La Corte Europea dei Dititti dell’Uomo bacchetta lo Stato Italiano

Giustizia_14_3_2020.jpg

cms_16553/apertura.jpgBacchettata rumorosa sulle mani dello Stato Italiano da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) con la sentenza del 30/01/2020 che i lettori troveranno in allegato. Ribadiamo che in generale si può accedere alla Corte Europea da parte dei cittadini degli Stati membri quando costoro ritengono di non aver ricevuto giustizia dai Tribunali nazionali. La vicenda prende le mosse dai ricorsi presentati da alcuni dei settantamila italiani che sino al 1999 erano a diverso titolo inquadrati nelle scuole che dipendevano da Province e Comuni e che, nel gennaio 2000 (Legge n. 124/99), venivano posti alle dipendenze dirette del MIUR (Ministero istruzioni). Il cambiamento peggiora le loro condizioni economiche e alcuni non ci stanno. Le iniziative giudiziarie partono e mietono le prime sconfitte per lo Stato che, con la finanziaria del 2006 (articolo 1, c. 218, l. n. 266/2005), cambia le regole e rende vani i successi dei suoi dipendenti e antagonisti, imponendo una interpretazione della legge n. 124/99 tale che i giudici nazionali cambiano parere nei successivi gradi di giudizio e respingono le pretese dei ricorrenti. Costoro quindi ricorrono alla Corte di Strasburgo lamentando la violazione da parte dello Stato Italiano dell’art. 6 della CEDU (equo processo), dato che vi sarebbe stata una illecita interferenza legislativa per mutare il corso naturale dei giudizi. La Corte Europea ha dato ragione ai ricorrenti con una motivazione che sporca l’immagine dello Stato perché viene accusato diaver commesso un abuso, se non di aver barato. Non accadrà più?

Nicola D’Agostino

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