LA MUSICOTERAPIA IN ITALIA

"La musicoterapia è una disciplina scientifica che ha come obiettivo quello di instaurare una relazione terapeutica stabile tra musicoterapista e paziente attraverso il canale non-verbale e l’uso del canale corporeo-sonoro-musicale, con l’obiettivo di far acquisire al paziente nuove modalità di comunicazione con se stesso, il proprio nucleo famigliare, il mondo esterno, al fine di migliorare la qualità della vita del paziente." - Rolando Benenzon
In questa definizione di musicoterapia fornita da uno dei più importanti studiosi del settore viene espressa la scintilla che ha dato vita all’idea di questo mio articolo. Fa parte del lavoro del musicoterapeuta riuscire a comprendere il proprio paziente e aiutarlo a comprendersi; non sempre questo, nei processi di comunicazione secondo i canali abituali del verbale, va a buon fine. Per poter raggiungere l’altro nella relazione terapeutica può essere utile, soprattutto quando si lavora con bambini, persone affette da handicap, malattie o colpite da forte disagio psichico, uno strumento espressivo che faccia da intermediario, che aiuti terapeuta e paziente a raggiungersi. Può risultare quindi utile uso di tecniche musicoterapiche, lo specializzarsi in musicoterapia o collaborare con un musicoterapista.
La scelta di concentrarsi sulla musicoterapia è stata effettuata sulla base della struttura indipendente che questa disciplina sta assumendo e per la sua dichiarazione esplicita di creare nuovi canali comunicativi che offrano nuove opportunità di espressione a livelli più o meno profondi a seconda del contesto e del metodo di riferimento. Un ulteriore punto a favore per questa disciplina in questa prospettiva di ricerca è il fatto che nei programmi formativi sia spesso associata ad altre forme espressive o di stimolazione dei sensi, e di conseguenza di ricordi, vissuti, emozioni degli utenti. Mi riferisco in particolare alla musicoterapia umanistica, che mantenendo come punto centrale un’alta formazione musicale del musicoterapista lo prepara a lavorare e a tener presente di tutti i sensi dello stesso e di più forme espressive. Un’evoluzione di tale concetto potrebbe essere rappresentata dal Polo universitario NOVA ATLANTIS Montoro (Av) Campania autorizzato dal Politecnico Ars e scientia e Conservatorio F Torrefranca Vibo Valentia diretto dal Prof. Pasquale Ruggiero con un percorso innovativo di un master annuale II Livello 60 CFU 1500 ore in Musicoterapia (un coadiuvante sanitario per il recupero di soggetti svantaggiati) unico nel suo genere in Italia e da annoverarsi nel più’ alto titolo in musicoterapia attualmente esistente nelle istituzioni accademiche italiane.
Altro tassello nella formazione è la Scuola di Stefania Guerra Lisi: “La Globalità dei Linguaggi” dove vengono formati operatori in MusicArTerapia, descritta nella presente tesi come percorso formativo in alternativa ad un percorso di formazione in musicoterapia ma che ancora non prevede la definizione di una figura professionale specifica riconosciuta al contrario di quanto riguarda la musicoterapia.
E’ iniziato difatti, negli ultimi cinquant’anni, un movimento teso a delineare la Musicoterapia come disciplina specifica con figure professionali adeguate per la sua pratica. La definizione di tali figure di operatori che fanno terapia con la musica è stata ed è ancora tutt’altro che semplice. Si può dire che in ogni paese la musicoterapia ha compiuto un percorso diverso e ad oggi non è ancora ben definita con le figure professionali ad essa collegate in molti paesi. Negli ultimi anni però stanno fiorendo associazioni professionali nazionali in diversi paesi e si contano molti tentativi di definire la professione anche a livello Europeo e Mondiale.
Secondo una definizione della World Federation of Music Therapy per musicoterapia si intende “l’uso della musica e dei suoi elementi effettuata da un musicoterapista qualificato, in un processo diretto a facilitare e promuovere la comunicazione, la relazione, l’espressione e altri obiettivi terapeuticamente rilevanti in base ai bisogni fisici, emotivi, psicologici, cognitivi e sociali della persona”. Musicoterapia concepita, quindi, come punto d’incontro e di integrazione tra musica/suono e relazione con l’altro, all’interno di un processo terapeutico.
