LA BREXIT TRA MILLE INTERROGATIVI

Il riscatto della May dopo la mozione di sfiducia

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La premier inglese Theresa May si salva in calcio d’angolo. La signora di Downing Street infatti, aveva giocato la carta della mozione di sfiducia, da lei invocata ancor prima della presentazione ufficiale da parte del leader dell’opposizione, il laburista Jeremy Corbyn, per evitare le dimissioni. Tutto ciò come conseguenza del D-day rappresentato dalla pesante bocciatura della ratifica alla Camera dei Comuni brittanica, sull’accordo Brexit, stipulato con Bruxelles a novembre, per 432 voti sfavorevoli, contro appena 202 positivi. Il governo mantiene così la fiducia per appena 19 voti. Questo dovrebbe convincere la Tory ad abbandonare la sua posizione “no deal” che fa paura a molti e soprattutto ai mercati. I toni infatti sembrano placarsi; si riapre il dialogo con l’opposizione, e sia Corbyn che Ian Blackford, capogruppo del partito independentista scozzese, pur ribadendo la loro contrarietà a tale provvedimento, si dichiarano disposti ad un confronto costruttivo, che sgombri l’orizzonte dal timore di un divorzio no deal dall’Ue.

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Intanto la premier ha confermato la sua fiducia nel governo, e afferma «ora bisogna attuare la Brexit perché il Paese continui ad aver fiducia nel Parlamento». Tale grado di determinazione è tastabile anche nelle parole del ministro Geoffrey Cox immediatamente successive alla notizia della bocciatura del piano Brexit : «L’Accordo di Recesso dovrà tornare in aula nella stessa forma e con molto dello stesso contenuto, bocciatura o non bocciatura». Dal fronte europeo intanto aumenta la preoccupazione per il tradimento della promessa di un’uscita ordinata, soprattutto considerando il termine ultimo fissato per il 29 marzo. "Il rischio di un’uscita disordinata è aumentata.

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Chiedo al Regno Unito di chiarire le sue intenzioni il prima possibile" dichiara a caldo Jean-Claude Junker, mentre Merkel e Macron rifiutano l’idea di ulteriori negoziati sulle condizioni previste dal testo della Brexit. É evidente che bisognerà procedere con i piedi di piombo tra mille incognite : l’ipotesi del rinvio della data di scadenza del 29 marzo, i segni di una crisi di governo che potrebbe sfociare in elezioni anticipate, la possibilità di un ritorno all’espressione del voto referendario come sentenza definitiva e i timori oggi più vivi che mai per un divorzio senza accordo (no deal).

Federica Scippa

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