LA PINANOTECA NAZIONALE DI BOLOGNA

Alla scoperta dei Musei d’Italia

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La Pinacoteca Nazionale di Bologna offre un’importante e ricca panoramica della pittura bolognese ed emiliana dal Duecento al Settecento, ma ospita anche svariate opere di artisti non bolognesi che ebbero a che fare in qualche modo con la città (tra i più noti: Giotto, Raffaello, Tintoretto, Vasari, Tiziano).

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Ha sede – assieme all’Accademia di Belle Arti – negli spazi dell’ex noviziato gesuita di Sant’Ignazio, spazi che erano stati progettati dall’architetto bolognese Alfonso Torreggiani e costruiti tra il 1728 e il 1735.La pinacoteca nacque nel 1808 come quadreria dell’Accademia di Belle Arti – istituzione che aveva sostituito la settecentesca Accademia Clementina, che era la sezione artistica dell’Istituto delle Scienze – e divenne museo autonomo nel 1882.

Primo nucleo della futura Pinacoteca fu l’acquisto nel 1762, da parte di monsignor Giacomo Zambeccari, di otto tavole del primo Cinquecento provenienti dalla demolizione della chiesa di Santa Maria Maddalena, per l’Istituto delle Scienze e destinate ad essere conservate nell’Accademia Clementina, la sezione artistica dell’Istituto scientifico. Nel 1776, sempre per l’Accademia Clementina, vennero acquistate una dozzina di tavole trecentesche e di icone bizantine, provenienti dal lascito di Urbano Savorgnan, già site nell’Oratorio di San Filippo Neri.

Altro polo di conservazione cittadino fu l’Appartamento del Gonfaloniere nel Palazzo Pubblico, dove accanto ad opere come la Pala del Voto di Guido Reni, lì conservate per l’alto significato civico, vennero incamerati, fin dall’ultimo scorcio del Seicento, dipinti della scuola di Raffaello, di Lavinia Fontana e di Annibale Carracci.

Nel 1796 con la caduta del regime pontificio e con la nuova legislazione repubblicana, che portò alla soppressione di numerosi conventi, di tutte le corporazioni dei mestieri e allo smantellamento delle sedi dell’antico regime, il senato bolognese decise di raccogliere i dipinti delle chiese e dei conventi soppressi e dell’Accademia delle Scienze in un’unica collezione, raccogliendo quasi un migliaio di opere, sistemate prima nell’ex Convento di San Vitale; poi nel 1802 presso l’ex noviziato gesuita di Sant’Ignazio nel Borgo della Paglia, attualmente via delle Belle Arti 56, realizzato nel 1726 da Alfonso Torreggiani, come quadreria della neonata Accademia nazionale di belle arti.

Con la caduta dell’Impero napoleonico nel 1815, molte opere requisite dai francesi a seguito delle spoliazioni napoleoniche ritornarono dal Louvre in città. A quel tempo risale il primo intervento di ampliamento ad opera di Leandro Marconi. Del 1826 fu il primo catalogo ad opera di Gaetano Giordani. Ampliata nel 1844, includendovi la cappella del Convento, affrescata nella volta con l’Apoteosi di Sant’Ignazio. Tra il 1867-68, vennero incamerati molti dipinti provenienti da altre soppressioni, nel 1875 venne aperta regolarmente al pubblico, nel 1882 la Quadreria venne resa autonoma dall’Accademia e, nel 1884, vennero acquistate le Collezioni Zambeccari.

Ai primi del Novecento venne realizzata una nuova ala su progetto di Edoardo Collamarini. Alla fine degli anni sessanta, sotto il soprintendente Cesare Gnudi e su progetto di Leone Pancaldi, venne realizzato il Salone del Rinascimento e vennero collocati gli affreschi staccati della chiesetta di Sant’Apollonia di Mezzaratta. Nel 1997 la Pinacoteca è stata completamente rinnovata e adeguata agli standard europei, dotandola inoltre di uno spazio espositivo adibito esclusivamente alle mostre temporanee e all’attività didattica. La pinacoteca è oggi da annoverare tra le più moderne e importanti gallerie nazionali, conosciuta e apprezzata anche all’estero.

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Sono trenta sale percorrono la storia dell’arte dal Duecento al Settecento, dando maggior risalto al Cinquecento e al Seicento, cosa più che ovvia se si pensa all’importanza del Seicento bolognese con le opere dei Carracci, del Guercino e di Guido Reni.

Si inizia quindi da Vitale da Bologna che realizzò il San Giorgio e il Drago e le Storie di Sant’Antonio Abate, anche se il percorso espositivo si apre con il Crocifisso proveniente dalla Chiesa di Santa Maria del Borgo, attribuito all’artista Jacopo di Paolo. Un altro importante Crocifisso si trova nella sala successiva, opera di Giovanni da Modena, uno degli esponenti del Gotico, periodo a cui è dedicata l’intera sala.

