L’ora legale è destinata a scomparire?

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Con 4,6 milioni d’intervistati e ben settantatré giorni di lavori ininterrotti, il più grande sondaggio della storia europea è finalmente volto al termine. In molti si chiederanno quale sia stato l’argomento di una simile consultazione: l’economia? La politica migratoria? I diritti civili? Niente affatto. Il sondaggio in questione riguardava un tema apparentemente secondario ma non per questo meno sentito dai cittadini di tutta Europa: l’ora legale.

È doveroso premettere che i risultati ufficiali delle consultazioni non verranno resi pubblici prima della prossima settimana, eppure, secondo un’indiscrezione piuttosto insistente della piattaforma inglese Euroactiv, sembra che l’esito sia destinato ad essere sorprendente non solo per il risultato in sé, ma soprattutto per le proporzioni dello stesso. Parrebbe, infatti, che oltre l’80% degli intervisti si siano detti favorevoli alla cancellazione dell’ora legale.

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“La gente vuole abolirla, ed è quello che faremo” ha immediatamente commentato il presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker. L’Europarlamentare tedesco Peter Liese, dal canto suo, ha sottolineato che “se il risultato del sondaggio dovesse essere questo, le istituzioni europee non potranno ignorarlo” malgrado i portavoce del consiglio Ue si siano affrettati a mettere le mani avanti asserendo che, in fondo, un sondaggio non ha lo stesso valore di un referendum. Dalla divergenza di tali opinioni dovremmo probabilmente dedurre che una decisione definitiva non è ancora stata presa. Al contempo, però, pare inevitabile che, se confermato, il risultato del sondaggio sia destinato ad aprire un dibattito significativo all’interno della cittadinanza e delle istituzioni europee in merito alla possibilità o meno di continuare ogni anno a spostare le lancette dell’orologio in avanti.

cms_10120/3v.jpgLa prima proposta d’introdurre l’ora legale risale addirittura al 1784, quando Benjamin Franklin, al fine di risparmiare sulla spesa delle candele, teorizzò la possibilità di obbligare i cittadini a svegliarsi prima attraverso la tassazione di qualunque persiana rimanesse chiusa oltre le sette di mattina. La proposta venne bollata come stravagante e derisa dalla maggior parte dei suoi concittadini; eppure, a distanza di oltre un secolo le difficoltà economiche legate alla prima guerra mondiale spinsero numerosi Paesi (tra cui anche l’Italia) ad introdurre l’ora legale. Il sistema venne temporaneamente abbandonato con la fine della guerra, ma la crisi del settore energetico degli anni ‘60 fece sì che ben presto questo sistema tornasse in auge. Per evitare confusioni o difformità legislative tra i vari Paesi, nel 2000 Bruxelles decise di approvare una norma europea vincolante, attraverso la quale si obbligava ciascuno stato membro dell’Ue ad adottare l’ora legale non prima del 25 marzo e non più tardi del 31. Proprio quest’ultima norma, tuttavia, molto probabilmente verrà ben presto messa in discussione, malgrado abolirla completamente potrebbe richiedere molto tempo dal momento che l’iter legislativo dovrebbe necessariamente coinvolgere non solo il parlamento europeo, ma anche il consiglio dell’Ue; non è un caso se, a inizio anno, un’analoga proposta d’abolizione avanzata da 384 europarlamentari sia stata bruscamente accantonata. Ad ogni modo, questa volta la situazione sembra essere diversa: sulla questione potrebbe infatti nascere una sorta di maggioranza trasversale formata dai Paesi nordici.

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Già, perché in fondo, come evidenziato anche dal sondaggio di quest’estate, sembra che l’ora legale risulti particolarmente indigesta proprio ai popoli scandinavi e nordeuropei, che del resto sono coloro che traggono meno vantaggi dal sistema attualmente vigente. Come tutti noi sappiamo, infatti, in Paesi come la Finlandia, la Svezia e in misura minore la Danimarca, nei mesi estivi il sole tramonta estremamente tardi, talvolta perfino dopo le dieci di sera, quando tutti o quasi hanno già abbandonato il loro posto di lavoro; in una situazione simile, a cosa può servire un’ora di luce in più?

A tutto ciò dobbiamo aggiungere che svariati studi hanno dimostrato come l’impatto dell’ora legale sulla nostra salute psicofisica venga spesso sottostimato: nel 2016, una ricerca condotta dal comitato scientifico del Bundestag ha paragonato l’impatto nocivo dell’ora legale sul nostro corpo a quella del jet lag, sottolineando che la questione meriterebbe una maggiore attenzione e studi più approfonditi. Al contempo, occorre sottolineare che alcuni studi indipendenti, viceversa, avrebbero asserito che l’ora legale non ha alcun impatto sul nostro organismo e che, addirittura, il fatto di poter godere di un’ora di luce in più nelle serate estive favorisce la partecipazione ad attività sportive all’aperto. In altre parole, perfino la comunità scientifica sembra dividersi sul tema. La maggior parte degli esperti, tuttavia, concordano nel dire che la famigerata ora di luce in più finisce col provocare stanchezza, irritabilità e una scarsa concentrazione in milioni di cittadini in tutto il mondo.

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L’ora legale, lo ricordiamo, ci consente ogni anno di risparmiare circa 116 milioni di euro in termini di energia elettrica; tuttavia, non esiste alcun prezzo in grado di valere quanto la nostra salute. Ogni anno, quanti disagi dobbiamo sopportare a causa dell’ora legale e quanto è frustrante, ancora, dover tradire il normale scorrere del tempo scandito dalla natura modificando in modo artificiale l’orario vigente nei nostri Paesi? In fondo, considerando ciascuno di questi aspetti, non vi è da sorprendersi se ben l’80% dei cittadini europei si augurano di non dover modificare ancora una volta le lancette dei propri orologi il prossimo 31 marzo; una speranza che, adesso, sembra non essere più così irrealizzabile.

Gianmatteo Ercolino

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