LA MODA SECONDO LADY DIANA

L’ICONA FASHION CHE RIVOLUZIONO’ LA MONARCHIA

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Il trentuno agosto prossimo saranno passati vent’anni dalla morte di Lady Diana Spencer, la principessa più moderna e rivoluzionaria che la monarchia più austera, quella dei Windsor, abbia creato perde la vita nel terribile incidente nel tunnel dell’Alma a Parigi. Così ci lascia la principessa del popolo, la timida e paffuta ragazza inglese di buona famiglia che un indimenticato stilista italiano: Gianni Versace aveva trasformato nella prima icona fashion che tutto il mondo ha ammirato, copiando il suo stile e adorato nonostante la sua complessa personalità.

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Io ricordo perfettamente dov’ero quel maledetto trentuno agosto quando tutte le televisioni annunciarono che la principessa era rimasta coinvolta in un grave incidente, certo quelle più radic chic vi diranno che ricordano perfettamente dov’erano l’undici settembre alla caduta delle torri gemelle di New York, ma non ammetteranno mai che anche loro ricordano dov’erano quel trentuno agosto. Il mio stato d’animo fu dal principio d’incredulità, poi l’incredulità lasciò lo spazio alla rabbia, si ero arrabbiata con lei, non poteva farmi questo, non dopo solo un mese dalla morte di Gianni Versace, è come se l’allieva seguiva il suo maestro di stile, come se non potesse continuare a vivere senza la sua guida. Vent’anni dopo la sua prematura scomparsa non sarò certo io a dipanare il giallo sulla sua morte, ognuna di voi avrà la sua idea, certo è innegabile che la sua morte sia stata una liberazione per la casa reale inglese e abbia facilitato di molto la vita di Carlo e Camilla. Lady Diana sarebbe stata una costante spina nel fianco di Camilla per l’inevitabile e perdente confronto con lei, lei bella come una modella, lei sempre glamour, lei sempre con un sorriso disarmante, lei, nonostante tutto, sempre amata dal popolo inglese. La storia ci ha detto che Camilla c’era prima, che volendo essere obiettivi non aveva “rubato” il marito a nessuna, che era lei quella che aveva le affinità elettive con Carlo, Diana per sua stessa ammissione non era colta, amava la musica pop, odiava andare a cavallo, vivere in campagna, andare a caccia di fagiani ( attività adorata dal Principe Carlo), ascoltare musica classica. Ma nonostante queste innegabili verità tutti hanno odiato Camilla, l’anno apostrofata come l’intrusa che ha rotto la favola che tutte le donne avevano vissuto con il matrimonio di Carlo e Diana. In seguito Diana dirà che il giorno del suo matrimonio è stato il giorno peggiore della sua vita, Camilla era anche lì con la sua veletta e la fissava, ma noi ceravamo illuse, avevamo visto, o voluto vedere, nel suo sorriso timido, in parte celato dal prezioso velo la favola e avevamo sognato il lieto fine che non c’è stato. Camilla non sarà mai simpatica, mai glamour, mai spontaneamente empatica come Diana e nonostante siano passati vent’anni il confronto rimane impietoso.

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Che donna sarebbe stata oggi Lady Diana? È una domanda che mi pongo spesso, oggi lei avrebbe cinquantasei anni, sarebbe di sicuro la regina dei social, quella con più followers di tutte, avrebbe di certo ceduto a qualche ritocco estetico e sarebbe stata la più glamour e sempre più “audace” nei suoi outfit. Sarebbe stata una nonna perdutamente innamorata dei suoi nipoti, ma anche un incubo come ha affermato lo stesso figlio William nel documentario trasmesso da Itv dal titolo: Diana, our mother: her life and legacy, “lei verrebbe quando pare a lei, magari all’ora del bagnetto, facendo un putiferio e poi subito via!”.

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Nel 1979, quando Diana diventò la fidanzata del Principe Carlo fu soprannominata “la timida”, era una ragazza di diciannove anni, un’insegnante in un asilo nido goffa e con mise improbabili, tipiche delle ragazze inglesi dell’epoca: abiti svolazzanti, stampe retrò e accostamenti di colore improbabili. La giornalista di moda Anna Harvey dirà: Diana era tutt’altro che elegante, i suoi abiti rispecchiavano la sua provenienza e quello che era: la classica ricca ragazza inglese di campagna che non sapeva affatto cos’era la moda. Ben presto però Diana, grazie ai preziosi consigli della giornalista abbandona in fretta ruches, volant e stampe improbabili rendendosi immediatamente conto che la facevano apparire goffa appesantendo la sua silhouette.

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E’ verso la fine degli anni ottanta che Diana acquisisce consapevolezza del suo corpo, la sua silhouette si assottiglia e i suoi outfit si fanno sempre più eleganti. Il protocollo reale di certo in quegli anni ha frenato il suo glamour, ma lei sin da subito ha cercato di eludere la rigida etichetta che la corte le imponeva. Si è sempre rifiutata di indossare i guanti perché amava farsi stringere le mani dalla gente e non indossava mai cappelli ingombranti quando sapeva di incontrare dei bambini, aveva affermato: “ non puoi coccolarli e abbracciarli indossando uno stupido cappello!”. Gli stilisti inglesi impazzivano per lei, finalmente la casa reale aveva una principessa giovane, spontanea che amava la moda e indossare abiti non tradizionali.

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Memorabile rimane il suo abito di velluto blu navy, ritenuto dalla corte troppo sensuale, che sfoggiò nel 1985 al party organizzato dal Presidente Ronald Reagan e sua moglie Nancy, lanciandosi in uno strepitoso ballo con l’attore John Travolta, da allora fu soprannominato il “travolta dress”, poi venduto all’asta nel 2011 per oltre cinquecento mila dollari. Lady Diana è stata la prima ad usare la moda per esprimere vicinanza alle persone che incontrava come quando per una visita ad un ospedale per ciechi indossò un tessuto come il velluto affinché esprimesse al tatto calore e morbidezza, o per rendere omaggio alla nazione che visitava, una vera rivoluzione che ha fatto scuola e che tutte dopo di lei hanno fatto propria, in primis sua nuora: Kate Middleton. Nel suo primo viaggio in Galles ha indossato i colori della regione, per la sua visita in Giappone ha scelto una creazione di un giovane designer giapponese trapiantatosi in Inghilterra, in visita in Francia trasgredisce la regola ferrea di indossare solo abiti di stilisti inglesi e sceglie un abito firmato Chanel.

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Ma è la Diana dell’ultimo periodo, dopo il divorzio da Carlo nel 1996 a farla diventare l’icona fashion che tutte ricordiamo e ammiravamo. I suoi tacchi si alzano (come moglie di Carlo non poteva svettare sull’erede al trono e visto il suo metro e settant’otto doveva accontentarsi al massimo di cinque centimetri), l’orlo dei suoi abiti si accorcia, le scollature diventano più profonde. Sono i tempi dell’incontro con Gianni Versace che esalterà la sua silhouette con abiti eleganti, ma sensuali, mise che rimarranno negli annali della moda, la maison Dior creò la D bag in suo onore e la maison Tod’s si incaricò di vestirla nelle occasioni meno formali. Il suo discutibile passato fashion è stato rimosso, tutti lo hanno dimenticato, portando Diana nell’olimpo delle donne meglio vestite del pianeta, la donna sicura di sé che tutte le altre volevano imitare. A vent’anni dalla sua morte è possibile affermare che il suo stile rimane intatto, inalterato nel tempo, questo è ciò che rende una donna un’icona fashion per le donne che verranno dopo di lei e che a lei si ispireranno.

T. Velvet

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