LA CITTA’ IDEALE (I^PARTE)

La città ideale con uno Stato giusto, il contenitore armonico per uno spirito altrettanto apollineo è stata un’idea filosofica cercata lungo i millenni, da Platone a Moro a Campanella e in architettura si possono citare Pienza, Ferrara, Sabbioneta, Palmanova, Urbino e altre, sino ad arrivare a qualche decennio fa con Le Coubosier e la sua città verde ( mai realizzata anche se poi riuscì a tradurre in realtà, in India, la città di Chandigarh, oggi Patrimonio dell’ Umanità dell’ UNESCO) o il ventennio fascista con Tresigallo o ancora Auroville, che è soprannominata “la città dell’aurora” e che non è di proprietà di nessuno, se non dell’Umanità intera, che seppure in India e fondata nel 1968, da un maestro di yoga e da un donna, guru spirituale, che tutti chiamano “The Mother”, è quasi europea contando circa 3500 abitanti per lo più stranieri occidentali votati alla spiritualità orientale.
La città ideale di Le Coubusier- Chandigarh-Punjab- India
Di queste città restano le costruzioni, la forma, ma lo spirito prima o poi degenera, dalla torre di Babele ai giorni nostri, anche Auroville ha critiche assai pesanti, forse perché se utopia, che significa luogo che non esiste, si realizza non è più utopia bensì un’altra cosa. Tuttavia, anche se l’utopia è irrealizzabile e a volte anche pessima stimolatrice (si pensi al fascismo e al comunismo) non si deve perdere la speranza di un mondo migliore.
Auroville- La città ideale- Sud dell’India
In Romagna, grazie al granduca di Toscana Cosimo de’ Medici, ne abbiamo ben due di città ideali: Terra del Sole e Città del Sole e chissà forse hanno influenzato, l’opera filosofica, del frate domenicano calabrese Tommaso Campanella tramite l’altro grande filosofo suo conterraneo e maestro, Bernardino Telesio che era in contatto col Signore toscano e ne abbiamo quasi una terza essendo Tresigallo per poche decine di chilometri in confine emiliano… ma prima di scrivervi delle cittadine romagnole, due righe sul concetto di città ideale.
La Città ideale è una piccola tavola dipinta (ne esiste un’altra meno conosciuta che si trova a Baltimora) attribuita a diversi artisti che ruotavano attorno alla corte di Federico da Montefeltro, Piero della Francesca, Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini oppure Leon Battista Alberti?
Autore sconosciuto-1480-1490-Galleria Nazionale delle Marche-Urbino
In fondo non ha importanza saperlo perché la proporzione, l’ordine e l’uomo al centro dell’universo, quindi in grado di costruire l’ambiente più favorevole all’armonia per sé stesso, è un tema che era proprio non solo degli artisti ma anche dei filosofi rinascimentali e viene da molto lontano, è già nella Bibbia, col racconto di una torre costruita sul fiume Eufrate, meravigliosa e perfetta con lo scopo di portare l’uomo sempre più vicino a Dio, ma sappiamo come è andata a finire, perché questa torre si chiama…Babele.
Un tema filosofico già trattato dal greco Platone, nella sua opera “La Repubblica”, una città ideale con uno Stato ideale, la forma adatta al contenuto, dove la materia contiene lo spirito. Uno Stato fondato su un concetto di giustizia e sulla cultura intesa come un’educazione selettiva attraverso la quale, già dall’infanzia, si indirizza il futuro cittadino al suo naturale posto nella società attraverso le sue attitudini; un processo di scelta dei migliori e non per nascita, affinché la civiltà non degeneri sia fisicamente che moralmente.
Tre sono i ceti: gli artigiani, la classe più bassa che ha lo scopo di procurare beni materiali; i guardiani, che proteggono lo Stato; i governanti o filosofi, che guidano lo Stato, ma attenzione niente privilegi, i governanti devono vivere in perfetta comunione dei beni, non hanno né proprietà privata, né figli, devono essere interessati solamente al bene dello Stato.
Concetto un po’ indigesto, infatti Platone fece arrabbiare Dionigi, il tiranno di Sicilia, che lo voleva addirittura uccidere, poi ebbe una punizione più mite e il filosofo fu venduto come schiavo.
Città ideale-fine XV sec. - dipinto di anonimo fiorentino-Walters Art Museum di Baltimora
Più tardi, Sant’ Agostino sconvolto dal sacco di Roma del 410, un evento che prefigurava un’altra catastrofe imminente, stava infatti sbriciolandosi la civiltà dell’impero romano, scrive “De Civitatae Dei” (La città di Dio), intendendo difendere il cristianesimo dall’accusa di essere stato la causa del sacco da parte dei visigoti (… nella recentissima disfatta di Roma, tutte le rovine, le uccisioni, i saccheggi, gli incendi, le desolazioni sono stati prodotti da ciò che avviene abitualmente in guerra, ma quel che è avvenuto di nuovo, il fatto cioè che la barbara ferocia, in modo inusitato, sia apparsa mite a tal punto che basiliche spaziosissime sono state scelte e designate per essere riempite di gente da salvaguardare, dove nessuno fosse ucciso, nessuno catturato) poi si ampliò talmente tanto da giungere a 22 libri.
