L’era del capitalismo dei dati e del biopotere

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L’avanzare dei social media nella nostra vita quotidiana ha assunto oggi il picco più alto. La centralità di sistemi di comunicazione istantanea e di tecnologie in cui il mantra è la condivisione delle proprie e altrui vite, ha creato le premesse per l’instaurazione di una forma di capitalismo alternativo o capitalismo dei dati. Ciò che i potentati residenti nella Silicon Valley hanno intuito è stata la fondazione di una rete in cui al centro ci fosse il coinvolgimento di un’intera comunità mondiale e dove il discorso sulla trasparenza delle proprie informazioni fosse un meccanismo fondamentale per sfuggire alla responsabilità e al controllo delle istituzioni economiche e politiche e instaurare così relazioni di tipo estetico, superficiale e sentimentale. Siamo nell’epoca dell’imagocrazia, un mondo in cui le immagini perdono definitivamente la loro antica aura benjamiana per assumere carattere di flusso costante di immagini "usa e getta"; una iperrealtà in cui la centralità degli strumenti di diffusione delle immagini stesse, come lo smartphone, sono il propellente ideale per essere sempre in vetrina e nel contempo per diventare utenti soggetti a continui processi di quantificazione e targettizzazione.

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I processi di sorveglianza e di targeting a scopo commerciale avvengono a livello aggregato sulla popolazione attraverso strategie pubblicitarie aziendali e sempre più sofisticate tecniche di sorveglianza di massa che raccolgono metadati da ogni dove dagli angoli social della rete. Siti web, social media e centinaia di app aggregano e deterritorializzano senza sosta il nostro vissuto sotto forma di condizioni di visibilità mai conosciuta prima ma che ora, in piena poca di antropocene, risulta una routine per milioni di persone trasformate da un’evoluzione storica del potere nel mondo occidentale con la svolta neoliberista. Ciò che in passato forme insidiose di potere deliberatamente punivano, sorvegliavano e minacciavano i propri cittadini attraverso forme di stato repressivo, nel presente la dissoluzione della sovranità del potere statale tradizionale ha portato ad affermarsi di forme di dominio non tanto attraverso il divieto e la pena ma con altri mezzi più subdoli come la tecnologia e la biopolitica, ovvero manifestazioni e segni di un controllo simbolico della popolazione attraverso dispositivi e apparati diversi, meccanismi coinvolti nella produzione di soggetti disciplinati sì ma unicamente nell’arte del consumo a ogni costo.

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La biopolitica per esempio è funzionale oggi perché favorisce meccanismi di autoconservazione che possono fare a meno del vecchio stato di polizia e favorire la standardizzazione della vita e della produzione, ovvero il diretto vissuto del soggetto. Ben vengano allora in questo panorama politico tecniche di autoregolazione facilitate da apparecchi portatili e miniaturizzati in grado di indurre i soggetti ad autogovernarsi e costruire in autonomia il proprio Sé, un autogoverno di se stessi che funziona solo se vi è un discorso che garantisca la circolazione delle informazioni personali e la continua esportazione della comunicazione. Biopolitica e neoliberismo assolvono bene il compito di un sistema la cui razionalità è tesa a riconfigurare le relazioni tra lo stato e il soggetto dove quest’ultimo è ridefinito attraverso l’estensione della competizione social(e). Il neoliberismo forma un cittadino in un essere imprenditoriale, in un soggetto abile e arruolabile nella neo società della performance, spazio di azione di una forma biopolitica in cui i soggetti interiorizzano il potere per esercitarlo sotto forma di relazioni di piccole dimensioni atte agli spazi concessi dalle piattaforme dei social media.

Andrea Alessandrino

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