La Svezia fornisce aiuti alle vittime della siccità

9,9 miliardi di dollari. È questa la cifra che il governo svedese, attraverso l’agenzia per lo sviluppo e la cooperazione internazionale, destinerà ai contadini e agli allevatori del Sahel colpiti dalla siccità. A beneficiare di tali aiuti saranno ben sei nazioni diverse: il Burkina Faso, il Chad, il Mali, la Mauritania, il Niger e il Senegal. Tutti Paesi in condizioni di grande difficoltà a causa del clima arido degli ultimi mesi, della povertà e di una serie di conflitti che stanno logorando il territorio subsahariano.
Il 2017 è stato un annus horribilis per tali nazioni: l’aumento delle temperature e la conseguente siccità hanno decimato i raccolti e il bestiame creando, come sempre accade in situazioni di povertà, un inevitabile e perenne clima di tensione sociale, rivalità e odio fra i cittadini del luogo. Il 2018, dal canto suo, non promette di essere migliore; anzi, la situazione potrebbe ulteriormente degenerare da un momento all’altro. Forse è stato proprio per queste ragioni, oltre che per la propria naturale sensibilità, che il governo svedese ha dato vita ad una delle più massicce e significative azioni umanitarie della storia recente.
Gli scopi di questi aiuti sono molteplici. In primo luogo, l’intento è quello di offrire lavoro agli abitanti del posto che si trovano ad oggi a vivere in condizioni di povertà assoluta: si parla di oltre quattro milioni di persone costrette a soffrire la sete e la fame. Un numero che, al termine della torrida stagione estiva, potrebbero salire a 7 milioni a causa dell’impossibilità di coltivare i campi.
Inoltre, il programma promosso con la collaborazione della Fao cercherà di promuovere un clima di maggiore serenità all’interno delle nazioni. Il sempre più ristretto spazio a disposizione per allevare il proprio bestiame, infatti, sta creando nelle regioni non soltanto una serie di aspri conflitti fra gli allevatori, ma, cosa ben più drammatica, sta favorendo il contagio e la diffusione di malattie fra animali, causando la morte di migliaia di bestie e, conseguentemente, l’impoverimento dei loro proprietari. In questo senso, parte dei soldi devoluti dal governo svedese verrà destinata proprio alla vaccinazione e alla cura degli animali maggiormente a rischio.
Gli allevatori riceveranno inoltre foraggio e nuovi animali - principalmente pecore, capre e maiali -, in modo tale da poter risollevare la propria condizione economica fronteggiando l’incremento dal 2 all’8% di mortalità animale nel Sub-Sahara.
A queste misure mirate, ad agire sul breve periodo se ne alterneranno altre maggiormente incisive e, soprattutto, inclini a garantire un cambiamento radicale anche in un futuro non troppo vicino. Agli agricoltori subsahariani verranno messi a disposizione nuovi strumenti agricoli per la coltivazione di cereali e per la piantagione di diversi baobab (importantissimi per soddisfare le esigenze nutrizionali della popolazione locale). Verranno inoltre asportati svariati semi difficilmente reperibili in Africa e, più in generale, verrà offerto un contributo alla ricostruzione dei mezzi di sussistenza necessari.
Inoltre, in Mali oltre 24.000 persone trarranno beneficio da un ambizioso piano finalizzato alla riabilitazione dei sistemi di irrigazione, al recupero di numerosi pozzi d’acqua e ad un’attività di educazione in merito alla questione igienica.
“Il contributo della Svezia fornirà sostegno alle famiglie nel momento del maggior bisogno. Questo è il periodo in cui i granai si svuotano velocemente e gli allevatori hanno disperato bisogno di foraggio” ha dichiarato Dominique Burgeon, esperto di politiche agricole ed alimentari nonché direttore della divisione emergenza della Fao. Burgeon è un grande promotore ed uno dei simboli a livello internazionale delle cosiddette politiche della “resilienza”. Quest’ultimo è un termine che viene utilizzato sempre più spesso in merito alla situazione subsahariana. Resilienza non significa solamente la capacità di resistere, ma saper attendere con pazienza e dignità che le cose possano cambiare. E’ fondamentale per i popoli africani riuscire a non disperare neppure in un momento così difficile ma, al contempo, è indispensabile averne una visione nel lungo periodo per poter finalmente cambiare le cose in modo definitivo. In altre parole, il termine resilienza è divenuto non solo il simbolo della regione, ma perfino la parola chiave della strategia per risollevare il continente.
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