LE SENTENZE DEVONO ESSERE PREVEDIBILI

Le Sezioni Unite della Cassazione su un tema delicato

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cms_19247/apertura.jpgIl tecnicismo giuridico, ricco di norme e di interpretazioni sempre più disparate, trasmette l’impressione che nei Tribunali se le suonino e se le cantino gli operatori del diritto per un gusto personale da soddisfare entro i confini dei palazzi di Giustizia, escludendo i cittadini che hanno altro a cui pensare. Eppure quei tecnicismi impattano la vita delle persone, perché i provvedimenti finali, sopraggiunti in questa o nell’altra vita, sono destinati a cambiare in misura variabile la vita delle persone (o degli eredi). Il caso che oggi esaminiamo ha tenuto sulla corda migliaia e migliaia di Avvocati e loro clienti perché nei Tribunali non accennava a diminuire il contrasto di provvedimenti che seguivano opposti orientamenti. Descriviamo sinteticamente il caso perché ci piace segnalare non tanto il principio che le Sezioni Unite della Cassazione hanno elaborato per dare un segno chiaro di come parti e Giudici dovranno regolarsi per il futuro, ma per una chiosa di carattere metagiuridico su cui si sofferma il Giudice supremo. Il caso è il seguente: molti avranno sentito parlare dell’esistenza del “decreto ingiuntivo”, cioè di un provvedimento con cui si intima di pagare o fare qualcosa senza l’iter processuale di un giudizio ordinario e che il Giudice può concedere quando vi sono presupposti di certezza del diritto fatto valere. All’obbligato resta la facoltà di opporsi al decreto ingiuntivo e si instaura così il giudizio ordinario. Ora, molti sapranno anche che per alcune materie è previsto il tentativo obbligatorio di mediazione prima di qualsiasi causa e il legislatore ha quindi disposto una deroga a questo principio laddove si intenda chiedere un decreto ingiuntivo. Niente mediazione, cioè, per chi chiede il decreto. Se però dopo il decreto l’obbligato propone opposizione, scatta di nuovo questo obbligo. E qui sono nate le grane, perché secondo la legge questo obbligo post opposizione al decreto nasce dopo l’udienza in cui il Giudice è chiamato a decidere se concedere o revocare la provvisoria esecuzione del decreto. In sintesi, scatta questo obbligo dopo alcune questioni preliminari di base. La legge però è stata avara nel descrivere il soggetto gravato da questo onere, con conseguenze molto importanti per chi omette di assolverlo. Infatti, se si ritiene che sia obbligato il debitore e costui non procede con il tentativo di mediazione, la sua opposizione diventa improcedibile e il decreto a suo carico è ormai definitivo. Se si ritiene che di questo tentativo di mediazione in corso di causa se ne debba invece fare carico il creditore e non lo fa, il suo decreto diventa carta straccia. E allora giù con la casistica più disparata, con accademici chiamati a dire la loro in mille e mille discussioni senza fine. La Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza 19596/2020, ha scelto una direzione molto chiara e ha sancito, modificando il precedente orientamento a sezione semplice della stessa Corte di Cassazione, che sia il creditore ad esperire il tentativo di mediazione, poiché attore sostanziale del giudizio, anche se la fase di opposizione formalmente viene instaurata dal debitore opponente. Il merito del provvedimento a nostro avviso è assolutamente condivisibile per una serie di argomentazioni tecniche che sono addirittura più vaste di quelle prese in considerazione dalla Corte. Non scriviamo si una rivista specializzata per cui non ci addentreremo nei dettagli, viste anche le premesse che abbiamo indicato prima di descrivere il fatto, e dalla lettura della sentenza chi vorrà potrà comunque approfondrie a dovere ogni aspetto della questione. Ciò che vogliamo segnalare è questa considerazione della Corte: “la Corte Suprema, infatti, non può ignorare che la sentenza del 2015 ha determinato una spaccatura dei giudici di merito, tanto più da evitare in quanto l’effetto di prevedibilità delle decisioni giudiziarie si va affermando come un valore prezioso da preservare, anche in termini di analisi economica del diritto”. Il “valore prezioso che ha l’effetto di prevedibilità delle decisioni giudiziarie” è una espressione che suona come una musica celestiale in tempi di incertezza totale su tutto. Norme chiare, ma soprattutto orientamenti prevedibili dei Tribunali, rappresenterebbero un tassello fondamentale per migliorare la vita di tutti e avrebbero un risvolto deflattivo molto più efficace di qualsiasi possibile (ed ennesima) riforma. Qualcuno dice che la certezza del diritto non esiste; ha ragione se vuol dire che tutto si evolve, ma ciò deve avvenire con lentezza. Ha torto se vuole intendere che un Giudice può fare ciò che gli pare. Si chiama funzione nomofilattica, questa, e non è niente di scandaloso. Anzi...

Nicola D’Agostino

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