JACQUES LOUIS DAVID

Pennelli e rivoluzione

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La storia umana di David non fu solo quella di un pittore, ma anche quella di un politico e di uomo di potere a cui non mancano aspetti molto discutibili.

Nella storia dell’arte, David è identificato come “il padre del neoclassicismo”, per distinguerlo dallo stile immediatamente precedente che era il “rococò”.

Come uomo politico iniziò come fedele fornitore del Re, fu rivoluzionario del terrore e poi anche bonapartista, situazioni che influenzarono la sua pittura e che lo portarono all’esilio a fine carriera.

Nacque a Parigi il 30 agosto 1748 da una famiglia prospera.

Il padre, Louis Maurice, era un commerciante in ferro che riforniva anche lo Stato; la madre, Marie Geneviève Buròn, apparteneva a una famiglia di architetti.

Un bel giorno il padre ebbe la brillante idea di morire in un duello alla spada; sua madre, allora, si ritirò in campagna e affidò il piccolo Jacques-Louis, che aveva nove anni, agli zii architetti.

Per gli zii, la cosa più naturale del mondo, fu quella di avviare Jacques-Louis alla carriera di architetto, ma nell’ambito degli studi c’è il corso di disegno e così scocca la scintilla tra l’arte pittorica e il piccolo David.

Senza nemmeno osteggiarlo troppo gli zii, visto che Louis vuol fare il pittore, che fanno? Chiamano il primo pittore del Re per fargli da maestro, ma Francois Boucher è anziano e un po’ stanco; quindi dirotta l’allievo su un altro pittore di successo del momento: Joseph Marie Vien.

Spesso nella vita il caso può aiutare e, unendo i puntini all’indietro, come diceva Steve Job, ti accorgi che un impedimento è in realtà un vantaggio. Per David questo “ripiego” si rivelerà un colpo di fortuna.

Vien, infatti, rappresenta la pittura del momento. Il suo quadro “La venditrice di amorini”, che esposto al Salon ottiene un grande successo, è in stile “alla greca”, cioè uno stile pittorico con meno fronzoli e svolazzi del barocco e del rococò.

David è suo allievo e assorbirà le basi di questo nuovo stile a cui poi, verso il 1850, metteranno l’etichetta di “Neoclassico”.

Vien, oltre a farlo studiare da lui, lo fa studiare all’Académie, che fornisce tutti gli strumenti per diventare professionisti, ovvero pittori di corte; inoltre, l’Académie giudica e certifica la qualità dei pittori.

È in questo periodo che a David viene in mente di seguire la stessa idea del padre, per fortuna non fino in fondo, e sfida a duello un collega di bottega. Ne rimedia uno sfregio sulla guancia che, però, elimina quando dipinge i suoi autoritratti.

Il suo maestro lo introduce negli ambienti che contano e, così, David si pone l’obiettivo di vincere il “Prix de Rome”.

Vincere il premio significa ottenere una borsa di studio e denaro per finanziare un viaggio studio in Italia da 3 a 5 anni. In Italia c’è la pittura che conta, pittura ai massimi livelli e, come noi italiani dovremmo sapere, le memorie dell’antichità.

Nel 1771, a 23 anni, arriva secondo.

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L’anno dopo presenta il quadro “Diana e Apollo saettano i figli di Niobe”, ma perde ancora. Di nuovo nel 1773 il tentativo fatto con il quadro “La morte di Seneca” è un insuccesso.

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Per Jacques Louis David questo è insopportabile e lamenta un “complotto” ai suoi danni, un’ingiustizia per la quale pensa al suicidio.

In realtà, i giudici ritengono i quadri di David deboli dal punto di vista compositivo e realizzati in uno stile troppo teatrale.

Da un pittore teatrale cosa si può chiedere? Di decorare un teatro. In realtà non è un teatro vero e proprio, ma la casa della prima ballerina dell’Opéra, che ha trasformato il suo palazzo in una specie di teatro.

Mentre Davidi si strugge e architetta vendette tremende, dipinge “Antioco e Stratonice” e, finalmente, nel 1774 vince il Gran Prix e parte finalmente per Roma.

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Pieno di entusiasmo studia e disegna in continuazione. Si rende conto che l’idea che si era fatta della pittura italiana è ben diversa dalla realtà: si trova di fronte a opere di Correggio, Guido Reni, Raffaello e Caravaggio dalla tecnica eccezionale.

L’Accademia non lo loda, ma nemmeno lo stronca. Il giudizio è del tipo: “il ragazzo è intelligente, ma si può impegnare di più”.

