LA FRAGILITÀ DELL’IRAN

A seguito degli oltre 200 morti nelle proteste il regime annuncia tolleranza zero

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I primi scricchiolii, e i primi spiragli di luce in fondo al tunnel. L’annuncio del Consiglio di sicurezza potrebbe far spaventare, ma in realtà è il segnale che il regime iraniano non è forte e solido come vuol far credere. Anzi, è molto fragile, perché ha dovuto indurire il pugno pur di mantenere uno status quo destinato ad essere rovesciato. Il Consiglio, per la prima volta dal 16 settembre, ha pubblicato i dati sui deceduti nel caos che imperversa a Teheran: da quando sono iniziate le proteste più di 200 persone hanno perso la vita. “Per quanto riguarda i manifestanti la Repubblica islamica dell’Iran li ha trattati con la massima tolleranza ma il piano del nemico per il prosieguo delle rivolte e la pazienza strategica del sistema hanno causato gravi danni – si legge nella nota ufficiale diramata – agiremo in modo più deciso e le forze di sicurezza e di polizia con tutta la loro forza e determinazione non permetteranno più ad alcuni facinorosi con il supporto di agenzie di intelligenze straniere di mettere in pericolo la sicurezza pubblica”, indi per cui “qualsiasi disturbo dell’ordine pubblico e assembrano illegale a qualsiasi livello e luogo sarà affrontato con decisione e senza tolleranza”.

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Troppi nemici per un solo regime, che vuole dunque ostentare una forza e una sicurezza che in realtà stanno venendo a mancare ogni giorno che passa. D’altronde per dimostrare agli altri di essere forti bisogna prima autoconvincersi. Il punto focale di tutto, costato la vita a Mahsa Amini, è la questione dell’hijab: il cosiddetto “velo islamico” è l’argomento più delicato, in quanto si sta anche lavorando per rimuovere l’obbligo di indossarlo per le donne. Motivo per cui Jafar Montazeri, procuratore generale dell’Iran, ha annunciato l’abolizione della polizia morale e ha fatto più o meno involontariamente trapelare un allentamento delle leggi derivanti dalla Costituzione islamica. “Il parlamento e l’autorità giudiziaria stanno valutando se la legge necessita di cambiamenti, ma eventuali risultati si vedranno solo nell’arco di una o due settimane, anche perché ci sono modi di interpretare la costituzione che possono essere più flessibile”.

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Ci sono dei dati che devono far riflettere: l’obbligatorietà del velo è in vigore sin dal 1983, ovvero quattro anni dopo la rivoluzione islamica che impose un importante e sempre più vetusto cambiamento: l’intransigenza verso la laicità di pensiero, parole, azione con conseguenze stretta attinenza ai precetti islamici. Ma soprattutto, e questo è un qualcosa che l’Iran non farà mai trapelare all’attenzione pubblica onde evitare di dimostrare di essere completamente nel torno, secondo un rapporto strettamente confidenziale del governo solo il 37% degli iraniani è d’accordo con l’obbligatorietà del velo. Solo 1 su 3 e non manca molto affinché diventino 2 su 3. Per far sì che si veda sempre di più il futuro in fondo al tunnel.

Francesco Bulzis

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