La Georgia al ballottaggio presidenziale

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È uno degli stati più giovani al mondo eppure già numerosi presidenti e, soprattutto, vicende politiche emblematiche e preoccupanti hanno scosso la storia della Georgia negli ultimi anni. Quando nel 1991 il Paese caucasico ottenne l’indipendenza dall’allora Unione Sovietica, fu subito chiaro che la regione sarebbe stata interessata da crescenti tensioni e divisioni interne; non tanto per mancanza di risorse in grado di far ripartire l’economia, quanto per lo scarso senso di democrazia dei propri leader politici. Dal ‘92 al 2003, alla guida della nazione vi fu Eduard Shevardnadze, un dittatore sotto la cui guida il Paese conobbe numerosi tentati colpi di stato e una guerra d’indipendenza (fallita) nelle regioni dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud, silenziosamente appoggiata anche da Mosca. Malgrado i numerosi tentativi di rivolta, tuttavia, a deporre Shevardnadze fu solamente la cosiddetta “rivoluzione delle rose”, un movimento filo occidentale capeggiato da Mikheil Saakashvili, presidente del Paese durante i successivi dieci anni.

Nel 2013 invece, si affacciò sulla scena politica un nuovo partito di centrosinistra, “Sogno georgiano”, fondato dal miliardario Ivanishvili e guidato dall’ex Ministro dell’Istruzione Giorgi Margvelashvili. Fu proprio quest’ultimo, dopo essersi imposto con ampio margine alle elezioni presidenziali, a guidare la nazione per i successivi cinque anni; al termine del suo mandato tuttavia, a sorpresa, Margvelashvili ha annunciato che malgrado la propria crescente popolarità non si sarebbe presentato alla successiva tornata elettorale, lasciando spazio a figure del suo partito più innovative e credibili.

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Come prevedibile, le elezioni in questione non hanno interessato solamente la popolazione georgiana, ma anche gran parte del mondo asiatico ed europeo: per la collocazione geografica della Georgia, posta proprio al confine fra Russia e Turchia, per la sua importanza strategica (il suolo nazionale è attraversato da svariati gasdotti collegati con l’occidente) e per il progetto, rilanciato con forza da numerose forze politiche, di avvicinarsi in maniera decisiva all’Unione Europea e alla Nato, sarà fondamentale comprendere chi guiderà il Paese in un momento così delicato. Curiosamente, però, nel corso della campagna elettorale questi temi sono stati quasi completamente trascurati; al contrario, l’agenda politica è stata dominata da questioni ed episodi di ben diversa natura: episodi che, per certi versi, sembrano più affini a un thriller politico che al mondo reale.

Tutto ebbe inizio nel mese di maggio, quando un giovane ragazzo di nome Subeliani, in seguito ad una rissa durante la quale rimasero uccisi due suoi coetanei, venne dapprima indagato e subito dopo prosciolto dalle accuse di omicidio. Fin qui nulla di strano, se non fosse per il fatto che a chiedere il proscioglimento era stato il dirigente dell’ufficio del procuratore di Tblisi, Mirza Subeliani… che, casualmente, era suo padre.

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Quasi subito, lungo le piazze della città si riversarono decine di migliaia di cittadini accomunati dalla richiesta di una magistratura più onesta e imparziale. Mirza Subeliani, con grande soddisfazione popolare, venne arrestato con l’accusa d’intralcio alla giustizia. Ma soltanto pochi giorni dopo, durante una conversazione intercettata, Subeliani stesso dichiarò che il suo arresto era solo una messa in scena concordata col governo per calmare la piazza, e che presto sarebbe tornato in libertà: spiegò di avere interi “terabytes” (dossier compromettenti) che avrebbero potuto distruggere la carriera di gran parte degli esponenti dell’esecutivo se non fosse stato accontentato. Aggiunse, tanto per non farsi mancare nulla, che in passato aveva autorizzato l’utilizzo della tortura per estorcere segreti politici ad alcune delle persone da lui interrogate e che aveva scoperto che l’ex Presidente Saakashvili, dieci anni fa, sarebbe stato il mandante dell’omicidio dell’allora avversario politico Badri Patarkatsishvili.

L’opposizione ha approfittato della vicenda per accusare “Sogno georgiano” di essere un partito colluso con la criminalità e di avere numerosi scheletri nell’armadio. I vertici di quest’ultimo, al contrario, hanno replicato che le accuse sono frutto di una mistificazione della realtà e che i cittadini sapranno rendersene conto.

A tutto questo, bisogna aggiungere che quelle in atto saranno le ultime elezioni presidenziali della storia della Georgia. A partire dai prossimi anni, infatti, il Paese abbandonerà il modello semipresidenziale per adottarne un altro in cui verranno concessi maggiori poteri al parlamento e il presidente verrà eletto non più dal popolo, ma da un collegio di trecento grandi elettori.

In questo clima di tensione e di controversie si è dunque arrivati al voto di domenica. Come prevedibile, nessun candidato ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti, pertanto per nominare il nuovo presidente sarà necessario ricorrere ad un ballottaggio che, secondo la costituzione nazionale, dovrà avere luogo entro un massimo di quaranta giorni. Ad affrontarsi saranno Salome Zurabishvili e Grigol Vashadzetenendo. La prima, ex ambasciatrice in Francia (Paese di cui ha anche ottenuto la cittadinanza) e grande amica del Presidente Chirac, ha ereditato da Margvelashvili la guida di Sogno georgiano. Al primo turno ha ottenuto il 38,7% dei voti, più di qualunque altro candidato ma meno di quanto le attribuissero i sondaggi, in caso di vittoria, diventerebbe il primo presidente donna della storia del Paese.

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Per realizzare il suo sogno, ad ogni modo, dovrà scontrarsi con Grigol Vashadzetenendo, ex ministro degli esteri: formalmente è un candidato indipendente, ma in realtà è appoggiato dal Movimento Nazionale Unito (il partito che rappresenta nelle sedi istituzionali la rivoluzione delle rose). Sessant’anni, sposato con la famosa ballerina georgiana Nina Ananiashvili, Vashadzetenendo ha ottenuto al primo turno il 37,7% dei consensi, appena un punto in meno rispetto alla sua avversaria, e spera adesso di poter riportare i filo europeisti al potere dopo cinque anni di opposizione.

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Chi non è invece riuscito ad accedere al ballottaggio è David Bakradze, ex presidente del Parlamento nonché un tempo esponente di spicco del Movimento Nazionale Unito, rispetto al quale tuttavia ha preso le distanze negli ultimi anni preferendo creare un partito tutto suo che, evidentemente, non ha avuto grande fortuna (per lui neppure l’11% dei voti).

Gianmatteo Ercolino

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