LA MEMORIA DELL’ELEGANZA E L’ANARCHICO DEL LUSSO
LA MODA E LE SUE ANIME DIMENTICATE
Continua il viaggio dei ricordi in omaggio ai grandi maestri della moda che hanno influenzato il mio modo, ed anche quello di milioni di donne, di guardare la moda, di viverla, di adattarla al proprio se sempre con un tocco di originalità e stile personale. Se nel precedente articolo, parlandovi di Gianni Versace, vi ho parlato della creatività, dell’originalità di uno stilista che ha sovvertito le regole paludate della moda inventando materiali e stili ex novo immaginando una donna bella sexy e glamour, oggi voglio parlarvi di uno stilista che dell’eleganza assoluta e del perfetto connubio tra logica e sogno è stato il maestro in assoluto e oggi colpevolmente dimenticato…Gianfranco Ferrè.
Apostrofato come l’architetto della moda, non solo per la sua laurea in architettura, conseguita al Politecnico di Milano nel 1969, ma perché ogni sua collezione era un progetto, pensato nei minimi dettagli, difatti egli stesso amava definirsi un progettatore e non un creatore. Nel 1978 fonda la sua maison di moda e nel 1989 viene chiamato dalla nota maison francese Dior, come direttore creativo, ci rimarrà sino al 1997, creando in quegli anni forti polemiche scioviniste, i francesi gridarono allo scandalo, come è potuto accadere che uno stilista italiano fosse nominato alla guida di una prestigiosa maison francese!…oh mon dieu!
Il suo stile inconfondibile mi ha sempre affascinato, uomo alquanto riservato, in un mondo, quello della moda, non proprio propenso alla sobrietà, per lui il vero lusso era fatto di maestria sartoriale e volumi studiati alla perfezione, dai suoi innumerevoli viaggi in India imparò cosa fosse la vera eleganza, affascinato dalla bellezza delle donne indiane che indossavano meravigliosi sari fatti di sete preziose e colori bellissimi.
Infatti proprio la seta come altri tessuti impalpabili come: raso, organza, georgette, crepe, taffettà e tulle saranno i protagonisti assoluti delle sue collezioni “incastonati” in forme geometriche perfette, ispirate agli origami giapponesi e impreziositi da ricami pizzi e merletti.
Il capo identificativo di Gianfranco Ferrè è in assoluto la white shirt, l’immortale camicia bianca, che tutte noi (almeno una) abbiamo nel nostro armadio, per lo stilista era segno distinguibile di stile per una donna, pura eleganza, alla stregua del tubino nero, una camicia bianca è indispensabile nel guardaroba di ogni donna. Illuminante una sua frase: ”Nel lessico contemporaneo dell’eleganza mi piace pensare che la mia camicia bianca sia un termine di uso universale. Che però ognuno pronuncia come vuole.” Per lui era un vero e proprio esercizio progettuale, materia prima da scomporre e ricomporre, donandole mille identità.
Anni di genialità e ricerca spasmodica per regalarle nuovi volumi e leggerezza, sono stati magistralmente esposti nella mostra allestita a Palazzo Reale di Milano, dove hanno letteralmente preso vita, ventisette sue camicie, tra le più straordinarie ed innovative, ventisette modi di reinterpretate la camicia, pura poesia creativa. E’ stato un grande stilista Gianfranco Ferrè!, prematuramente scomparso, creatore di linee pulite, di abiti architettonici, a volte difficili da indossare, ma gioia per gli occhi di chi assisteva alle sue sfilate, lasciando un’impronta indelebile nella moda italiana. Oggi con amarezza si scopre che la società Paris Group di Dubai che aveva rilevato la maison, dopo la morte dello stilista, chiuderà i battenti in Italia, non intende per ora cedere il marchio, ma disinvestire brevemente nel nostro paese, così potremo ritrovarci ad acquistare un capo della maison Ferrè made in Cina o made in Brasile, l’unica triste certezza è che non troveremo più nelle boutique di tutto il mondo, capi made in Italy. Che la maison non navigasse in acque tranquille lo si sapeva già all’indomani della morte dello stilista, perché era evidente a tutti gli addetti ai lavori che nessuno avrebbe potuto prendere il suo posto, nessuno dei vari designer che si sono succeduti hanno saputo dare un senso di continuità con la filosofia dello stilista-architetto. Oggi rimane solo l’amaro in bocca per un altro pezzo di storia del made in Italy che scompare, ecco perché è nata in me, l’esigenza-dovere di ricordare o far conoscere, in poche e riduttive parole chi è stato Gianfranco Ferrè e quello che ha regalato per sempre alla moda italiana: la memoria dell’eleganza.