Dopo 4 anni di questa vita, in cui studia i capolavori degli artisti italiani, David si deprime e per alcuni mesi entra in crisi. La cura consigliata è classica: “si svaghi… riposi… faccia un viaggio”.

David parte per Napoli e alla fine non è chiarissimo se sia guarito per gli stimoli e le commesse che gli procurava il suo Maestro Vien o per una relazione con la cameriera del maestro; il fatto è che David si ristabilisce e torna a Parigi.

L’Accademia accoglie con favore il suo allievo e il suo stile, che rimane sempre teatrale, ma tecnicamente e compositivamente è più solido e pulito.

Il quadro “Belisario chiede l’elemosina” ottiene un discreto successo e apprezzamento.

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David trova un altro dei suoi puntini fortunati nel 1782. Lui, 34enne, conosce Charlot Pecoul di anni 17 e si sposano, anche perché il ricco padre correda la figlia di una dote principesca e così David può aprire il suo Atelier con annesso alloggio, addirittura al Louvre.

Avranno quattro figli. In quella posizione David accoglie i primi allievi e nel 1783 entra come membro effettivo dell’Accademia.

Si potrebbe pensare che, finalmente, va tutto bene e basta continuare così d’amore e d’accordo e per David la vita si propone tutta rose e fiori: il suocero ricco che lo sovvenziona, l’atelier al Louvre, allievi e una moglie giovanissima. Che cosa si può volere di più dalla vita?

E invece…

Il Re, attraverso la sua amministrazione (Batiments du Roi), commissiona un quadro a David: una grande pittura storica ispirata al duello tra Orazi e Curiazi.

Indica con precisione cosa vuole, comprese le misure che non devono superare i 3 metri per 3.

Jacques Louis David, tanto per cominciare, lo progetta di metri 3.30 x 4.25 e fa tutto a modo suo. Infrange persino il divieto di mostrare l’opera, esponendola nel suo studio prima della presentazione ufficiale.

L’Accademia non tarda a fulminare il pittore con giudizi del tipo “pittore ribelle” oppure “il quadro è un attacco al buon gusto” e così via.

Ma questa volta il “pubblico”, (chiamiamo così le persone che componevano l’ambiente artistico dell’epoca, ricchi, addetti ai lavori e appassionati), lo premia.

Per il pubblico “Il giuramento degli Orazi” è il più bel quadro del secolo.

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Questo quadro consacra David come capostipite del “vero stile”: preciso, sobrio essenziale.

Il successo aiuta a incrinare i rapporti con l’Accademia, che addirittura annulla il Grand Prix del 1786, perché i candidati sono tutti allievi di David, e respinge la domanda del pittore che vorrebbe entrare nella direzione dell’Accademia

Siamo però nel 1789 e sono tempi di rivoluzione, la famosissima Rivoluzione francese.

David coglie l’occasione al volo e si mette alla testa degli “Accademici dissidenti”: il gruppo chiede la fine dei privilegi dell’Accademia e, in particolare, del divieto agli artisti non accademici di esporre le loro opere al Salon.

David diventa il “pittore della rivoluzione”.

Ovviamente David chiede all’Assemblea la soppressione di tutte le Accadémie e la sua nomina come commissario al “Salon de la liberté”. Tanto per completare la vendetta, ottiene di abrogare il posto di direttore dell’Accadémie de France.

Il potere, in alcuni uomini, crea dipendenza e David inizia a trascurare la pittura per l’impegno politico. È tra i firmatari della decadenza della monarchia e del re Luigi XVI.

Nel 1792 organizza la sua prima “Festa rivoluzionaria”, viene eletto deputato di Parigi alla Convenzione nazionale e diventa amico di Jean-Paul Marat, che a sua volta giudica David un “eccellente patriota”.

Viene nominato al Comitato d’istruzione pubblica, responsabile della propaganda, dell’amministrazione delle arti; entra nella commissione monumenti e propone la riorganizzazione del Louvre.

Nel 1793 vota per la morte di Luigi XVI e la moglie Charlot, monarchica, chiede il divorzio.

Ma ormai David è lanciato. Nel 1793 Marat viene assassinato. Tocca a David celebrarlo con un quadro, uno dei suoi più celebri, e occuparsi dei funerali dove, ovviamente, espone il suo quadro.

David è nominato segretario della Convenzione e membro del Comitato di sicurezza generale e addirittura Presidente della sezione interrogatori.

In pratica è uno degli uomini del periodo del “Terrore”; firma oltre 300 mandati di arresto, che spesso si traducono in esecuzioni capitali.

