L’ISOLA CHE NON C’E’
COMBATTERE LE MIGRAZIONI CREANDO OCCUPAZIONE

Arrivano silenziosi dapprima. Poi squarciano il silenzio con urla strazianti perché qualcuno è ferito è qualcun altro muore. Sembrano apparire dal nulla come ombre. Arrivano dal deserto stipati e accalcati nei camion come animali, benché siano donne, uomini e bambini. Dall’Africa del sud bussano con fare discreto alle porte d’ Europa, sebbene a molti sembrino invasivi come una macchia d’olio che si propaga in mare insidiosa. Proprio come quel mare che li porta pigiati in una rete, come fosse pesca inutile e indesiderata. Il loro viaggio dura giorni ed anche mesi. La corsa verso la terra promessa è faticosa, straziante e disattesa. Qualcuno si fa anche male, o muore.
Sono gli schiavi del terzo millennio, che prima di arrivare nelle terre della cuccagna vendono le loro forze fino allo stremo, per racimolare il denaro utile per un biglietto che li conduca verso l’isola che non c’è. Raggiunta la Libia i migranti se la devono vedere con gli scafisti che sono spesso violenti e senza scrupoli (per via di rancori e reminiscenze ataviche nutrite da odio per gli africani del sud, con cui se la sono vista in passato in una guerra che ha causato lutti ancora non elaborati). Chi riesce a comprare il biglietto guadagna l’imbarco. I meno fortunati che non riescono a fare soldi, ripiegano diversamente, magari con il contrabbando.
Il bilancio dell’attacco degli ultimi giorni contro un centro di migranti a Tajoura è di 53 morti, e oltre 100 sono i feriti. Il bilancio totale degli scontri a Tripoli (iniziati ad aprile) porta ad un migliaio il numero dei morti e oltre cinquemila sono i feriti, secondo quanto riferisce l’Organizzazione della Sanità in Libia, in un twitter. Mentre le organizzazioni umanitarie invitano a trovare una soluzione rapida e pacifica che metta al sicuro da altri possibili attacchi. Si stima che la popolazione africana aumenterà di 1,3 miliardi di persone nel giro dei prossimi trentatré anni. Ed è ovvio che a questi giovani bisogna dare un lavoro, nell’immediato.
Una soluzione ottimale sarebbe quella di industrializzare l’Africa per trasformare l’economia e creare occupazione. “Sarebbe utile non esportare materie prime e cervelli, ma creare sviluppo", questo è il pensiero espresso da Pier Luigi D’Agata, direttore generale di Confindustria Assafrica & Mediterraneo, a proposito della migrazione che è da considerare "un’opportunità, nell’ambito di un’accoglienza organizzata”.
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