LE CATENE INVISIBILI

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Cosa sono le catene?

Etimologicamente questa parola significa “l’uno dopo l’altro”: si tratta infatti di un mezzo di collegamento e di unione fatto di più anelli passati l’uno dentro l’altro.

Generalmente le catene sono fatte di ferro o di altro metallo, in modo che possano trattenere saldamente cose o animali.

La storia, però, ci insegna che esse sono state uno strumento di prigionia anche per gli esseri umani.

La schiavitù è una piaga che tutti conosciamo perché, nella migliore delle ipotesi, la abbiamo appresa dai libri o la abbiamo vista al cinema. Ma è davvero finita?

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Le catene di ferro, per quanto spesse, possono trattenere solo il nostro corpo.

Oggi viviamo forme di schiavitù molto più “sofisticate”, ma non per questo meno pericolose. Penso alla schiavitù della droga, del cibo, dell’avidità: tutte catene che portano all’autodistruzione e all’abuso del prossimo.

Ma ci sono anche delle schiavitù più “ordinarie” che, proprio per la loro apparente banalità, ci tengono legati tutta la vita.

Quanti di voi, si sono sentiti obbligati, ad esempio, a passare Natale e Pasqua con persone che non avevate voglia di frequentare? Quanti di voi si sentono obbligati a vestirsi, parlare o agire in un determinato modo, per poter essere accettati? Anche queste sono catene. Invisibili, ma pur sempre catene.

La droga, il fumo, il cibo causano dipendenza e assuefazione ma non sono gli unici a produrre questo effetto. Esistono anche la dipendenza affettiva e la dipendenza psicologia, per non citarne che due.

Là dove non siamo in grado di compiere delle scelte in maniera libera, razionale ed equilibrata, là abbiamo un problema.

Anzi, chiamiamolo con il suo vero nome: abbiamo un disequilibrio.

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Ne “La salita al Monte Carmelo”, San Giovanni della Croce racconta, con una splendida metafora, le varie fasi dell’unione con Dio. Paragonando lo spirito dell’uomo ad una candida colomba, egli fa notare che quand’anche essa fosse legata con un sottilissimo filo, non potrebbe librarsi in volo per spaziare nell’immensità del cielo.

Poco importa quanto le nostre catene siano spesse o se esse siano di ferro o d’oro: il fatto è che esistono.

Spesso, addirittura, le amiamo o, quanto meno, ci convinciamo che sia così.

Spendiamo fior di quattrini per l’abito griffato o per il telefonino di ultima generazione, ma questo ci rende felici? Oppure, semplicemente, non ci fa sentire diversi? È sottile il confine tra la soddisfazione personale e il fatto di essersi, una volta di più, sottratti al giudizio altrui.

Pensiamo di essere i padroni della nostra vita e invece ne siamo degli schiavi. Schiavi di un sistema, di una moda, del giudizio altrui. Spesso anche del proprio.

Che fare, dunque?

Bisogna spezzare le catene!

Sembra facile a dirsi - e lo è - ma è più complicato a farsi. Non tanto per uscire dalla dipendenza, quanto per identificare la dipendenza stessa.

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Ancora più difficile, poi, è ammettere di avere una dipendenza.

Per poter tagliare le proprie catene, bisogna conoscerle e ri-conoscerle. Per quanto invisibili, queste catene producono degli effetti visibili e sono questi i segnali che ci permettono di identificarle.

L’ansia, la rabbia, la paura, la confusione, la gelosia sono alcune delle manifestazioni causate dalle catene invisibili che ci avvinghiano e che ci ancorano a dei piani vibrazionali bassi.

Anche la religione può creare delle catene: sta a ciascuno di noi discernere se determinate prescrizioni sono o non sono liberatorie per l’essere umano.

“In giorno di sabato Gesù passava per i campi di grano, e i discepoli, camminando, cominciarono a strappare le spighe. I farisei gli dissero: «Perché essi fanno di sabato quel che non è permesso?». Ma egli rispose loro: «Non avete mai letto che cosa fece Davide quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e i suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che soltanto ai sacerdoti è lecito mangiare, e ne diede anche ai suoi compagni?». E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!»”. (Mc 2,23-27)

Questo testo del vangelo secondo Marco è uno degli esempi più probatori di questa realtà. Ovvero, quella di usare il nome di Dio per controllare altri esseri umani.

Che siano materiali, psicologiche, morali o spirituali, le catene sono sempre catene!

Siete nati liberi: lottate per rimanerlo.

Simona HeArt

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