LA “CONCA” DI PERUGIA

Appunti di viaggio

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La Conca di Perugia anche se le costruzioni universitarie l’hanno snaturata non ha del tutto perso l’antico aspetto di paesino di campagna dentro la città.

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Un paese con le sue porte d’ingresso: all’inizio della bella scalinata di Via Appia sul muro etrusco una porta di epoca medievale, la porta di Via del Maneggio nata a protezione di un primo nucleo di case sorte fuori la cinta etrusca, in basso le porte medievali di Elce di sotto e della Conca detta anche della Palombetta per la vicina presenza dell’abbattuta chiesetta della “Palombetta”. All’esterno di quest’ultima la Fonte dei tintori.

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Un paese con a sua protezione le mura (medievali in basso, quelle etrusche del “Verzaro” in alto) e le ripide scalinate di Via del poeta, Aurora, del Liceo che scendono dal “Pianto” e dall’Elce e un camminamento pensile sull’acquedotto medievale che l’attraversa.

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E naturalmente con i suoi vicoli di Via Corrotta, del Fico, Pericolosa, dell’Eremita, Cardellino, Pero, quello diventato fantasma di Via del Tartufo e campi e orti che li circondano. Su alcune case il segno di san Lorenzo a sancire la proprietà della Cattedrale.

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Se non l’avessero abbattuta aveva pure la pieve di campagna di sant’Elisabetta con rustici affreschi.

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E come se ne vedono ancora nelle campagne umbre c’è l’edicola religiosa con una Madonna del latte che gli abitanti di quel piccolo borgo chiamavano e chiamano Madonna della Pace per una riconciliazione avvenuta tra due abitanti del posto particolarmente litigiosi.

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Una pace importante se decisero di trasformare l’edicola religiosa nell’attuale chiesa di san Sebastiano e san Rocco e se, fino a qualche anno fa, vi si teneva nel mese di giugno la Festa parrocchiale della Madonna della Pace.

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Un paesino nella città che a un certo punto si è evoluto ed ha avuto le sue fabbriche: “la Valigeria” prima, dopo la “Piselli” che inondava la zona di odori di vaniglia e cioccolato e da dove la mattina partivano le “Api” blu cariche di paste per i bar; il Mattatoio; l’economico “trog’lo” de la Bianca nell’appartato vicolo del Poeta; in posizione elevata il “Villino dei repubblicani” prima casa del popolo perugina; una palestra dove ora incombe l’edilizia universitaria; la benestante casa dei Baduel fondatori e titolari de la “Salamandra” cui si devono a ricordo di nascite familiari le belle esterne decorazioni in ceramica nella chiesa di san Sebastiano.

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Non mancano un viottolo e una piaggia di campagna che conducono al meraviglioso complesso di chiese che è San Francesco al Prato con l’omonima chiesa, l’Oratorio di san Bernardino, la chiesetta di san Matteo in Campo d’orto la cui vela apparteneva all’abbattuta chiesetta in Piazzetta degli Aratri. L’area che da San Francesco al Prato scende fino a san Galigano era detta “paradiso degli asini”: forse perché il verde che la fiancheggia serviva a far riposare questi servizievoli animali dopo che avevano portato in città le merci su per la salita di San Galigano.

Diana Filippi

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