L’OPINIONE DEL FILOSOFO
Etica e morale nel marxismo da Marx a Gramsci (Seconda Parte)

Gramsci e la filosofia della prassi
Se il marxismo come “filosofia della prassi” si caratterizza per la sua vocazione pratica e per il collegamento con la pratica politica necessaria per trasformare il mondo presente in senso emancipatorio, il posto della morale in tale pratica è legato agli obiettivi e valori che il marxismo persegue e aspira a raggiungere con i mezzi adeguati a raggiungerli.
In che senso la filosofia della prassi di Gramsci assume la dimensione di autonoma concezione del mondo, di fronte al pensiero di Marx, alle componenti storiche dello stesso marxismo, con quali nessi con le altre sovrastrutture e con l’azione?
Essendo la prassi il divenire nel quale si realizza l’unità dell’uomo e del mondo, della soggettività e dell’oggettività, la prassi è un divenire storico, che si realizza tanto nel pensiero quanto nella realtà storica, come creazione di un mondo socio-umano più giusto e consapevole.
La filosofia della prassi non significa la priorità del senso pratico nei confronti della teoria, significa piuttosto l’attuazione dell’uomo nel mondo. La filosofia della prassi supera sia la deformazione del pensiero scientistico e tecnico, in quanto unità dell’uomo e del mondo come verità in divenire, oltre l’idealismo e la riduzione dell’essere alla coscienza.
La prassi si caratterizza come creazione del mondo socio-umano, in cui si realizza storicamente l’unità dell’uomo e del mondo: “L’uomo è da concepire come un blocco storico di elementi puramente individuali e soggettivi e di elementi di massa e oggettivi o materiali, coi quali l’individuo è in rapporto attivo. Trasformare il mondo esterno, i rapporti generali, significa potenziare se stesso”. (Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, M.S.)
Sostenendo la necessità di fondare teoreticamente la nozione di uomo e del suo rapporto con la natura, merito di Gramsci è dunque quello di elaborare il nucleo speculativo per la fondazione di una dottrina dell’uomo rappresentata dalla “filosofia della prassi”, che cerca la sua autonomia su una premessa umanistica saldamente ancorata alla legge della dialettica.
La persona non è né finita né infinita, ma è il centro in cui si dialettizzano finito ed infinito, io e mondo, individualità e universalità. La dialettica necessità -libertà si risolve nell’unità della persona.
La dialettica è la legge della coscienza umana, in cui si innesta la fondazione della dottrina dell’uomo che Gramsci persegue, in cui la filosofia della prassi fa i conti con la cultura e con le masse, mirando a formulare il proprio fondamento speculativo di filosofia integrale e originale, mentre punta alla coscienza rivoluzionaria “che cambia il mondo”.
La filosofia della prassi come teoria rivoluzionaria
Che il marxismo si sviluppi come “struttura di pensiero completamente autonoma ed indipendente” è condizione necessaria alla sua natura di “teoria rivoluzionaria”, che si può affermare solo come elemento di separazione consapevole dal vecchio mondo e capace di esercitare la propria egemonia sulla cultura tradizionale.
La filosofia della prassi si pone come “espressione necessaria e inscindibile di una determinata azione storica, di una determinata prassi”, come consapevolezza delle contraddizioni ed elemento della contraddizione elevata “a principio di conoscenza e quindi di azione”, come strumento storico che si identifica con la storia, senza “cadere nello scetticismo e relativismo morale e ideologico”, come precisa Gramsci ne “Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce” (M.S.)
Se il marxismo è autonoma e integrale concezione del mondo come coscienza concreta della storia, del divenire dialettico, come “scienza della dialettica o gnoseologia, in cui i concetti generali di storia, di politica, di economia si annodano in unità organica” (M.S.), “la filosofia della prassi è lo ‘storicismo assoluto’, la mondanizzazione e terrestrità assoluta del pensiero, un umanesimo assoluto della storia”. (M.S.)
Siccome l’uomo è un divenire storico, anche la conoscenza e la realtà sono un divenire, anche l’oggettività è un divenire (Passato e presente, P.); oggettivo significa che è oggettiva quella realtà che è accertata da tutti gli uomini, indipendente da ogni punto di vista che sia meramente particolare o di gruppo.
Gramsci rivolge una critica costante alla concezione fatalistica o meccanicistica del marxismo, in cui “le forze umane sono considerate come passive e non consapevoli, come elemento non dissimile dalle cose materiali” (P.). “Il determinismo meccanico – spiega Gramsci – è spiegabile come filosofia ingenua della massa e solo in quanto tale, (…) diventa causa di passività” (M.S.), mentre la volontà collettiva, nel perseguire i fini mediati e immediati degli uomini, è fattore di sviluppo storico, non soltanto come “tesi” , nel momento della resistenza e della conservazione, ma soprattutto come “antitesi”, come iniziativa e spinta progressiva (Passato e presente, P.).
Il fattore umano opera nella storia nella misura in cui realizzi le conseguenze di premesse obiettive nella connessione del mezzo con il fine. Il continuo richiamo
critico di Gramsci ad una coerenza di vita, è umanistica affermazione della ragione nell’attività concreta. Un concetto centrale in Gramsci è che la lotta per un nuovo umanesimo, cioè per una nuova cultura, non può essere distinta da una nuova coscienza nazional-popolare. Prevedibile è solo la lotta, non esiste la prevedibilità degli esisti degli accadimenti storici, grazie all’azione politica che dà consapevolezza critica agli individui e alle moltitudini.
Nel nuovo ordine morale e intellettuale nazionale, il nuovo umanesimo non può non essere un movimento democratico, “una riforma intellettuale e morale (che) non può non essere legata a un programma di riforma economica, anzi il programma di riforma economica è appunto il modo corretto con cui si presenta ogni riforma intellettuale e morale”, come leggiamo nelle “Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno” (Mach).
Se “l’efficienza della volontà politica è rivolta a suscitare forze nuove e originali” (Mach), la morale attribuisce alla persona il compito di realizzare la propria pienezza in una condotta sociale “che cambia la storia”: “La storia è una continua lotta di individui e di gruppi per cambiare ciò che esiste in ogni momento dato, ma poiché la lotta sia efficiente, questi individui e questi gruppi dovranno sentirsi superiori all’esistente, educatori della società…”(P.).
Nel “pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della ragione” di Gramsci: “Non il pensiero, ma ciò che realmente si pensa unisce o differenza gli uomini” (M.S.). La filosofia della prassi tende alla creazione di una nuova cultura integrale, una cultura che sintetizzi la politica e la filosofia in una unità dialettica. Forte di una visione dialettica della realtà, Gramsci asserisce che il male deriva dall’indifferenza e dalla passività, e per raggiungere l’adesione tra l’atto e il fatto, tra la volontà e il successo, vale l’etica dell’ eroismo.
Nella moralità di chi rinnega la fatalità con tutte le armi della dialettica, si rincorrono parole come ordine, disciplina, per indicare una via della ragione emancipata dalle passioni per creare una più alta civiltà umana, che si costruisce “combattendo” su diversi fronti, attraverso un programma di riforma economica e una riforma intellettuale e morale. Un rinnovamento intellettuale e morale si fa concreto rinnovamento quando si traduce in cultura operante, in cui la “filosofia della prassi” agisce per la creazione di una nuova, feconda cultura integrale.
Fine
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