L’EUROPA BACCHETTA L’ITALIA

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cms_508/parlamento-europeo_petizione_aborto.jpgAncora donne. Ancora diritti violati. Ancora una volta l’Europa che interviene per stabilire la corretta applicazione di una legge in territorio italiano. Questa volta il tema è la legge 194 sull’aborto e il tasso abnorme di medici obiettori di coscienza. Dopo circa un anno e mezzo dal ricorso, presentato nel novembre 2012 dalla Cgil insieme ad altre associazioni, tra cui l’International planned parenthood federation european network, l’8 marzo scorso, proprio nella Giornata internazionale della donna, l’Europa ha condannato l’Italia perché l’elevato numero di obiettori di coscienza rende inapplicabile la l egge 194.

cms_508/images.jpgLa violazione della Carta sociale è dovuta, più precisamente, all’articolo 9 della legge che, nel regolare l’obiezione di coscienza degli operatori sanitari, non indica le misure concrete che gli ospedali e le Regioni devono attuare per garantire un’adeguata presenza di personalenon obiettore in tutte le strutture sanitarie pubbliche, in modo da assicurare l’accesso alla procedure per l’interruzione di gravidanza. Già in una sentenza del 26 maggio 2011, la Corte Europea ha dichiarato che “gli Stati sono tenuti a organizzare i loro servizi sanitari in modo da assicurare che l’esercizio effettivo della libertà di coscienza dei professionisti della salute non impedisca ai pazienti di accedere a servizi a cui hanno legalmente diritto”.

cms_508/download.jpgPrima del 22 maggio 1978, data in cui fu approvata la legge sull’aborto 194/78, la disciplina penale considerava l’aborto provocato intenzionalmente come un reato per il quale erano previste sanzioni piuttosto severe contenute nel titolo X del libro II del codice penale. Con la disciplina italiana sull’aborto decadono i reati previsti dal titolo X e si consente l’interruzione della gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione, nei casi in cui la prosecuzione costituisca gravi rischi per la salute psico-fisica della donna. Sono trascorsi circa 36 anni da allora e la legalizzazione dell’aborto non ha mutato di molto la rappresentazione culturale dell’aborto rispetto al modo in cui l’ordinamento l’aveva ereditata dal fascismo. E se non cambia il giudizio morale, una legge viene poi schiacciata – come di fatto è accaduto – dal doloroso macigno di vergogna e di condanna.

cms_508/EMBRIONE_.jpgL’ossessione per l’embrione e quella tutela della stirpe tanto cara al Codice Rocco permangono come ombre e alimentano la ancora persistente condanna morale e la considerazione dell’aborto come innaturale. Perché tra i suoi più acerrimi nemici, la legge 194 si ritrova proprio uno dei suoi articoli, quello che prevede la possibilità per gli operatori sanitari di sollevare obiezione di coscienza ed essere così esonerati dalle procedure abortive. Infatti, ancora oggi, le percentuali degli obiettori di coscienza sono gli strumenti più potenti di dissuasione. E non solo. Di dissuasione e di disservizi. Basti pensare che a circa 36 anni di distanza, ci sono reparti e intere città in cui non c’è nessun operatore a garanzia del servizio, nonostante la legge 194 obblighi ad assicurarlo.

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La questione principale nella discussione dell’aborto porta sullo statuto morale dell’embrione, vale a dire l’embrione è un “uomo” con diritti paragonabili a quelli di una persona già nata? A tale proposito, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha sentenziato che “non c’è consenso in Europa sulla definizione legale e scientifica sull’inizio della vita e quindi non sarebbe né auspicabile, né possibile rispondere alla domanda se il feto sia una persona ai sensi dell’articolo 2 della Convenzione (Ogni persona ha diritto alla vita)”. Pertanto, definire quando inizia il diritto alla vita rientrerebbe nel margine di discrezionalità dello Stato. Certo, viene da dire che l’”inizio della vita” non è sinonimo dell’”inizio della persona”. Perché la vera questione non è quando ha inizio la vita, ma da quale momento si è persona. Tra l’altro, nessuno Stato accorda alla vita prenatale un diritto assoluto alla vita. Piuttosto, non credo possa essere di alcun beneficio una maternità forzata né alla mamma né al futuro nascituro, il quale ultimo merita le cure e le attenzioni di genitori che hanno scelto con libertà e consapevolezza di diventarlo. Proteggere la vita non è proteggere l’embrione ad ogni costo; proteggere la vita significa proteggere le aspirazioni e le prospettive di vita delle donne. Ma, soprattutto, significa prevenire gravidanze indesiderate e favorire la possibilità che ogni bambino sia desiderato e amato.

cms_508/Scelgono_le_Donne_.jpgC’è un gran bisogno ora in Italia, come è accaduto nella vicina Spagna, la quale per giorni ha assistito a dure manifestazioni di piazza contro il progetto di legge di riforma dell’aborto, di donne unite per dire NO alla strategia dell’obiezione di coscienza e alla chiusura sistematica dei consultori. Di donne unite per dire NO al ritorno della barbarie.

Mary Divella

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