Salendo in una sorta di montagne russe, la magia della moda è anche questo, si può passare, con disinvolta rapidità, dall’eleganza pura di Gianfranco Ferrè allo stile dissacratorio e sempre controcorrente di Franco Moschino.
Molti addetti ai lavori pensando alla sua moda sorridono, io tra questi, ricordando l’ironia che pervadeva tutte le sue collezioni. Franco Moschino inizia il suo percorso nel mondo della moda nel 1983, tutte le sue sfilate sono dei veri e propri show, la moda diviene un gioco, un mondo a cui le giovanissime si sono avvicinate senza più timori reverenziali. In netto contrasto con il panorama della moda che lo circondava, nel 1991 smette di sfilare in passerella, inconcepibile a quei tempi. Uomo e stilista decisamente di indole estrosa e fuori dagli schemi, riesce a regalare alla moda freschezza e divertimento, il suo motto era: “Giocare e divertirsi rimanendo con i piedi per terra.” Le sue creazioni molto spesso erano una parodia dello stesso mondo della moda, capi classici che diventano irriverenti: il tailleur non ha più i bottoni, ma girandole o il classico tubino nero che perde di austerità con il prezzo ricamato sopra. Vicino alla filosofia dello stilista francese Jean Paul Gaultier, definito da molti l’anarchico del lusso, le sue creazioni erano sempre in bilico tra goliardia e strafottenza. Ma la sua più grande intuizione è stata creare nel 1988 la linea Cheap and Chic dove convivono insieme due mondi sino ad allora inconciliabili: stile ed economico, prendono vita capi che oggi definiremmo stilosi, ma alla portata di tutti. Sue sono le prime pellicce ecologiche che si vedono sfilare in passerella, suoi i primi tailleur in maglia e sempre sue le prime t-shirts e felpe con stampe fumetto.
Morto prematuramente nel 1994 a soli poco più di dieci anni dalla nascita della sua maison, il testimone passa alla sua collaboratrice più fidata, Rossella Jardini, ma a mio modesto parere, nel 2013 la maison ritrova pienamente lo spirito dissacratorio di Franco Moschino grazie al nuovo designer, il giovane e discusso designer Jeremy Scott. Affine allo stilista come concezione della moda la sua collezione è irriverente e provocatoria.
Nella sfilata firmata Jeremy Scott ho ritrovato molto dello spirito e del mood che lo stilista voleva per le sue collezioni. Credo che Franco Moschino si sarebbe riconosciuto e divertito, alcuni pezzi, soprattutto accessori, sono andati a ruba in pochi giorni. Altra novità è rappresentata dalla chiusura della seconda linea (cheap and Chic) e la nascita della linea Boutique Moschino che si rivolgerà ad un target più ampio e costerà il quaranta per cento in meno della linea principale. Il cambio di rotta è stato evidente, la maison ha incrementato del quindici per cento il suo fatturato. Andare avanti per tornare al principio: a Franco Moschino. Dato che la mia rubrica è essenzialmente una rubrica di servizio per farvi conoscere le ultime tendenze della moda, vi lascio con due tendenze che arrivano direttamente dal mirabolante mondo delle trendsetter e che subito hanno contagiato tutti, soprattutto negli Stati Uniti.
Prima (fortissima) tendenza: sotto il vestito niente?...certo che no!...sotto il vestito la camicia!...oppure il dolcevita o il pullover, tendenza nata dallo street style, ma che ha contagiato rapidamente tutte le trendsetter, l’idea mi ha subito convinta, sia perché possiamo riutilizzare i nostri vestiti estivi e sia perché ci permette di giocare, sdrammatizzando un austero tubino, rendendolo portabile anche di giorno o in occasioni meno formali. Ecco la prova tangibile che Gianfranco Ferrè aveva ragione: la camicia ha mille anime, sta solo a noi farne uscire quella più consona al nostro stile.
Seconda tendenza: datti al marsupio! Eco degli anni novanta, tra gli accessori più detestati, oggi non c’è trendsetter che non si faccia fotografare con un marsupio, il mondo della moda tenta di riabilitarlo, ma attente, il marsupio oggi si rinnova nei materiali, che diventano preziosi, nella forma che diventa pulita. Dimenticate il marsupio per come lo ricordate, oggi rinasce in versione chic portato a spalla o da cintura, armonicamente integrato anche con l’outfit più elegante, accessorio indispensabile se il vostro è uno stile sporty chic.
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