L’ASSALTO DEI DEMOCRATICI A TRUMP
Tra guerra all’Iran, impeachment e crescita economica

Nonostante il quasi certo, e imminente, conflitto in Medioriente (l’ennesimo dagli anni ’90 a oggi, ndr), con gli USA da una parte a imporre la propria leadership militare nel mondo, e l’Iran dall’altra pronta a lanciarsi in una guerra santa contro l’atavico odiato nemico, i riflettori della ribalta politica statunitense iniziano a essere puntati sulle prossime elezioni alla Presidenza degli Stati Uniti di America. Mancano esattamente 11 mesi all’election day per eleggere il Capo di Stato più potente della Terra, ma i motori, soprattutto in casa del Partito Democratico, sono già surriscaldati per la scelta del candidato da opporre a Donald Trump. Al momento conosciamo solo la lista dei candidati democratici alle primarie che si terranno dal 3 febbraio fino a giugno. Alcuni mesi fa, la nave dell’Asinello americano aveva imbarcato 27 passeggeri provenienti dal mondo della politica, della finanza e della cultura; ma, a un mese dall’arrivo nel porto dell’Iowa, di passeggeri ne sono scesi quasi la metà. L’ultimo ad aver deciso di non proseguire il viaggio, è Juliàn Castro. Considerato stella nascente nel futuro del Partito Democratico, per il politico di origine ispanica, ex sindaco di San Antonio (Texas) ed ex ministro nell’amministrazione Obama, non c’erano più i presupposti per proseguire con la campagna elettorale, visti i deludenti risultati nei sondaggi e di fondi raccolti negli scorsi mesi. “Ho preso atto che non è arrivato il mio tempo”, ha dichiarato Castro in un video postato ieri sui social.
Tra i candidati rimasti in viaggio, Jhon Biden, ex vicepresidente dell’amministrazione Obama, è davanti a tutti di 9 punti, secondo i sondaggi analizzati da RealClearPolitics; anche se ad attenderlo ci sono le elezioni in Iowa e New Hampshire che vedono tra i favoriti Pete Buttigieg e Bernie Sanders; in attesa del Super Tueasday del 3 marzo e dell’incognitaMichael Bloomberg che potrebbe rivelarsi come il quarto incomodo di una corsa che, sicuramente, diventerà per soli uomini, viste le poche chance di farcela della senatrice Elizabeth Warren, unica donna rimasta ancora in lista. Dall’altra parte, il Partito Repubblicano non ha ancora confermato se ricandidare Trump sul quale pende l’accusa di impeachment per il Kievgate che vede coinvolto il rivale Biden. L’attesa, comunque, da parte dei vertici del partito dell’Elefantino nel riconfermare o meno il tycoon per la rielezione, secondo alcuni sondaggi, si sta rivelando vantaggiosa per il Presidente in carica. Sul piatto della bilancia c’è il presunto coinvolgimento di Biden con i fatti di corruzione in Ucraina a tutela del figlio Hunter, la crescita economica e la riduzione del tasso di disoccupazione al 3.5 %. Alla fine la scelta di ricandidare Trump sarà un atto dovuto da parte dei repubblicani, considerato il grande consenso che ha saputo costruire e sta mantenendo tra le classi meno abbienti del Paese, nonostante i toni molto forti, le scelte autarchiche negli scambi commerciali, lo scarso aplomb nei rapporti diplomatici e l’utilizzo spasmodico e sconsiderato dei social media.
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