LE VITE DEGLI ALTRI E GOOD BYE LENIN

Le due facce della caduta del muro di Berlino

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Due bellissimi film hanno rappresentato per me le due facce della caduta del muro, uno “Le vite degli altri” sul controllo ossessivo e folle da parte della Stasi, il servizio segreto della Germania est e “Goodbye Lenin” su quel senso di comunità, l’unico che alimentava la vita nella DDR.

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Sono passati 31 anni dalla caduta del muro di Berlino, ma la storia non è finita, come preconizzava nel suo libro, il professore americano, di origine giapponese, Francis Fukuyama. In effetti la fine dei regimi comunisti, sembrò segnare la vittoria definitiva del capitalismo, accompagnata dalla caduta di ogni freno inibitore, scatenando un liberismo aggressivo, idolatrando un mercato ritenuto in grado di affrontare e risolvere tutti i problemi.

A sinistra ci fu una ritirata generale, con la conversione di alcuni alle sovrane leggi del mercato.

Quel muro non era solo il confine di uno Stato, ma la linea di confine di due concezioni del mondo, due stili di vita,di due economie.

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155 Km, un muro alto 3,6 metri, un fossato altrettanto profondo, un corridoio con guardie e cani, filo spinato, cavalli di frisia, torrette di guardia con 14mila soldati. Sappiamo come è successo, come è caduto, ma correggiamo una vulgata ancora in voga: Non fu un maldestro funzionario che alla domanda da quando sarebbe entrato in vigore il decreto sul libero passaggio da est a ovest, rispose “immediatamente”. Non fu esattamente così.

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Nella trasmissione Atlantide il giornalista italiano, autore della domanda al funzionario, rivelava ad Andrea Purgatori, autore del programma, che la domanda gli venne precedentemente suggerita da un altro funzionario del governo. Quindi Purgatori ha avanzato l’ipotesi che non si trattasse di una gaffe, ma che la stessa Stasi fosse artefice di questa accelerazione degli eventi nel tentativo di governare una situazione diventata insostenibile.

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Quel regime e quel mondo non potevano durare. La sfida anche sul piano militare era insostenibile, in primo luogo per l’Unione sovietica, infatti sul piano economico aveva significato sacrificare il livello di vita dei propri cittadini, oltre gli errori madornali della pianificazione. Il muro fu eretto per evitare l’emorragia che la DDR aveva subito di forze intellettuali, ingegneri, medici, professionisti, ma anche semplice forza lavoro, complessivamente due milioni e mezzo in 10 anni emigrarono, meglio fuggirono, ad ovest. Come dice l’ex dirigente del PCI Macaluso in una recente intervista “avremmo dovuto meditare tutti su questo, ma non lo facemmo”.

Purtroppo i muri crescono ancora, i sovranismi dilagano, rinasce prepotente una onda nera, soprattutto negli ex stati comunisti.

cms_20683/6.jpgPensiamo alla stessa Germania orientale dove il movimento neonazista AFD (Alternative fur Deutschland) ha percentuali inquietanti ed in qualche caso rischia di essere il primo partito. Sempre nella parte orientale della Germania è forte anche la Linke, il Partito di estrema sinistra che qualcuno giudica come nostalgico della DDR. In realtà non è così, è un partito anche di giovani di operai, di insegnanti, insomma di popolo, è addirittura il primo partito in Turingia, in antiche e famose città prussiane. Cosa è successo dunque nella Germania est dopo le grandi speranze di libertà e benessere, suscitate dalla caduta del muro e la riunificazione? Certo c’è libertà, il livello di vita è nettamente migliorato, ma dopo 30 anni sussiste ancora una disparità anche salariale, ma soprattutto un atteggiamento dei dirigenti dell’ovest che hanno considerato non solo le strutture inadeguate, ma anche i lavoratori, gli insegnanti, i medici. Una forma di umiliazione, disconoscimento delle qualità professionali e umane di quelle popolazioni. Si è trattato di una annessione, non di una riunificazione. Pensiamo solo all’immenso arsenale militare tutto, di produzione sovietica, armi di tutti i generi vendute alla Slovenia e alla Croazia, alimentando tra l’altro una guerra fratricida(ricordiamo che la Croazia è stata riconosciuta in primo luogo proprio dalla Germania e Vaticano). Due risposte alla protervia di questa riunificazione-annessione: una di difesa solidale, quella della Linke e l’altra razzista, che fa riferimento alla grande Germania del Reich.

La linke però non è solo nostalgia, poichè, su questo terreno sarebbe ben poca cosa, è stata invece la risposta a ciò che è stato vissuto come il tradimento delle speranze riposte nella riunificazione. Il primo dirigente della linke è stato Gisy, un giovane avvocato che era stato un dissidente nella DDR. Sotto la sua guida intelligente e vitale (pensate che si paracadutava negli spazi dei comizi), la Linke ha creato una rete di solidarietà, ha ridato fiducia ad un popolo depresso, costruendo cooperative, aiutando ad avviare attività, facendo corsi su come gestire aziende, redigere bilanci, insomma potremmo definirla come una esperienza "emiliana".

Il paragone ardito che mi viene in mente è con il Regno delle due sicilie e la sua annessione al Regno d’Italia, fatte le dovute proporzioni e differenze. Con Garibaldi, le popolazioni meridionali pensarono che fossero arrivati i liberatori, ma poi arrivarono i Piemontesi.

Luciano Chiolli

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