LA REGRESSIVITÀ DEL SISTEMA TRIBUTARIO USA-PARTE II

Nel libro di Saez e Zucman la descrizione di un paese plutocratico che trasferisce ricchezza dai poveri ai ricchi

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Capitolo Terzo-Come Trionfa l’Ingiustizia.Questo capitolo considera il ruolo dell’elusione fiscale nella creazione di un modello regressivo del sistema fiscale USA. Il fondamento dell’elusione fiscale consiste nella presenza di una condizione di scarsa fiducia nei confronti dell’azione collettiva. Tale sfiducia rischia di annullare anche i controlli e le verifiche fiscali. Una delle più note metodologie per realizzare l’elusione fiscale consiste nel costituire delle holding alle Bahamas, a Panama e a Terranova. Negli anni ‘80 del 900 venne sviluppata una vera e propria industria dell’elusione fiscale. Una delle metodologie che consentivano di ridurre le tasse da versare è nota come tax shelter, che consiste nell’investire in una società in perdita e nel sottrarre l’importo delle imposte da pagare dall’ammontare delle perdite della società, così da annullare l’obbligazione tributaria nei confronti del fisco. Il dibattito politico tra democratici e repubblicani negli USA portò all’eliminazione del tax shelter, con una crescita delle entrate dello Stato nell’ordine dei miliardi di dollari.

Gli autori considerano la necessità di non confondere elusione ed evasione. I metodi elusivi consentono di raggirare le norme fiscali e di sottrarre risorse allo Stato senza configurare un caso di evasione. Un’altra metodologia per eludere il fisco consiste nell’utilizzo di trust di beneficienza e sconti nella valutazione dei beni. Gli studiosi, inoltre, sottolineano che la riduzione delle aliquote non necessariamente spinge il contribuente a versare le tasse, anzi al contrario, come accaduto nel caso di Reagan nel 1981, tale riduzione può addirittura agevolare l’elusione fiscale. Inoltre, gli autori mostrano come siano i ricchi ad evadere assai più dei poveri grazie anche alla presenza di una industria dell’evasione fiscale costituita dalle aziende di consulenza. Per combattere l’elusione e l’evasione fiscale è necessario introdurre una regolamentazione globale basata sulla cooperazione internazionale.

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Capitolo Quarto-Benvenuti a Bermuland. Gli autori fanno riferimento all’utilizzo delle Bermuda e dell’Irlanda come dei paradisi fiscali nell’interno di un generale contesto che, sia negli USA sia in Francia, ha comportato una riduzione delle aliquote sulle società. L’imposta sulle società negli USA ha rappresentato sia intorno al 1940 che intorno al 1950 un ammontare pari a circa il 7% delle entrate dello Stato. A partire dal 1950 ha iniziato a diminuire fino ad arrivare ad un ammontare intorno all’1-2% del gettito dello Stato. Tuttavia, nonostante questa riduzione vi sono comunque delle nazioni dove il valore dell’imposta sui redditi societari è più basso rispetto agli USA, come l’Irlanda. Le società fanno quindi risultare che il loro reddito è prodotto in quei paesi anche attraverso la costruzione di bilanci di gruppo costituiti con l’obiettivo dell’elusione fiscale. Tali metodologie sono state seguite da Apple, Nike, Google, Skype. Tuttavia, spesso le società costituiscono anche delle entità giuridiche di comodo alle Bermuda, aspetto che porta alla creazione di questa fantomatica entità che offre vantaggi di carattere fiscale e che gli autori definiscono “Bermuland”, dall’unione tra Bermuda e Irlanda. Inoltre, viene rilevato anche il fenomeno delle “Stateless Entities” ovvero società che non risultano risiedere in alcun luogo. Attraverso l’utilizzo di tassazioni di favore i piccoli Stati come le Bermuda, l’Irlanda, il Lussemburgo, Cipro, la Svizzera e Malta hanno la possibilità di “mercificare la sovranità statale” disponendo delle imposte assolutamente prive di reale corrispettivo economico e con il solo scopo di facilitare la domiciliazione delle aziende multinazionali. Tale orientamento delle politiche economiche fiscali ha spinto gli stati alla concorrenza fiscale, con una generalizzata riduzione delle imposte, soprattutto sulle società, che ha reso i sistemi sempre più regressivi.

Capitolo Quinto-Spirale. Gli autori mostrano come, nella dinamica capitale-lavoro, il capitale sia tassato sempre di meno, mentre il lavoro sia tassato sempre di più. Il risultato è una crescita della diseguaglianza ed una perdita del significato economico del lavoro. Inoltre, il divario tra tassazione del lavoro e tassazione del capitale è aggravato da alcune tasse occulte che gravano sul lavoro come per esempio l’assicurazione sanitaria. Se infatti il costo dell’assicurazione sanitaria viene sommato al costo del lavoro, risulta che negli USA la tassazione sul lavoro è intorno al 37%, mentre la tassazione sul capitale intorno al 20-22%. Inoltre, gli autori si domandano quale sia la quota di tassazione ottimale e spiegano che la riduzione della tassazione del capitale non ha aumentato né il tasso di accumulazione del capitale, né il tasso di risparmio della popolazione. L’analisi mostra la mancanza di correlazione tra riduzione dei tassi sui ricchi ed aumento del reddito dei poveri, e viceversa. Tale ordinamento tributario e fiscale globale, di fatto, impedisce la progressività dell’imposta sul reddito. Infatti, i ricchi riescono ad evadere l’imposta attraverso la creazione di società di comodo all’estero, mentre i lavoratori sono sottoposti integralmente al prelievo fiscale.

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Capitolo Sesto-Come Fermare la Spirale. Gli autori propongono dei metodi di cooperazione internazionale rivolti alla riduzione dell’evasione ed elusione fiscale. Gli autori mostrano che la percentuale dei profitti delle multinazionali realizzata al di fuori del paese dove ha sede la direzione è aumentato dall’1,00% del 1930-1939 fino al 17-18% del 2010-2019. Per risolvere il problema dell’ammanco di gettito fiscale è possibile introdurre delle imposte compensative che spingono i paesi ad incassare anche le imposte dovute sui profitti dichiarati all’estero. Inoltre, i paesi hanno iniziato a chiedere alle multinazionali di specificare le componenti di profitto realizzate nelle singole nazioni. Gli autori propongono un’aliquota globale media del 25% sul reddito delle società. Tale indicazione diviene necessaria soprattutto perché i grandi paesi non riescono a seguire i piccoli paesi nella predisposizione di imposte concorrenziali. Infine, gli autori propongono anche delle sanzioni contro i paradisi fiscali.

Angelo Leogrande

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