Non si fa scrupoli verso nessuno, nemmeno i conoscenti e gli amici, salvo cancellare dalla lista e aiutare chi gli garba, anche se fedele al Re. Insieme a Robespierre si occupa di propaganda e feste celebrative della rivoluzione.

Nel 1794 Robespierre denuncia una cospirazione in atto alla Convenzione, ma lo fa senza fare nomi. I deputati, quindi, si sentono tutti minacciati e in pericolo di ghigliottina, così preferiscono eliminare Robespierre, che platealmente dichiara “.. se devo soccombere, berrò la mia cicuta con calma”. E David lo sostiene: “e io la berrò con te!”.

Il giorno dopo Robespierre viene arrestato, ma David è assente.

Qualche giorno dopo la Convenzione gli chiede spiegazioni circa il suo rapporto con Robespierre, e David, in pratica risponde: “Robespierre chi?”.

Rinnega qualsiasi sua simpatia e attività rivoluzionaria e viene solo incarcerato. La sua abiura è sufficiente alla ex moglie per intervenire e aiutare l’ex marito, tanto che, poi, si risposeranno una seconda volta.

Pian piano, anche grazie all’intercessione dei suoi allievi e alle influenti conoscenze della moglie, David torna a dipingere, propugnando una riconciliazione nazionale e celebrando le virtù della concordia.

Ma all’orizzonte si profila “un uomo al quale si sarebbero innalzati altari nell’antichità, sì … è il mio eroe”. Di chi parla David? Di Napoleone Bonaparte.

Con giravolte degne di un moderno politico, David passa da fornitore del Re a rivoluzionario, da ravveduto e pentito realista a novello bonapartista.

Senza indugio il pittore scrive a Napoleone e gli offre i suoi servigi, offrendogli di dipingere un ritratto. I realisti attaccano J.L. David per questo suo nuovo voltafaccia, ma Napoleone gli offre protezione e lo invita a seguirlo nella Campagna d’Egitto.

David è entusiasta, però, in Egitto preferisce mandare un suo allievo.

Nel 1800 accade così che il re di spagna Carlo IV commissioni a chi ha mandato a morte il suo collega Luigi XVI un ritratto di Napoleone da mettere nel suo palazzo.

Questa è l’origine del quadro “Il Primo console supera le Alpi al Gran San Bernardo”, che sarà seguito da altre tre copie richieste da Napoleone stesso.

E così, man mano, David torna a occuparsi della propaganda del potere, disegna le nuove divise francesi, che però vengono rifiutate, propone una riforma di tutte le istituzioni artistiche (con sé stesso come amministratore), ma viene bocciata anche questa. Tuttavia, alla fine viene nominato “primo pittore ufficiale” con tanto di Legion d’Onore come onorificenza.

Sarà David che si occuperà del grande quadro celebrativo dell’autoincoronazione di Napoleone a Notre Dame.

La pittura di David diventa la pittura di Napoleone, anche perché spesso l’imperatore interviene e indica a David cosa deve fare, questo sì e quello no, togli questo metti quello, che a volte renderà incomprensibile la struttura compositiva del quadro stesso

Ma l’amministrazione dello Stato, composta da molte persone che non hanno dimenticato i trascorsi di David, crea problemi e mettono in risalto, per esempio, il costo esorbitante dei quadri del pittore e spesso rifiutano il pagamento.

Siamo nel 1815 e la stella di Napoleone tramonta.

Su David incombe non solo la “macchia” di essere stato un rivoluzionario del terrore, ma anche di essere stato bonapartista. Lascia i suoi atelier agli allievi, che invece saranno ben accetti a corte, e fugge in Svizzera.

Vorrebbe trasferirsi a Roma che lo rifiuta e allora si sposta a Bruxelles.

David continua a dipingere e i suoi quadri ottengono sempre un grande successo “Marte disarmato da Venere” attira 6000 visitatori (paganti), che per quei tempi è un successo enorme.

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Non mancano gli inviti a tornare in Francia, ma David, saggiamente, rifiuta.

La situazione e l’età non tardano a dare i loro frutti: nel 1824 viene investito da una carrozza e l’anno dopo viene colpito da una malattia degna di Freud: gli si paralizzano le mani.

Un pittore senza mani è una beffa alla quale David non sopravvive e un mese dopo muore. È il 29 dicembre del 1825. La Francia rifiuta di accogliere le sue spoglie.

Con lui muore anche il “neoclassicismo” e di lì a poco la vera rivoluzione arriverà nel mondo dell’arte con l’invenzione della fotografia e gli impressionisti.

(filmato da "Pitteikon Stampe pregiate e da collezione" YouTube)

Andrea Giuseppe Fadini

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