I PRINCIPALI MODELLI DI MUSICOTERAPIA
Modello Rolando O. Benenzon
Si basa sul concetto di identità sonora. Secondo questo modello, di stampo psicoanalitico con successivi risvolti psicodinamici, la musicoterapia che l’Autore definisce anche “Mu- Psicoterapia” può essere delineata in due parti complementari: la prima considera l’aspetto “scientifico”, occupandosi dello studio e della ricerca del complesso suono-essere umano con obiettivi diagnostici e terapeutici. L’altra considera l’aspetto “terapeutico”, secondo il quale “la musicoterapia è una disciplina paramedica che utilizza il suono, la musica e il movimento per provocare effetti regressivi e aprire canali di comunicazione, con l’obiettivo di attivare, per loro tramite, il processo di socializzazione e di inserimento sociale” (inteso nel piccolo e nel medio gruppo di pari). (Definizione del IX Congresso Mondiale di Musicoterapia, Washington 1999).
La Musicoterapia Benenzoniana è di tipo attivo e si svolge su un piano corporo-sonoro- musicale basato sull’esplorazione, l’ascolto e l’interazione. Benenzon è uno dei più importanti esperti nel campo della musicoterapia ed ha elaborato un modello teorico basato sul concetto di ISO, acronimo che indica l’Identità Sonora, ossia l’insieme degli archetipi sonori propri dell’individuo e le esperienze sonore a lui familiari, unica in ciascun essere umano.
La Musicoterapia creativa
Paul Nordoff e Clive Robbins definiscono la Musicoterapia creativa come un approccio alla terapia individuale e di gruppo basato sull’improvvisazione. I due autori, rispettivamente musicista ed insegnante di sostegno, hanno lavorato insieme, nella seconda metà del secolo scorso, in equipe clinica per diciassette anni trattando bambini handicappati affetti da varie menomazioni e problemi. Nordoff e Robbins definirono il loro approccio “creativo” perché́ il terapista “crea” musica, situazioni e sequenze terapeutiche. La musica viene usata perciò̀ come terapia piuttosto che in terapia. (Definizione del IX Congresso Mondiale di Musicoterapia, Washington 1999).
Il modello Nordoff-Robbins, prevede in genere sedute di gruppo in cui si lavora sui diversi ritmi per stimolare i movimenti del corpo e la coordinazione. La convinzione che sta alla base del metodo è che in ogni essere umano c’è una responsività innata alla musica e che in ogni persona è possibile raggiungere un “bambino musicale” o una “persona musicale”. Gli operatori formati secondo questo modello utilizzano il potere della naturale responsività alla musica per favorire l’auto espressione e la comunicazione del cliente. La relazione con il paziente è costruita su un approccio caldo e amichevole, che accetta il bambino com’è, lasciandolo libero di scegliere. La musica suonata è collocata al centro dell’esperienza e le risposte musicali costituiscono il materiale principale per l’analisi e l’interpretazione.
Modello AOM Musicoterapia orientata analiticamente
La musicoterapia orientata analiticamente, di stampo junghiano, è un modello basato sull’improvvisazione. Viene definito come l’uso delle parole e delle improvvisazioni di musica simbolica da parte del terapista e del paziente allo scopo di esplorare la vita interiore del paziente e fornirgli la predisposizione alla crescita. Un elemento caratteristico di tale modello è che l’improvvisazione del paziente è spesso stimolata e guidata da titoli programmati. Il metodo è stato originariamente creato per pazienti adulti ed è stato utilizzato per una vasta gamma di disturbi psicologici; in seguito una parte del lavoro è stata anche svolta con bambini. (Definizione del IX Congresso Mondiale di Musicoterapia, Washington 1999).
Modello BMT musicoterapia comportamentale
Questo modello si riferisce direttamente all’epistemologia comportamentista nordamericana che tiene conto dell’uso del suono come stimolo che possa intervenire sul sintomo specifico. Si riferisce al concetto di stimolo-risposta. E’ stato definito “l’uso della musica come rinforzo contingente o stimolo di suggerimento indirizzato ad aumentare o modificare i comportamenti di adattamento e ad eliminare i comportamenti non adattivi” (Bruscia, 1993). (Definizione del IX Congresso Mondiale di Musicoterapia, Washington 1999).
