LA VISITA APOSTOLICA DI PAPA FRANCESCO IN CONGO

Una folla festante ha accolto il Santo Padre nella capitale Kinshasa

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Una folla oceanica ha accolto papa Francesco a Kinshasa, capitale del Congo, città di oltre 15 milioni di abitanti. Il paese centrafricano costituisce la prima tappa del 40esimo viaggio apostolico di Sua Santità e pone ancora una volta l’attenzione su questo continente.

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La gioia per questo viaggio era stata espressa dal Santo Padre anche in un telegramma inviato, prima della partenza, al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel quale specificava di essere “mosso dal vivo desiderio di incontrare i fratelli nella fede e gli abitanti di quelle nazioni”, ai quali avrebbe portato “il bene e la prosperità dell’intero popolo italiano”.

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Bergoglio è stato accolto dalle massime autorità civili e religiose, come si conviene: il primo ministro Jean-Michel Sama Lukonde, l’arcivescovo di Kinshasa cardinale Fridolin Ambongo Besungu e il Nunzio apostolico nella Repubblica Democratica del Congo mons. Ettore Balestrero.

L’agenda è ricca di impegni e l’occasione è utile per celebrare la “missione di pace” alla quale i cristiani devono adempiere, sollecitando il riscatto di questa terra e di tutto il continente martoriato da fame e sfruttamento: “Giù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo, giù le mani dall’Africa! Basta soffocare questo continente: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare”. Queste le parole del Santo Pontefice nel suo primo discorso presso il Palais de la Nation. Il Paese è noto per l’estrazione, dalle sue miniere, di coltan, una lega di minerali indispensabile per i chip di ultima generazione. Un pezzo di questa lega è stato consegnato al Papa da parte di una giornalista della Cope (Conferenza Episcopale Spagnola), per porre l’attenzione – qualora ce ne fosse bisogno – sulla schiavitù minorile ancora purtroppo usuale nelle miniere dello Stato. Sfruttamento che conduce spesso alla morte e che avvantaggia élite e società internazionali, tanto da giungere al paradosso per cui “i frutti della sua terra lo rendono [il Congo, ndr] straniero ai suoi abitanti”. “Il veleno dell’avidità ha reso i suoi diamanti insanguinati”, ha sottolineato il papa, che poi ha aggiunto: “Troppi muoiono, sottoposti a lavori schiavizzanti nelle miniere. Quante ragazze sono emarginate e violate nella loro dignità! Non ci si lasci manipolare né tantomeno comprare da chi vuole mantenere il Paese nella violenza, per sfruttarlo e fare affari vergognosi: ciò porta solo discredito e vergogna, insieme a morte e miseria”.

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L’atmosfera è di festa, lungo tutta la strada che conduce all’aerodromo di Ndolo, adornata da colori sgargianti e cartelloni di saluto, scandita da cori al suono di “yaya” (“fratello maggiore, in lingala) e accompagnata da canti e musiche locali.

Papa Francesco ha qui celebrato una santa messa, all’aperto, davanti ad oltre un milione di fedeli, secondo il rito africano, in lingua francese e lingala. Per permettere di partecipare all’evento, le autorità governative hanno dichiarato la giornata quale festa nazionale, si legge sul sito Vatican News. “Fratelli, sorelle, con Gesù il male non ha mai la meglio, non ha mai l’ultima parola”, ha recitato nell’omelia. “Noi che siamo di Gesù non possiamo lasciare che in noi prevalga la tristezza, non possiamo permettere che serpeggino rassegnazione e fatalismo. Pace a voi!

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Dopo la messa, il momento probabilmente più importante di tutto il viaggio: l’incontro con le vittime dell’est del paese, presso la Nunziatura Apostolica, che giungeranno dalla regione del Kivu, dove nel 2021 venne ucciso in un agguato l’ambasciatore italiano Luca Attanasio.

Dopo la Repubblica Democratica del Congo, Bergoglio proseguirà alla volta del Sud Sudan. Di qui rientrerà in Italia domenica prossima.

Enrico Picciolo

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