Agostino afferma che la vita umana è dominata dall’alternativa tra il vivere secondo la carne e il vivere secondo lo spirito. Alla prima scelta di vita corrisponde la Civitas Terrena, ossia la città della carne, che corrisponde all’amore per sé, fondata da Caino che è strettamente legato al possesso della terra, essendo un contadino; il secondo stile di vita è quello della Civitas Dei, ossia dello spirito, che coincide con l’amore per Dio, fondata da Abele che essendo un pastore gode della terra ma non la possiede e tende quindi al cielo. Nessuna città prevale sull’altra, sono mescolate e convivono, sta al cittadino scegliere ogni giorno da che parte schierarsi.
Una città e uno Stato fondato sui valori della religione, per Sant’Agostino il paganesimo non solo non portava alla felicità, né terrena né eterna, ma neanche alla giustizia.
Platone parlava di armonia e giustizia fra le parti dello Stato, Agostino pure, ma in chiave più religiosa, non scrive di educazione al bello, alle arti e alla filosofia ma è sottinteso che i governanti di Platone senza figli e proprietà interessati solamente al bene dello Stato sono i sacerdoti e che il raffinamento, la grazia, l’arte provengono dallo Spirito Santo e dalla Provvidenza.
Palmanova- La città a forma di stella- Udine-Friuli-Venezia Giulia
Il Rinascimento, dopo quasi mille anni di Patristica, di Scolastica, di Sant’Agostino e di San Tommaso D’Aquino, mette al centro dell’universo l’uomo: quindi, la De Civitate Dei di Sant’Agostino non basta più, si indaga la natura non più come tutto accadesse per via di Dio, ma si indaga scientificamente e si cerca di realizzare un luogo ideale artistico-architettonico-culturale.
Tommaso Moro il filosofo e uomo politico inglese che ha coniato il termine «utopia», (è il Santo protettore dei politici) fu ucciso non avallando la decisione di Enrico VIII di farsi capo supremo della Chiesa d’Inghilterra, non progettò una reale città ideale, l’intenzione era di protestare contro i costumi degenerati, descrivendo un luogo inesistente dove la politica realizzava una società ideale. In Utopia, un’isola che non c’è, vige la Democrazia e l’uguaglianza, le leggi sono poche ma chiare e severe, chi effettua crimini efferati diventa uno schiavo, le guerre bandite, la difesa è affidata all’esercito volontario dei cittadini con l’aiuto di professionisti. Il perno fondamentale è la famiglia, che deve seguire i consigli del più anziano e grande importanza è attribuita al matrimonio. Sia uomini che donne lavorano, ognuno col mestiere più idoneo alle loro attitudini, per sei ore al giorno, tranne chi è autorizzato agli studi. Non circola denaro e il lusso e i gioielli sono disprezzati, libertà di religione ma non di ateismo, quest’ultimo considerato pericoloso per la sopravvivenza di Utopia.
Pianta di Piazza Pio II- Pienza
Simile ma con qualche differenza, la città del Sole di Tommaso Campanella: quest’ultimo la voleva realizzare concretamente. La città si trova come Utopia su un’isola, posta su un monte, circondata da sette mura chiamate coi nomi dei pianeti; le costruzioni disposte secondo punti cardinali e con posizioni astronomiche favorevoli; sul punto più alto sorge il tempio del Sole, luogo del principe sacerdote, chiamato Sole, saggio, prudente, erudito e anzianotto che è aiutato da altri tre principi, uno che si occupa della pace e della guerra, uno che si occupa della conoscenza e uno che si occupa dell’educazione, del lavoro e della procreazione ovvero Potenza, Sapienza e Amore. È bandita la proprietà privata, ritenuta l’origine delle discordie sociali e politiche, vietata la circolazione di denaro e il lavoro, di sole quattro ore giornaliere, obbligatorio per tutti. Diversamente da Moro, la procreazione è decisa dallo Stato, il concetto di famiglia abolito e i cittadini professano la religione naturale, credono nell’immortalità dell’anima, ma non hanno dogmi.
Si evince che Moro è più vicino come concetto alla nostra democrazia odierna, mentre Campanella ricorda il deismo degli Illuministi, mentre entrambi sono ispiratori di Rousseau (che sosteneva che il primo che aveva circondato un terreno e poi disse è mio, era stato colui responsabile di tutte le guerre a venire) e pure di Marx e dei materialisti, il vecchio detto che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni è sempre valido quando l’uomo si crede onnipotente e detentore della verità… Platone, Sant’Agostino, Moro e Campanella sono propositivi, lasciano libertà di scelta, convincono senza diktat.
(Continua)
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