LE INTUIZIONI DELLA MENTE

IL DISTURBO ALIMENTARE NEGLI ADOLESCENTI

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Il comportamento alimentare può assumere durante l’adolescenza una particolare connotazione di rischio, in relazione soprattutto a due importanti dimensioni dello sviluppo: la percezione di sé e le relazioni sociali tra coetanei.

La prima adolescenza è stata identificata, infatti, come un momento di estrema vulnerabilità nello sviluppo dell’immagine corporea a causa dei cambiamenti fisici associati alla pubertà, all’incremento del desiderio di accettazione da parte dei coetanei, all’inizio delle relazioni sentimentali e all’eventuale esposizione ad eventi di vita negativi associati a questa fase di sviluppo.

Nell’adolescenza il corpo sociale è soggetto a importanti trasformazioni e acquisisce molto rilievo: ancor più che in altre fasi del ciclo vitale, infatti, come sostengono Martinelli e Covri “il corpo da un lato assolve alla funzione di sottolineare le somiglianze e di convalidare in modo visibile l’appartenenza dell’individuo al gruppo dei pari; dall’altro, il corpo abbigliato, truccato, agghindato secondo alcuni criteri tipicamente giovanili consente la differenziazione dell’adolescente rispetto alle altre generazioni […] e anche rispetto all’altro sesso”.

In questo periodo, i rapidi e molteplici cambiamenti somatici legati allo sviluppo sessuale danno l’avvio ad un processo di transizione, introducendo degli elementi di discontinuità nell’immagine di sé ed in particolare in quella corporea.

Accettare il proprio corpo nuovo, integrarne l’immagine all’interno di un più generale concetto di sé, inteso come quadro interpretativo delle esperienze personali e come base regolativi del comportamento, rappresenta uno dei principali compiti di sviluppo dell’adolescente.

Tale processo di ristrutturazione implica la ridefinizione delle relazioni con gli adulti ed i coetanei e può essere realizzato in modi diversi a seconda della specificità del contesto. Esso costituisce un compito di difficoltà variabile, in relazione alle diverse risorse personali ed ambientali su cui l’individuo può contare, e può connettersi ad una maggiore o minore soddisfazione per il proprio aspetto fisico ed al desiderio di modificarlo attraverso l’adozione di un particolare comportamento alimentare. “I processi fisici di cambiamento legati allo sviluppo puberale rappresentano una sfida particolarmente impegnativa per l’adolescente perché avvengono proprio quando è maggiore il bisogno di percepirsi simili ed apprezzati dai coetanei”.

In questo processo, il cibo acquista una particolare rilevanza, poiché esso è un mezzo per intervenire sul proprio aspetto fisico, per renderlo più accettabile e desiderabile.

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Sono in particolare le ragazze ad essere sensibili ai messaggi che enfatizzano la positività della magrezza, sia perché la desiderabilità e l’attrattiva sono componenti importanti dell’autostima e del successo sociale, sia per la mancanza di ruoli sociali chiaramente definiti, sia per la maggiore frammentarietà ed ambiguità nella costruzione dell’identità.

Alla maggiore difficoltà di adattamento ai cambiamenti corporei delle adolescenti contribuiscono numerosi fattori, tra i quali la maggiore rapidità dello sviluppo fisico puberale e la sua sempre maggiore precocità, in quanto un cambiamento fisico molto repentino offre all’individuo minori opportunità di adattarvisi gradualmente, mentre un cambiamento troppo precoce può avvenire quando non sono state ancora sviluppate modalità idonee ad affrontarlo (Silbereisen, Noack, 1990).

Inoltre, il fatto che siano soprattutto le ragazze a manifestare difficoltà ad accettare il proprio corpo, conferma il peso dei modelli di socializzazione offerti ai due sessi, più severi nel giudicare l’adeguatezza dello sviluppo fisico delle adolescenti.

Le ragazze, educate maggiormente alla gregarietà e alla passività a scapito dell’autonomia individuale, sono maggiormente vittime degli impossibili modelli di bellezza femminile presentati dai mezzi di comunicazione di massa. Questi modelli sembrano avere sempre maggior peso a mano a mano che si cresce e ci si confronta con il mondo adulto, a conferma che lo scontento per il proprio fisico non è tanto legato agli squilibri puberali, quanto ai criteri sociali di bellezza della donna adulta. Non a caso, sono proprio le ragazze maggiormente proiettate verso l’adultità, e che dispongono di minori strumenti culturali per contrastare i modelli correnti, a rincorrere questi modelli ideali rarefatti (Bonino, 2005).

Non stupisce, quindi, che per le adolescenti, ed in particolare per coloro che possiedono minori risorse personali ed ambientali, possa essere più complicato distanziarsi dalla pervasività dei modelli culturali di bellezza e successo proposti, e che sul corpo si concentrino insoddisfazioni ed ansie.

La tendenza a considerare i disordini alimentari come comportamenti a rischio è tutt’oggi oggetto di controversie, in quanto si tratta, spesso, di azioni che possono essere considerate come espressione di un vero e proprio disturbo psicopatologico, che travalica la volontà soggettiva. In realtà, è spesso difficile distinguere nettamente, in questi ambiti, comportamenti patologici e fisiologici.

