La crisi della politica
E’ dalla Conoscenza che può nascere il nuovo futuro

La politica italiana, per come finora l’abbiamo conosciuta, è arrivata a destinazione, complice, oltre alla regressione economica che si riverbera su animi e portafogli, una crisi ben più grave: quella dei valori e delle idee. Non ultimo il malaffare, spesso condito da una buona dose d’incompetenza. Se Tangentopoli, che esacerbò un momento internazionale assai complesso segnato dalla globalizzazione, dalla caduta del muro di Berlino e dalla crescita dei BRICS, gettò il Paese in una crisi di sistema, le vicende di corruzione sulle quali la Magistratura sta facendo luce, hanno confinato nel più oscuro sconforto chi nella politica, malgrado tutto, ha sempre creduto. Giovani incastonati in ideologie di destra o sinistra tese ormai a rubarsi opinioni per conquistare consensi, non credono più.
Come dar loro torto se il caposaldo di un qualsiasi leader dovrebbe essere proprio la coerenza? Giusto che un partito accordi la propria visione a logiche evolutive, ma se per farlo stravolge la sua ideologia, rischia di perdere credibilità, soprattutto se i concetti portati avanti non forniscono risposte adeguate ai problemi della collettività. Due sono gli obiettivi con i quali una rispettabile strategia politica si trova a fare i conti: entusiasmo e cognizione. Per scaldare gli animi bisogna scuoterli, scatenando, laddove necessario, anche qualche mal di pancia. Ma per convincere il popolo ad aggregarsi occorre che dietro i proclami della prima ora, si scorga un progetto del quale fidarsi. Il dramma sociale si chiama recessione. Per risolverlo serve competenza. In un sistema che funzioni, dev’essere la politica a dettare le regole d’indirizzo economico.
Se il sistema degli ultimi vent’anni ha prediletto l’immagine quale gestione strategica dell’impresa “partito” a modello verticale, oggi è necessario tornare sui contenuti, sviluppando un modello orizzontale che ponga in relazione aggregazione e know-how, attraverso meccanismi di progettazione partecipata, propri dell’era del co-working, della condivisione di idee e competenze, del sostegno reciproco, dell’innovazione. L’efficienza di un sistema passa necessariamente per il coinvolgimento di tutti e la co-gestione è un format che nelle grandi imprese a sfondo sociale si sta rivelando assai efficace. Una comunità unita, attiva e organizzata è capace non solo di alimentare quella passione, che è leva essenziale della crescita, ma di essere la culla di una ritrovata dignità di popolo. Era quel senso di grandezza che intrideva le foto color seppia degli avi a fine ‘800, giunte, non senza qualche stropicciatura, ai giorni nostri.
L’entusiasmo che pervase quei decenni coronò per lo sviluppo uno straordinario successo. Da paese povero l’Italia s’industrializzò, mantenendo una peculiare connotazione manifatturiera e agricola. L’unificazione, dalla quale prese avvio l’ascesa che condusse al take off giolittiano, non riuscì mai però a correlare interamente Nord e Sud che ancora oggi appaiono distinti per cultura e vocazione economica.
L’Italia, fortemente imbrigliata dai rigidi precetti di Maastricht e del fiscal compact di un’Europa che disincentiva la crescita degli Stati periferici, creando disequilibrio e stagnazione e che va assolutamente ripensata, deve ritrovare nella politica fiducia e fervore. Occorre un progetto del “fare” che valorizzi tanto i promettenti comparti agricolo e turistico del Sud, quanto l’industria del Nord e che sviluppi comunicazione tra le varie regioni, da intendersi ciascuna quale grande serbatoio di potenzialità. Collegamenti viari, ferroviari e marittimi che possano incentivare il trasporto di materiali, favorendo gli scambi commerciali tra Oriente e Nord Europa. La rinascita va costruita in relazione al valore intrinseco del territorio, accordandola a sviluppo infrastrutturale e ridistribuzione del reddito, non ultimo l’alleggerimento della pressione fiscale.
Il Paese deve crescere.
L’aumento di pochi punti percentuali previsto dal DEF non può portare l’arresto della regressione.
Affinché ciò avvenga è necessario che nelle famiglie e nelle imprese torni la propensione all’acquisto, mediante un’iniezione di fiducia che solo una tassazione più bassa potrebbe garantire.
Il sistema fiscale deve essere semplificato in modo da attrarre anche denari esteri dei quali oggi c’è un gran bisogno. Occorre ripartire dai grandi investimenti affinché innovazione tecnologica e capitale possano portare l’Italia alla riconquista del ruolo strategico che le compete sullo scacchiere economico e politico d’Europa.
C’è bisogno di regolamentare l’immigrazione, di esercitare una posizione di forza nel dibattito internazionale, applicando controlli contro il terrorismo, a tutela della Nazione e di tutti gli Stati membri.
C’è necessità di una solidarietà vera, orientata all’integrazione sociale attraverso il lavoro e l’istruzione che sappia creare valore aggiunto, arginando il conflitto.
L’Italia può farcela solo tornando ad essere credibile, riportando l’etica nelle istituzioni e incentivando la cultura, poiché è solo attraverso tali valori che l’evoluzione diviene possibile. Ed è solo così che si può guardare con fervore e cognizione al futuro, elaborando un progetto di effettivo risanamento del Paese. Non v’è eredità più preziosa di quella custodita nell’asserto “Conoscere per deliberare”, col quale Luigi Einaudi ha inteso introdurre un metodo. A noi sta applicarlo, portandolo a nuova gloria perché colpita a morte dalla cattiva gestione non è stata solo l’Italia, ma anche e soprattutto la Conoscenza.
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