LA PAROLA COME STRUMENTO DI PACE

L’esortazione del Pontefice per scongiurare il conflitto mondiale

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Senza se e senza ma, il mondo intero resta con il fiato sospeso volgendo lo sguardo verso l’Ucraina. Le minacce di una guerra nucleare sono sempre più consistenti e il Papa lo sa bene. In questo clima di terrore e di ansia, il mondo cristiano osserva senza prendere reali posizioni, confidando nella diplomazia. Francesco si è offerto come mediatore, rievocando un episodio che vide coinvolto Giovanni XXIII. Anche in quel caso, erano la Russia e gli Stati Uniti a fronteggiarsi.

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Ad oggi, gli Stati Uniti giocano un ruolo diverso nel conflitto, ma non possiamo negare l’evidenza concreta di un loro impegno. La voglia di potere di pochi mette in serio pericolo la vita di molti. Insomma, al di là della propria professione di fede, tutti noi siamo accomunati dal medesimo destino. La guerra riguarda tutti e coinvolge persone che nulla hanno a che fare con i giochi di potere, la politica e gli equilibri mondiali. In questo contesto, la potenza diplomatica vaticana potrebbe fare tanto, ma bisogna agire e non fare solo proclami.

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Francesco sente il peso di questa responsabilità e nell’Angelus domenicale lascia trasparire tutta la sua preoccupazione. Infatti, la riflessione sul Vangelo si concentra sulla parola. Oggi più che mai, ascoltiamo fiumi di parole e il rischio di false notizie è dietro l’angolo. Per questo motivo, la riflessione Francesco fa riflettere: “Le parole che usiamo dicono la persona che siamo. A volte, però, prestiamo poca attenzione alle nostre parole e le usiamo in modo superficiale”. Il discorso di Francesco evidenzia l’importanza dell’ascolto, ma date le circostanze tutto questo sembra veramente impossibile. L’impegno è innegabile, ma non deve riguardare solo il Vaticano. Nell’Angelus viene esaltata la capacità di essere comunità; proprio da questo punto dobbiamo ripartire dall’essere un corpo solo e un’anima sola. Pertanto, il cambiamento e il confronto sono due pilastri inviolabili: “Ogni cambiamento fecondo, positivo deve cominciare da noi stessi, altrimenti tutto sarà vano e non ci sarà nessun cambiamento”. Il nostro sguardo deve essere vivo e non miope dinanzi alla sofferenza del fratello. La realtà dell’essere cristiano ci deve appartenere con la quotidianità e non con le convinzioni di facciata.

Giuseppe Capano

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