È noto, ad esempio, che negli ultimi anni i disturbi alimentari hanno avuto una notevole diffusione che ha comportato una più fluida demarcazione del confine tra il disordine alimentare lieve e il disturbo grave. In molti casi, la quota di intenzionalità del comportamento disturbato può quindi essere sufficientemente ampia, i rapporto alla motivazione compulsiva, da far rientrare anche il disordine alimentare nell’area dei comportamenti a rischio. In molti altri casi, ciò che si manifesta come comportamento che sfugge al controllo del soggetto è nato invece come deliberato stile alimentare, consapevolmente perseguito e giustificato (Maggiolini, 1998).

È all’interno di questo quadro complessivo che va collocato il ricorso da parte di numerosi adolescenti a comportamenti alimentari più o meno disturbati, diversificati per natura e gravità. Si tratta di comportamenti che, tranne quando raggiungono il livello di vere e proprie condotte anoressiche o bulimiche, fenomeno che in Italia riguarda meno dell’1% della popolazione femminile adolescente ed adulta), hanno attratto poco l’attenzione dell’opinione pubblica e degli stessi ricercatori, probabilmente perché non si collegano né al commettere dei reati (come avviene nel caso di comportamenti devianti o dell’uso di sostanze illegali), né con un giudizio morale (come avviene nel caso di comportamenti sessuali promiscui).

Inoltre, essi sono in genere difficilmente visibili e poco rilevabili al di fuori della ristretta cerchia delle relazioni familiari ed amicali dell’individuo e, per questa ragione, vengono classificati insieme all’ansia e ai sentimenti depressivi, come problematiche di tipo internalizzato. Il disagio così manifestato non è però minore di quello espresso attraverso comportamenti più visibili o esternalizzati; entrambi i tipi di comportamento sono adottati per rispondere a precisi compiti evolutivi, cui l’adolescente non riesce a far fronte attraverso altre modalità più adattive.

Anzi, “la facilità di reperimento del cibo può far sì che l’alimentazione venga scelta, da quegli adolescenti che non hanno a disposizione vie alternative di affermazione personale, come banco di prova dei propri confini e come ambito di realizzazione dei propri bisogni di autonomia, senza rischiare troppo in termini di disapprovazione sociale”.

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Un esempio tipico è rappresentato dall’alimentazione consolatoria, ovvero il mangiare senza aver fame (in particolare quando ci si sente tristi ed annoiati), che è positivamente correlata al ricorso alle diete. Si tratta di due fenomeno complementari: da un lato gli adolescenti (soprattutto le ragazze), mangiano anche quando non ne avrebbero bisogno, dall’altro ricorrono alle diete o saltano i pasti per tentare di ridurre il peso che hanno accumulato.

Il cibo rappresenta, in questo caso, un modo fallimentare per tentare di contrastare sentimenti depressivi, di solitudine e di scoraggiamento e per cercar di far fronte a situazioni vissute come stressanti. Svuotato della sua funzione nutritiva, diventa spesso oggetto di rifiuto ostinato e espressione di conflitti e tensioni.

Gli adolescenti che ricorrono a questo tipo di alimentazione si sentono, spesso, insicuri di sé, presentano uno scarso senso di efficacia personale, un sentimento di incertezza sul proprio futuro, vivono la scuola come inutile e, soprattutto, non percepiscono il sostegno necessario né dagli amici, né dalla famiglia per far fronte alle loro difficoltà.

Gli adolescenti con disturbi alimentari presentano, in buona misura, le stesse caratteristiche personali e sociali (in relazione alla famiglia e alla scuola) che appaiono legate ai comportamenti di consumo di sostanze psicoattive (Bonino, 2005). In questo senso l’alimentazione consolatoria in adolescenza, così come quella anoressico-bulimica, si configurano come un particolare modo di esprimere il disagio, attraverso un utilizzo masochistico del corpo. La visione del corpo diviene prettamente utilitaristica utilizzando un’espressione coniata da Recalcati (1998), il corpo diventa un “corpo ostaggio”, imprigionato e opportunisticamente utilizzato dal soggetto stesso, il quale si comporta come un sequestratore, che prima fa diventare una parte di sé (il corpo) una cosa altra da sé, poi la cattura e la strumentalizza.

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I disordini del comportamento alimentare rappresentano un vero e proprio agito sul corpo, una parziale difesa nei confronti dell’elaborazione mentale, veicolo preferenziale per riconoscere, comunicare e manifestare un disagio psicologico.

Il fatto che esse siano maggiormente diffuse tra le femmine conferma che mentre nei maschi il disagio personale e relazionale si manifesta maggiormente con comportamenti attivi, rivolti all’esterno, socialmente visibili e rilevanti, spesso attuati in gruppo, le ragazze scelgono maggiormente comportamenti solitari, autolesivi e punitivi nei confronti di sé e del proprio corpo.

Tali comportamenti esprimono anche una componente trasgressiva nei confronti dei genitori e del mondo infantile da essi rappresentato: poiché i genitori sono stati la fonte del cibo e delle regole di condotta, l’adolescente può esprime il suo distacco attraverso il rifiuto del cibo.

Leonardo Bianchi

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