L’assassinio di Hevrin Khalaf apre nuovi dibattiti sulla condizione delle donne in Siria

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È stata trucidata Hevrin Khalaf, attivista per i diritti delle donne.Il fuoristrada Toyota che la trasportava è stato fermato sull’autostrada M4, tra Manbij e Qamishlo, da un gruppo di uomini armati.Hanno crivellato l’auto con colpi di armi da fuoco e l’hanno fatta scendere.

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Non è ancora chiaro chi siano i responsabili del brutale assassinio, si parla di filo curdi ma anche per l’Isis l’attivista era un personaggio scomodo che etichettavano come miscredente. Di certo hanno filmato tutto con i cellulari e diffuso quel video terrificante in cui Hevrin è oltraggiata.

Immagini agghiaccianti che si finiscono con una voce in sottofondo e uno scarpone a smuovere il corpo inanime di Hevrin: “Così muoiono i maiali”.

Certo, perché una donna così non bastava ucciderla. Bisognava oltraggiarne il corpo, vituperarlo per tentare di ristabilire equilibrio nei rapporti.

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Trentacinque anni, curda, Hevrin Khalaf ha dedicato la sua vita alla difesa dei diritti civili e umani e alla pace tra le diverse comunità siriane. Un impegno che ha cercato di portare avanti fino all’ultimo, ricordando fino a pochi giorni prima di essere uccisa la minaccia che incombeva sui suoi progetti di pace.

Sabato 12 ottobre la Siria è rimasta dunque orfana di una delle sue portavoce più forti e apprezzate. Durante il suo funerale celebrato nella cittadina di Derek, sul confine tra Siria e Iraq, in molti hanno voluto rendere omaggio all’attivista amata da tutte le comunità siriane ma soprattutto da quelle donne di cui era diventata paladina dei diritti in un Paese dove troppo spesso le donne sono vittime di discriminazione.

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Hevrin Khalaf era forte e coraggiosa, sempre pronta a battersi per la pace. La sua missione era unire le forze per la coesistenza pacifica tra curdi, cristiano-siriani e arabi.

Imparò l’inglese da quando era giovanissima e si laureò in ingegneria civile. Era segretaria generale del Partito Futuro siriano, ma anche uno dei leader curdi più conosciuti e apprezzati per la sua bravura diplomatica.

“Hevrin Khalaf è il volto del dialogo e dell’emancipazione delle donne in Siria” sosteneva il Presidente del Parlamento Europeo Davide Sassoli che alla notizia del suo assassinio ha dichiarato: “La sua uccisione, opera di terroristi islamisti, più attivi dopo l’invasione dei territori curdi da parte della Turchia, è un orrore su cui la comunità internazionale dovrà andare fino in fondo”.

Hevrin Khalaf, lo scorso 5 ottobre aveva parlato in pubblico per l’ultima volta ad Ankara, opponendosi all’intenzione della Turchia di occupare le terre dei curdi e rivendicando il ruolo svolto dalle forze democratiche siriane nella liberazione del Nord Est della Siria dai gruppi terroristici. Una chiara posizione anti-Erdogan che molto probabilmente ha pagato con la vita.

"Noi respingiamo le minacce turche, ostacolano i nostri sforzi per trovare una soluzione alla crisi siriana. Durante il periodo di dominio dell’Isis alle frontiere, la Turchia non ha visto questo come un pericolo per la sua gente, ma ora che c’è un’istituzione democratica nel Nord Est della Siria, loro ci minacciano con l’occupazione".

La sua ultima intervista aveva un titolo semplice, essenziale “Turchia ostacola la pace”.

Ci credeva molto, Hevrin in quello che faceva, diventando l’icona di questa guerra maledetta, voluta dal presidente turco Erdogan e dai suoi alleati, jihadisti per sterminare i curdi della Rojava, la regione nel nord della Siria, dove le milizie curde hanno battuto l’Isis e dove, adesso, gli uomini del Califfato si stanno riorganizzando per seminare morte e distruzione.

Lottava la coraggiosa Hevrin, in opposizione al regime islamista di Recep Tayyip Erdogan al potere in Turchia dal 2003, lottava contro quello stesso Erdogan che negli ultimi sedici anni ha riportato il velo in Turchia, che ha spazzato via la laicità del Paese voluta da Ataturk, che ha legalizzato i matrimoni con le spose bambine, secondo i precetti della sharia – la legge coranica.

Ed è facile intuire come, parallelamente alla guerra scatenata da Erdogan contro i curdi - per sradicarli definitivamente dalla loro terra e disperderli come i nuovi “palestinesi” del Medio Oriente - se ne combatte un’altra: contro le donne che osano affermare i loro diritti e la loro libertà.

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“Le donne devono abbassare la testa e diventare invisibili dietro un burka.” Era questo che non tollerava Hevrin Kalaf, era questo che contrastava con tutte le sue forze lottando per rivendicare quei diritti riconosciuti, anche con lotte meno cruente, alle donne occidentali.

Eppure, nel nostro civilissimo Occidente dove non si fa altro che parlare dei diritti delle donne, sono ancora troppo poche le filantrope che fanno proprie le lotte di altre donne che si battono per la libertà. È come se si parlasse di un altro mondo, di un’altra umanità.

Sarebbe opportuno invece, soprattutto per un discorso di coerenza, che le donne libere, emancipate dell’Occidente, si alleassero in massa per intervenire, per chiedere a viva voce l’intervento dell’Onu a tutela delle popolazioni, di bloccare la vendita delle armi in Turchia, e l’istituzione di un Tribunale internazionale per crimini come quello consumato contro Hevrin Khalaf.

È auspicabile che le donne italiane, le donne europee si mobilitino per una forte azione comune, facendo propria quella battaglia costata la vita a Hevrin Khalaf, e chissà, magari quell’ultimo fermo immagine che ritrae una Hevrin Khalaf sorridente, potrebbe assumere un significato diverso.

Gianmatteo Ercolino

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