Il modello Cliff Madsen è un metodo che si può definire come l’utilizzo della musica come rinforzo contingente o come stimolo segnale per aumentare o modificare comportamenti adattivi od eliminare comportamenti disadattivi. La musica viene usata nel trattamento nei seguenti modi:
-come un segnale
-come una struttura temporale e una struttura di movimento corporeo
-come un centro assentivo, approvazione, consenso
-come una ricompensa
Metodo GIM immaginario guidato e musica
Il metodo GIM è un approccio psicoanalitico alla musicoterapia in cui un apposito programma di musica classica viene utilizzato per suscitare l’evolversi di esperienze interiori. La musica facilita un dialogo continuo con l’inconscio e il terapeuta offre il necessario sostegno dialogando attivamente con l’ascoltatore durante l’intera seduta. Il compito del terapeuta è di incoraggiare la concentrazione man mano che emergono emozioni, immagini sensoriali, sensazioni fisiche, ricordi e pensieri. La musica ed il terapeuta sono in questo caso coterapeuti sostenendo, rispecchiando e facilitando l’esperienza creativa (Definizione del IX Congresso Mondiale di Musicoterapia, Washington 1999).
Il modello di Helen Bonny definito anche musicoterapia recettiva è un approccio alla psicoterapia del profondo che usa il canale musicale dove un determinato repertorio di musica è usato per generare una comprensione dinamica delle esperienze interne. E’ olistica, umanistica e transpersonale ed ha come scopo il far riemergere tutti gli aspetti dell’esperienza umana: psicologico, emozionale, fisico, sociale, spirituale e dell’inconscio. La pratica della tecnica GIM prevede 4 fasi:
1. Il preludio, che ha come punto di partenza la vita del paziente e la consapevolezza dei suoi problemi. Il passaggio dall’esperienza conscia del mondo esterno ad una maggior consapevolezza del mondo interno è segnata dai cambiamenti di posizione assunti dal paziente che durante l’incontro sta sdraiato su una stuoia con gli occhi chiusi. Il terapista a sua volta è in una posizione che gli garantisce una visione di tutto il corpo del paziente e di trascrivere le reazioni più evidenti che emergono durante il viaggio musicale.
2. Induzione, Rilassamento, e messa a fuoco. In questa fase il terapista può scegliere quella che definiamo la Posizione A e selezionare così elementi della narrazione conscia del paziente, oppure la Posizione B ascoltando attentamente per identificare un livello più emozionale.
3. Viaggio musicale. Il terapista è la guida per il paziente e nelle prime due fasi può essere una guida piuttosto direttiva. Anche la scelta della musica è responsabilità del terapista. Ogni paziente ha il suo personale “stile di viaggio” che il terapeuta deve cogliere.
4. Prologo. Quando la musica sta concludendo il paziente è guidato a riprendere consapevolezza. In questo passaggio, il paziente è invitato a concentrarsi per conservare la sua esperienza, e rappresentarla subito dopo per esempio con un disegno, una scultura, un lavoro con l’argilla o una poesia. L’ultima parte del Prologo è un breve dialogo nel quale il terapista aiuta il paziente a collegare l’esperienza vissuta alla sua vita quotidiana.
Musicoterapia passiva: l’effetto Mozart (Don Campbell)
Don Campbell ha raccolto in un saggio sull’effetto Mozart le esperienze di medici e sciamani, musicisti e ricercatori, per mostrare come la musica ascoltata, nelle sue varie forme tra cui: canti gregoriani, un certo tipo di jazz e di pop, i ritmi sudamericani, le armonie new age e persino il rock’n’roll possa influenzare l’ansia, la pressione alta, il dolore, la dislessia e alcune malattie mentali. In questo saggio definisce l’effetto Mozart come la capacità della musica di influenzare l’organismo modificando lo stato emotivo, fisico e mentale (Campbell 1997) .
La metodologia utilizzata nelle esperienze riportate nel testo è semplice, viene proposto il semplice ascolto della musica in diversi contesti. La musica viene accuratamente scelta e fatta ascoltare ripetutamente, i brani più utilizzati sono di musica classica o preparati appositamente. L’effetto Mozart riesce ad agire essenzialmente come tecnica psicologica nella modificazione di problemi emotivi e può modificare le varie patologie di cui è affetto l’essere umano: è un’eccellente tecnica di comunicazione ma anche un aiuto ad altre tecniche terapeutiche. Può essere definito come materiale palliativo, riguarda la cura dell’ansia, del dolore, della solitudine che circondano la malattia più che della malattia stessa.
Gli utilizzi pratici dell’influenza che la musica esercita, possono essere: l’aiutare a diagnosticare malattie incoraggiando la verbalizzazione di un disturbo, aumentare la funzione motoria, motivare il paziente, potenziare la comunicazione con il terapista o i membri della famiglia e facilitare le cure convenzionali.
Alfred Tomatis, dichiara che "Mozart è un’ottima madre, provoca il maggior effetto curativo sul corpo umano”.
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