LA LIBERTA’ NASCE DA PICCOLI

La scuola libera negli esempi di Papini, Montessori, Steiner, Rodari e Zavallone

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Il termine libertà racchiude in sé l’infinito e provare a definirlo può apparire riduttivo. La libertà va vissuta, ricercata e sperimentata, non la si può insegnare. Lo sanno bene i bambini che vivono di curiosità e di emozioni, affrontano la libertà con naturalezza, come un fatto quotidiano, alla portata di tutti, come una sciarpa da indossare quando fa freddo e non come qualcosa che sta su una pagina di storia o in una scena di un film. Ho avuto la fortuna di lavorare con i bambini per molti anni. Piccoli momenti di gioia, di allegria, di risate e simpatia hanno caratterizzato le mie giornate. Con loro niente era scontato, un continuo mettersi in gioco, prestando attenzione alle emozioni, ai sentimenti, alle paure, ai conflitti che nascevano e si risolvevano, solo con uno sguardo rassicurante e una carezza.
La libertà nasce da piccoli, ogni mamma e papà dovrebbe regalare ai propri figli insieme alla vita, il senso di libertà, il coraggio di farsi avanti, di alzare la voce contro i soprusi, di dire basta a chi li ama in modo violento. Insegnare come può essere preziosa una mente libera. Avvertirli che prima o poi ci sarà qualcuno che li criticherà, che li giudicherà che dirà loro "stai sbagliando". Allenarli a pensare sempre con la propria testa, a capire i desideri e a trovare la forza di dire e fare quello che è più giusto per loro stessi. Perché ognuno ha la sua storia, il suo cuore e la sua anima.

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Un giorno decidemmo di spiegare attraverso il gioco la libertà, ma ahimè si capovolsero i ruoli, perché furono loro che con naturalezza e ironia ci diedero una lezione di libertà.Seduti per terra, gambe incrociate, tenendoci per mano, chiedemmo ai bambini se avessero mai sentito parlare di libertà e se volessero provare a raccontarcela. Ognuno diede una definizione pittoresca, divertente e struggente allo stesso tempo. Tamara, che aveva entrambi i genitori paraplegici ci disse: la libertà è vedere mamma e papà con le gambe, perché non li ho mai visti; Diego, fermamente convinto, disse: “per me la libertà è fare quello che voglio”; Paolo che aveva la mamma e il papà vegetariani disse: “libertà è non mangiare le verdure, ma le polpette che mi fa la nonna”; Carla: “libertà è fare tante cose e avere un gattino”; Karola: “la libertà è non dare i bacetti quando non mi va”. Ci lasciò senza parole Mario, che disse: “la libertà è non andare a scuola, perché la scuola è una prigione”.

Rimanemmo basiti, i bambini avevano perfettamente compreso il senso di libertà e ce l’avevano sbattuto in faccia. Mario aveva ragione da vendere. Il desiderio di libertà sia per gli esseri umani che per gli animali è un bisogno primario. I bambini non amano andare a scuola perché desiderano essere liberi e la scuola un po’ li priva di questo diritto. La situazione delle scuole sta peggiorando di anno in anno: scuole fatiscenti, classi numerose, gli insegnanti loro malgrado, non offrono continuità di relazioni, i momenti di svago sono al minimo, hanno cancellato le gite scolastiche per mancanza di soldi e per la burocrazia che precede queste attività, gli atti di bullismo sono in aumento, così come i casi di disturbo da deficit di attenzione ed iperattività, dislessia e tanto altro. Come credete che i bambini possano sentirsi liberi di apprendere in un ambiente fortemente coercitivo?

