L’ALLEANZA CON PISAPIA CHE PUO’ GIOVARE AL CENTROSINISTRA

Fassino continua a tessere la sua tela per costruire un centrosinistra largo che affianchi il Pd

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La mission di Piero Fassino, nelle vesti di inviato del Pd al dialogo con la sinistra, sembra aver raggiunto il suo scopo: portare dentro l’alleanza con il Pd Giuliano Pisapia e il suo Campo progressista, isolando i bersaniani di Mdp. La fine dell’incontro, tenutosi qualche giorno fa, ha dato inizio ad “un percorso politico e programmatico per una nuova stagione del centrosinistra”. In sintesi, Fassino e Pisapia hanno posto le basi per una futura alleanza fra PD e Campo Progressista in vista delle elezioni politiche del 2018. Già da qualche giorno Pisapia aveva fatto capire di volere allontanarsi da Articolo 1, Sinistra Italiana e Possibile, tre partiti di sinistra che quasi certamente si presenteranno insieme alle elezioni. Il Pd, nell’accordo con Pisapia, mette sul tavolo l’apertura a modifiche al Jobs act, l’impegno sullo ius soli e sul biotestamento, nonché sui superticket in manovra. Pisapia chiede, inoltre, “un segnale forte di un cambio di rotta”, il no alla destra di Ap in coalizione e un “garante” del patto di coalizione, che potrebbe essere visto in Romano Prodi.

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Se un accordo con il Pd ci sarà, nell’idea dei pisapiani, è per costruire un soggetto "forte” delle adesioni dei prodiani, dei Radicali, magari dei Verdi. Ma sul piano politico restano nodi che rischiano di far incagliare l’intesa. Una condizione su cui l’ex sindaco non sembra voler transigere è tenere fuori Ap dalla coalizione. Dal canto suo, infatti, il Pd pensa ad un percorso con un’alleanza a tre - con tanto di programma comune - nei collegi uninominali previsti dal Rosatellum: una lista centrista, cioè, a cui stanno lavorando Pier Ferdinando Casini, Beatrice Lorenzin e Lorenzo Dellai e infine la lista in cui confluirà Campo progressista assieme ai Radicali di Emma Bonino e agli ambientalisti. L’altro nodo da risolvere è la leadership. Pisapia chiede a Fassino e Martina quantomeno un “garante” della coalizione. Un “padre” alla Prodi. O, comunque, un’altra personalità che poi diventerebbe il naturale candidato premier. Nell’incontro, i nomi messi sul tavolo sarebbero quello di Romano Prodi e quello di Walter Veltroni.

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Regna, nonostante gli incontri di queste ore, pessimismo sui destini elettorali del centrosinistra. Forse il lavoro sulla coalizione è arrivato troppo tardi? Forse addirittura fuori tempo massimo? Ci si interroga al Nazareno. Lo stesso Prodi è convinto che le prossime elezioni segneranno una sconfitta per il centrosinistra e un successo per il centrodestra. Anche grazie ad un’operazione, come quella messa in campo da Mdp con Pietro Grasso, tutta mirata a far perdere voti al Pd e rafforzare i suoi avversari elettorali. Con in più l’aiuto della Cgil, scesa in campo contro il governo per indebolire una delle carte forti del Pd, ossia Paolo Gentiloni: la rottura della Camusso sulle pensioni, spiega chi ha seguito la partita, è stata non a caso concordata con Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema.

Di certo, il Pd viene fuori da anni di forte contrapposizione interna, culminata nella scissione di Articolo 1-Movimento democratico e progressista (Mdp). Renzi è, infatti, per i bersaniani a sinistra del Pd, un uomo che si è macchiato di troppi peccati e che ha distrutto il partito.

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Certo, Renzi ha stretto il patto del Nazareno, ha voluto riscrivere con Berlusconi sia la costituzione sia la legge elettorale. Ma non è stato di certo il primo leader che da sinistra ha cercato una sponda in Berlusconi. Anzi, quell’approccio ha una lunga tradizione, cominciata da D’Alema con la commissione bicamerale che puntava alla riforma costituzionale. E non regge l’accusa che Renzi avrebbe distrutto il partito, perché il declino non comincia nel 2014, bensì molti anni prima, così come molti anni prima è cominciato il declino dei circoli del partito, sempre più rari, sempre meno attivi. Anzi, a dirla tutta, è Renzi, con la sua promessa di rottamazione e di incisive riforme tese a far ripartire il paese, a galvanizzare di nuovo i cittadini.

Ora, nel 2018, con l’appuntamento delle politiche, il Pd ha bisogno di recuperare in credibilità; ha bisogno di lasciarsi alle spalle i conflitti e le divisioni che lo hanno corroso e indebolito. Per questo che Piero Fassino continua a tessere la sua tela per costruire un centrosinistra largo che affianchi un Pd che, pur sfondando al centro, tenga con sé una parte della sinistra. Quella di Pisapia, appunto. Si spera.

Mary Divella

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