LA GUERRA DEL PETROLIO TRA U.S.A., RUSSIA E ARABIA SAUDITA

Gli effetti dell’emergenza sanitaria sul prezzo dell’oro nero

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Il coronavirus provoca una reazione a catena che coinvolge ogni sfera della vita quotidiana, dalla salute all’economia. Un settore particolarmente colpito è, certamente, quello del petrolio, in questo momento ai minimi storici: si stima infatti un calo dei prezzi pari al 30%. Si tratta di una guerra tra i maggiori esportatori cominciata anni fa e attualmente giunta ad una congiuntura cruciale a causa della diffusione di una epidemia su scala globale. Probabilmente questa è solo la goccia che fa traboccare il vaso e pone davanti a una dura realtà: la sovrapproduzione di petrolio in tempi di crisi. Le misure di sicurezza, tra cui il divieto di entrare o uscire da determinati luoghi e di recarsi al di fuori dei posti indicati, limitano la possibilità di utilizzare mezzi di trasporto e, dunque, costituiscono una cesura netta ai consumi dei derivati del petrolio. Non solo, le borse e i mercati finanziari buttano con violenza i prezzi a terra, scatenando reazioni geopolitiche contrastanti; a ciò si aggiunge il totale blocco della Cina, maggiore importatrice di petrolio al mondo.

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Di fronte all’emergenza coronavirus agisce l’Opec Plus, una organizzazione fondata nel 1960 che comprende dodici paesi esportatori di petrolio, tra cui l’Arabia Saudita. Nel 2016 diventa Opec Plus, ingurgitando altri paesi, compresa la Russia, ad esclusione degli Stati Uniti. Nata in passato, comunque, per ostacolare il predominio americano e imporsi delle regole comuni per evitare il primato assoluto di alcuno, propende per una soluzione univoca: il taglio della produzione del petrolio da 500.000 litri a 1.5 milioni al giorno sino a data da destinarsi. Una misura estrema studiata per contrastare gli effetti devastanti del Covid 19 e, soprattutto, evitare che le compagnie petrolifere vadano a fondo in maniera sconsiderata.

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La Russia tentenna di fronte a questo provvedimento, poiché non ritiene la proposta realmente efficace e preferisce non perdere terreno rispetto agli Stati Uniti. Questi ultimi, ormai a un distinto livello per quanto concerne la produzione di petrolio e l’efficientamento energetico e decisamente migliorati a partire dall’ultimo decennio, sembrano in netto vantaggio. Se l’Opec da un lato funge da supporto, dall’altro livella e, quindi, scappa dalla competizione permettendo agli americani di padroneggiare sul mercato, difatti gli USA di Trump nel 2019 prendono una bella rincorsa e superano l’Arabia Saudita per quanto riguarda l’esportazione di petrolio. D’altro lato la Russia non vuol esser da meno, perciò da anni non rispetta gli accordi di Opec che richiedono da tempo una riduzione dei barili prodotti quotidianamente. Ad oggi, nella situazione epidemica, Trump avendo il coltello dalla parte del manico attende nuovi sviluppi, la Russia volta (momentaneamente) le spalle all’accordo Opec cercando una valida alternativa e l’Arabia Saudita “bagna il naso” a tutti diventando lo sponsor ufficiale della Formula 1.

Il braccio di ferro continua.

Alessia Gerletti

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