LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA DI CUI NESSUNO VI HA PARLATO
I problemi della divulgazione scientifica

Se provaste a fare una veloce ricerca sulle ultime notizie della serie A o sui gossip più recenti del mondo dello spettacolo, probabilmente verreste sommersi da una valanga di articoli e informazioni.
Qualcuno direbbe: panem et circenses, ma in fondo poco male, è sempre stato così.
Il vero peccato è che la sovraesposizione di alcune notizie vada poi a scapito di altre, forse meno pop. Questa è una situazione che si verifica spessissimo, soprattutto per tutte quelle novità che provengono dalle discipline scientifiche, dove la divulgazione, già di per sé complessa in qualunque ambito, presenta delle difficoltà peculiari.
Proprio così: probabilmente aneddoti e curiosità salteranno fuori più facilmente se parliamo di arte o letteratura, piuttosto che di matematica o fisica. Forse i più, pur sforzandosi, ricorderanno in entrambi i casi solo lunghe e noiosissime lezioni passate sui banchi di scuola.
Si potrebbe pensare che le materie scientifiche in questo senso partano svantaggiate. Forse c’è un po’ di egoismo in questo, ma sembra che l’uomo nutra in generale maggiore interesse per tutte le discipline che parlano di lui (vedi medicina, arte, letteratura o psicologia).
Pochi giorni fa, chiacchierando con un mio amico (appassionato studente di fisica), vengo a scoprire di una “recente” (parliamo di una notizia del 2019) rivoluzione scientifica di cui praticamente nessuno ha parlato. Ora esagererò dicendo che è stato come quando la storia ti passa davanti e tu non te ne accorgi, ma la sensazione era un po’ questa.
Vi racconto in breve (e soprattutto non in scientifichese) quello che è successo. Nella fisica esistono varie grandezze, e di queste 7 sono più importanti di altre (lunghezza-metro, tempo-secondo,massa-kilogrammo, temperatura-kelvin,corrente-ampere, quantità di sostanza-mole,intensità luminosa-candela).
Su di esse si basa il sistema internazionale delle misure, a cui aderisce tutto il mondo (tranne gli USA), e che consente per esempio di condividere e confrontare i risultati delle ricerche.
Pensiamo al metro. Sembrerà scontato, ma siete davvero sicuri che sia sempre stato come lo conosciamo? La definizione originale del metro era inizialmente basata sulle dimensioni della Terra e viene fatta risalire al 1791, gli anni della monarchia di Luigi XVI. All’epoca, l’Accademia delle scienze francese ne parla come di un decimilionesimo della distanza tra polo nord ed equatore, lungo la superficie terrestre, calcolata sul meridiano di Parigi.
Soltanto in seguito, ricordandosi che la terra è viva, si accorsero che la misura era suscettibile a oscillazioni, dovute per l’appunto ai mutamenti tettonici del meridiano. Per ovviare, a fine ‘800 si decise di prendere come riferimento la distanza tra due linee incise su una barra campione di platino-iridio, conservata nel museo di Sèvres, presso Parigi, in atmosfera controllata. Solo nel 1983 il metro ha abbandonato la vecchia barra di platino-iridio (e in seguito la lunghezza d’onda del krypton) per essere definito sulla base della velocità della luce.
Il destino di tutte le altre unità di misura è stato molto simile, gradualmente si è deciso di abbandonare quasi tutti i riferimenti fisici, per adottare canoni sempre più astratti. Mancavano all’appello chilogrammo, ampere, kelvin e mole, ma finalmente, dal 20 maggio 2019, anche per queste unità di misura si è giunti a definizioni basate su costanti numeriche fondamentali (come la costante di Planck, la carica dell’elettrone, la costante di Boltzmann e il numero di Avogadro).
Poca cosa direte. E in effetti per chi va a fare la spesa, la bilancia ha continuato a pesare un chilogrammo come ha sempre fatto. Parliamo di cambiamenti al di sotto del livello percepibile da chi compra un chilo di pasta. A trarne beneficio saranno principalmente le misure relative a quantità molto piccole: potranno guadagnare in precisione settori come l’industria elettronica, l’industria farmaceutica e le applicazioni delle nanotecnologie.
La riflessione però sorge spontanea: perché la notizia di cui vi ho parlato (e tante altre come questa) non ha avuto la risonanza che meritava? Come mai alcune discipline rimangono relegate alla nicchia dell’ambito accademico e non riescono a imporsi come fenomeni mainstream?
Potremmo farne un problema di linguaggio. Se in materie come medicina e letteratura il linguaggio utilizzato (al di là dei vari tecnicismi) è lo stesso che parliamo nel quotidiano, per parlare il gergo delle materie scientifiche serve conoscere un codice specifico.
Ha ancora senso quindi la divulgazione anche in ambito non umanistico? Assolutamente sì. Sarà anche più difficile, ma per il progresso di queste discipline è fondamentale. Più si parla di un dato argomento, più questo viene percepito come importante e utile da indagare, maggiori saranno le possibilità che l’aumentato interesse dell’opinione pubblica porti a stanziare fondi per la ricerca in quel determinato settore.
Il calcio dite? Beh quello non ci ha portati sulla Luna e credo che difficilmente ci aiuterà a scoprire di più sulle leggi che governano l’universo.
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