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La scuola è un ambiente artificiale, lì i bambini devono sopprimere il loro essere per riuscire a sopportare la noiosa routine quotidiana, tutto questo è stress e provoca conseguenze. La scuola forma scolari obbedienti e non cittadini pensanti e coloro che non si uniformano sono etichettati come problematici, perdenti. La vita è un processo affascinante e inesplorato e i bambini ora ne stanno percorrendo le tappe fondamentali: stanno costruendo la loro identità. E nel fare questo hanno bisogno di esprimersi liberamente, di ridere, piangere, urlare, saltare, cantare, sognare, creare, esplorare. Hanno bisogno di qualcuno chi li tenga per mano, che infonda fiducia e coraggio, che valorizzi lo scarabocchio lasciato su un foglio da disegno, che rida e si diverta sinceramente con loro. E noi "grandi" ... forse anche noi "grandi" non abbiamo bisogno di tutto ciò? Di ridere a crepapelle, di cantare a squarciagola, di sentirci confortati nei momenti tristi, di ascoltare, raccontare e gioire soprattutto se c’è qualcuno che condivide con noi le emozioni? Eppure a volte preferiamo rimanere nel nostro piccolo io, chiusi nel guscio, con tutto ciò che ci appartiene, positivo o negativo che sia, magari sentendoci freddi, tristi e annoiati.

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I bambini ci osservano, ci scrutano con attenzione ed hanno uno straordinario bisogno di vedere coerenza e corrispondenza tra parole e comportamenti. Insegniamo molto più con il nostro fare che con il nostro dire. E’ necessario avere coscienza ed essere consapevoli di quanti messaggi trasmettiamo con i nostri umori, toni di voce e atteggiamenti.

Giovanni Papini, scrittore e filosofo scrisse: Chiudiamo le scuole ... ma cosa hanno mai fatto bambini, ragazzi e adolescenti dai 3 ai 24 anni che chiudete tante ore al giorno nelle vostre bianche galere per far patire il loro corpo e magagnare il loro cervello? lo Stato mantiene le scuole perché i padri di famiglia lo vogliono e lui stesso vuole battaglioni di impiegati, preferisce tirarseli su a modo suo e sceglierli sulla base di certificati da lui concessi senza noie supplementari. Aggiungete che nelle scuole ci mangiano ispettori, maestri, bidelli, editori, cartolai e librai." Mario nel suo piccolo mondo, avevano ragione. Nelle scuole abbiamo la reclusione quotidiana, l’immobilità fisica che è innaturale per tutti, oltre l’immobilità dell’anima e dello spirito obbligata a ripetere invece che a cercare e a sperimentare.

Essere liberi significa abbattere i muri in tutti i sensi, da quelli di cemento a quelli dei pregiudizi, delle regole a quelli del "stai fermo, zitto e scrivi; il tuo compagno è più bravo, impara da lui". La scuola deve essere un posto dove si va alla ricerca della libertà.

cms_4763/foto_5.jpgMaria Montessori diceva: "Stimolare la vita, lasciandola però libera di svilupparsi, ecco il primo dovere di un educatore". Sarebbe bello creare una scuola facendo un collage delle teorie della Montessori, di Steiner, di Rodari, di Zavalloni. Bisognerebbe accostarsi all’infanzia con rispetto, cercando di mettere in atto la "pedagogia della lumaca" proposta da Ginafranco Zavalloni, maestro di scuola materna basata sul rallentamento e non sull’acceleramento come avviene oggi, si corre sempre affannosamente. Per raggiungere cosa? Un programma vecchio e obsoleto. Si montano lavagne elettroniche in aule fatiscenti, in edifici che spesso non rispettano i più elementari criteri di sicurezza. Zavalloni, ha praticato e teorizzato una scuola analogica: lenta, non competitiva, alla riscoperta della manualità e del contatto con la terra.

Il buon educatore è colui che non costringe, ma libera, non impone, ma insegna, non esige, ma domanda. Quando riusciremo a vedere i bambini come individui con i propri diritti e la propria individuale libertà, quando smetteremo di dire ai nostri giovani cosa fare 24 ore al giorno, quando smetteremo di violare il loro senso di libertà, allora la scuola non sarà più una prigione. Mario oggi ha 18 anni e continua a dire che "La scuola è una prigione".

Tina Camardelli

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