L’EUROPA TORNA A COSTRUIRE MURI
Ungheria e Norvegia annunciano la costruzione di altri muri per fermare i migranti

Dopo il 2015, anche quello in corso rischia di essere l’anno dei muri. Nonostante l’accordo fra Unione Europea e Turchia per frenare i flussi di migranti, gli arrivi non si fermano. E diversi Paesi del Vecchio Continente tornano ad alzare barriere di confine nella speranza di contenere l’esodo di disperati verso le regioni più ricche del pianeta.
In prima fila c’è l’Ungheria. Lo ha annunciato il primo ministro Viktor Orbàn, parlando alla radio pubblica. "Stiamo programmando la costruzione di una seconda barriera lungo il tracciato di quella già esistente e costruita in corsa nel 2015 lungo il confine con la Serbia, - ha spiegato Orbàn - La misura ci sembra necessaria anche tenendo conto della possibilità che la Turchia cambi la sua politica verso i migranti. Perché se ciò accadrà, arriveranno a centinaia di migliaia ai nostri confini". La pianificazione della nuova opera è già in corso e, ha aggiunto Orbàn, sarà in grado di fermare "diverse centinaia di migliaia di persone" se necessario.
La costruzione del primo muro, nella tarda primavera del 2015, aveva scatenato reazioni a catena nei mesi successivi, con moltissimi Stati dell’area balcanica e centro europea che si erano accordati alla decisione di Budapest, erigendo barriere confinarie in funzione anti-migranti. Anche le ultime dichiarazioni di Orbàn, del resto, non giungono a caso: l’annuncio del primo ministro, infatti, arriva a poche ore dall’incontro fra la cancelliera tedesca Angela Merkel e i leader dei Paesi del gruppo di Visegrad (Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia), da tempo fautori di una linea rigida in materia di accoglienza ed aspri critici della politica tedesca delle "porte aperte".
In questi giorni, però, Budapest non è la sola ad annunciare la costruzione di un nuovo muro. Anche ad Oslo, infatti, si progetta una barriera analoga, al confine settentrionale con la Russia. Per quanto possa sembrare strano, infatti, la Norvegiaè da mesi meta di una migrazione che non proviene unicamente dalla rotta balcanica e dagli Stati dall’Europa centrale, ma direttamente dalla Russia. Diversi migranti - originari perlopiù dell’Asia centrale - non esitano infatti ad attraversare le sterminate distese steppiche della Russia per arrivare fino all’estremo nord della penisola scandinava, lungo il confine russo-norvegese, in quella che sembra un’epica traversata. Tuttavia, nonostante muri e accordi, gli arrivi, a quanto pare, non si fermano. Tanto che l’immigrazione è diventata il problema numero uno degli europei.
Si può fermare l’esodo dei disperati? Ma, soprattutto, come fermarlo o come gestire i tanto conclamati rimpatri di chi non ha diritto all’accoglienza? Come riuscire a discernere tra una politica severa di rimpatri e una politica dell’accoglienza, capace di creare condizioni di integrazione, pacifica convivenza e sviluppo? L’Europa è all’impasse. Probabilmente, cominciare a considerare l’immigrazione non come una minaccia, ma come un’opportunità per un continente senescente e in crisi di crescita come il nostro, potrebbe profilarsi come l’unica, vera via d’uscita. A patto che i flussi migratori siano gestiti in modo coordinato e lungimirante da una politica condivisa da tutti i paesi membri. Nessuno escluso.
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