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Le sei sale successive mostrano importanti opere di artisti non bolognesi, a cominciare da Giotto e dal suo polittico per la chiesa di Santa Maria degli Angeli, unica opera firmata dell’artista a Bologna, in cui compaiono al centro la Madonna in trono col Bambino e ai lati San Pietro, San Paolo e i due arcangeli Gabriele e Michele;

Nella stessa sala, l’Ultima Cena di Andrea di Bartolo e una bella Madonna in trono col Bambino e angeli di Lorenzo Monaco. All’interno di queste sei sale sono comprese inoltre opere degli ultimi anni del Gotico e gli affreschi della chiesa di Santa Maria di Mezzaratta, iniziati da Vitale da Bologna e raffiguranti Storie del Vecchio Testamento, Storie di Cristo e Storie della Passione.

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Si prosegue con il Quattrocento e il Rinascimento, epoca rappresentata nella Pinacoteca dai Vivarini e da Cima da Conegliano; di quest’ultimo possiamo ammirare la Madonna col Bambino, opera caratterizzata da determinatezza dei contorni e dei dettagli, ma anche da toni delicati, nonché dallo sfondo paesaggistico tipico della pittura veneta del tempo.

Opera dei Vivarini è invece il grande Polittico, mentre solo Antonio realizzò il particolarissimo Gesù Cristo che sporge dal sepolcro, in cui Cristo appare in primissimo piano, quasi come per voler uscire dal quadro, i cui contorni delimitano perfettamente il limite tra la sua figura e lo sfondo, il caratteristico paesaggio delle pitture venete di quegli anni. L’arte durante la signoria dei Bentivoglio, signori di Bologna nel primo Rinascimento, è dominata da Francesco del Cossa, Ercole de’ Roberti, Lorenzo Costa e Francesco Francia. Alcune tra le loro opere più significative esposte qui sono la Pala dei Mercanti di Francesco del Cossa, il frammento del volto di Maria Maddalena piangente e il san Michele Arcangelo di Ercole de’ Roberti, la Pala di santa Tecla e altre opere, come la bella Adorazione del Bambino con i Magi in lontananza o la Sepoltura di Gesù Cristo, di Lorenzo Costa. I dipinti di Francesco Francia sono molti: ricordiamo la Pala Scappi, la Pala Felicini, il Padre Eterno, ma quella che mi è piaciuta particolarmente è la Visione di Sant’Agostino. I colori, il paesaggio che fa da sfondo e unisce due scene cronologicamente lontane tra loro, ovvero la Madonna che allatta il Bambino e Cristo sulla croce, la delicatezza e la perfezione dei personaggi rendono quest’opera molto piacevole da ammirare.

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Si passa poi al Cinquecento e nelle sale dedicate a questo secolo non possono di certo mancare il grande Raffaello con le sua Estasi di Santa Cecilia e il suo San Giovanni Battista, il Perugino con la sua Madonna col Bambino in gloria tra santi e il Parmigianino con la sua Madonna col Bambino e i santi Margherita, Girolamo e Petronio, opera dalla straordinaria eleganza e raffinatezza. L’Ultima Cena di El Greco spicca grazie alle sue tinte tipicamente manieriste.

Rimaniamo incantati nell’ammirare grandi capolavori dei più grandi artisti del Cinquecento veneto e genovese, come il Tintoretto, Tiziano e Luca Cambiaso, e del Manierismo maturo, tra cui Bartolomeo Passerotti, Camillo Procaccini, Prospero Fontana e Giorgio Vasari.

cms_26181/6.jpgParticolare attenzione va dedicata alla sezione del Seicento, secolo fondamentale e importantissimo per la storia dell’arte bolognese, il cosiddetto Seicento bolognese. Davanti a noi appaiono dipinti dei Carracci, di Guido Reni, del Guercino, di Giovanni Lanfranco e del Domenichino. Capolavori come la Conversione di Saulo e l’Annunciazione di Ludovico Carracci, l’Assunzione della Vergine realizzata da Agostino Carracci, la Strage degli Innocenti, il san Sebastiano e Sansone vittorioso di Guido Reni ci fanno innamorare sempre di più dell’arte e poi è presente anche un dipinto di Guido Cagnacci, uno dei nostri artisti preferiti.

L’artista più significativo del Settecento presente nella Pinacoteca è Giuseppe Maria Crespi: caratteristiche sono le sue pitture di genere, come vediamo nella sua Scena di fattoria, e i suoi ritratti, in particolare il Ritratto di cacciatore, dove il cacciatore raffigurato in una posa insolita è circondato dai suoi cani e dalle prede cacciate, rappresentate con abilità naturalistica. Visitare la Pinacoteca Nazionale di Bologna significa percorrere gran parte della storia dell’arte italiana, ma, a nostro avviso, significa anche approfondire particolarmente un secolo di grande realizzazione pittorica, di cui Bologna può sentirsi profondamente orgogliosa.

Grazia De Marco

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