimer Belshaw, instaurò un ingegnoso sistema logistico mirato ad estrarre tali risorse e a trasportarle nella ricca Los Angeles, dove le avrebbe rivendute. La strada fra Cerro Goldo e la città degli angeli divenne nota come “The yellow road” proprio in virtù del colore della roccia che vi era stata tagliata. Ad ogni modo, l’opposizione dei nativi americani, unita alla difficoltà di riuscire a trasportare così tanti materiali nell’arida e ostile Valle di Owens, portò ben presto Cerro Goldo a ridimensionare notevolmente il proprio business, fino a diventare negli anni ‘50 un’autentica città fantasma.

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Tutto questo, non sembra aver in alcun modo scalfito il fascino di quest’antica e misteriosa località. Grazie al lavoro di alcuni volontari, infatti, l’albergo della città è rimasto aperto per tutto questo tempo e, malgrado non sia possibile pernottarvi, l’atmosfera western che vi si respira è davvero unica e inconfondibile. In teoria, ad oggi Cerro Goldo non è solamente una città, ma anche una proprietà privata: una proprietà tanto affascinante quanto vetusta e, in un certo senso, inessenziale. Proprio per questa ragione, i suoi attuali proprietari hanno compiuto negli ultimi giorni una scelta clamorosa: vendere Cerro Goldo.

L’annuncio è stato pubblicato sul sito Internet della località mineraria, come se vendere online una città non fosse più strano che vendere un paio di scarpe su Amazon. Attraverso un video, gli addetti al marketing hanno decantato le qualità e l’importanza storica di Cerro Goldo, invitando eventuali acquirenti a non essere timidi e a farsi avanti. I vantaggi di un simile investimento? Beh, prima di tutto la possibilità di godere d’un posto tranquillo e (forse anche troppo) riservato dove poter trascorrere le proprie giornate. E poi, il privilegio di poter possedere una località con un panorama e una bellezza naturale da far invidia alle più costose ville di campagna.

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Naturalmente, l’idea di una simile vendita potrà far sorridere in molti. Eppure, la struggente atmosfera che si respira nelle malandate strutture di Cerro Gordo, al pari dell’incommensurabile suggestione dei suoi oltre trecento ettari, non possono che destare in noi non soltanto un profondo fascino, ma anche e soprattutto la più viva curiosità. Quella stessa curiosità che, forse, provavano anche i cercatori d’oro intorno alla metà dell’Ottocento.

Gianmatteo Ercolino

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