L’IMPATTO DELLA PANDEMIA SUI BAMBINI E SUGLI ADOLESCENTI

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L’emergenza epidemiologica che stiamo vivendo, oltre agli innumerevoli disagi che ha innescato nei già vulnerabili ingranaggi del sistema sanitario, sociale, politico e scolastico, ha messo anche in luce tutte le criticità di una particolare fascia di età, quella infantile e adolescenziale, sgretolando i pregiudizi e gli stereotipi propri del mondo degli adulti nei confronti di questa particolare categoria. Tutti i dati in letteratura ci parlano chiaro: le restrizioni, la chiusura delle scuole, gli isolamenti domiciliari a singhiozzo e le lunghe quarantene, hanno determinato un peggioramento della salute mentale dei nostri ragazzi e il loro benessere psicofisico ne è profondamente influenzato. Nonostante gli importanti progressi nella prevenzione, nella diagnosi e nel tracciamento precoce dei casi, e a prescindere dall’aumento del numero di individui vaccinati nella popolazione adulta e dalla obbligatorietà della vaccinazione del personale scolastico, ancora molti interrogativi rimangono aperti per legittimare una previsione ottimistica sull’andamento pandemico nel prossimo futuro, a partire dalle conseguenze che l’impatto delle nuove varianti con la copertura vaccinale, potrà avere sulla governance attuale e sulle scelte delle policy scolastiche. Le indicazioni ministeriali per la riapertura in sicurezza dell’anno scolastico 2021-2022 hanno dichiarato che un ritorno nelle istituzioni educative, in presenza, è possibile e auspicabile.

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La scuola ha da sempre avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della vita psichica e sociale dei nostri figli e ragazzi, connotandosi come un vero e proprio contenitore emotivo che dobbiamo tenere con tutte le forze attivo, in quanto luogo di aggregazione e di amplificazione del vissuto degli educandi. Pensare alla scuola solo come luogo di trasferimento delle competenze è un errore gravissimo ed è su questo punto nevralgico, che si sono viste le fragilità della didattica a distanza, sebbene sia stata una risposta necessaria e indispensabile, data l’emergenza sanitaria, permettendo di ripristinare un continuum di stimoli e contenuti. Tra i banchi, seppur distanti, ci si confronta, si dibatte, ci si sente parte di una famiglia allargata, si filtrano le frustrazioni e si trovano con spirito di intraprendenza possibili soluzioni a problemi condivisi. L’Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE Rapporto 2021), ha organizzato due webinar multidisciplinari sul tema Covid e Scuola, chiamando in causa molteplici responsabilità politiche e istituzionali. Sicuramente è importante quantificare l’impatto della pandemia sulla popolazione infantile e adolescenziale, cercando di interpretarne le cause e prevederne le conseguenze, identificando misure preventive efficaci e costruendo reti di alleanze all’interno delle quali discutere come meglio tutelare la salute dei ragazzi.

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Dall’ultimo rapporto UNICEF sull’infanzia, il disagio mentale dei ragazzi e degli adolescenti risulta in aumento. Nei ragazzi con oltre 10 anni, su più di 1 adolescente su 7 viene fatta una diagnosi di disturbo mentale: tra questi 89 milioni sono ragazzi e 77 milioni sono ragazze, 86 milioni hanno tra i 15 e i 19 anni e 80 milioni hanno tra i 10 e i 14 anni. L’ansia e la depressione rappresentano il 40% dei disturbi diagnosticati.

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Secondo i primi risultati del sondaggio internazionale condotto tra bambini e adulti dall’UNICEF in 21 paesi – come anticipato ultimamente ne ”La Condizione dell’infanzia nel mondo” – una media di 1 giovane su 5 tra i 15 e i 24 anni ha dichiarato di sentirsi depresso abbastanza spesso o di avere poco interesse nello svolgimento delle proprie attività. Su questo punto, certamente la pandemia ha avuto un suo ruolo, aumentando il disagio e la sofferenza personale dei ragazzi. In parallelo il dramma dei suicidi: circa 4000 ogni anno in Italia, prevalentemente tra i ragazzi maschi (80%). Questo problema è di grande rilevanza, ed è chiaramente esplicitato dalla realtà giapponese, dove durante l’epoca Covid sono morti per suicidio circa 21.000 persone, un numero impressionante se paragonato ai 3.459 decessi correlati al coronavirus nello stesso periodo. In termini assoluti sono numeri preoccupanti e denotano come la necessità di fuggire da un disagio interiore intollerabile, da emozioni tanto negative da non essere gestibili è condizione magari preesistente che però la pandemia ha accentuato, pur non rappresentandone necessariamente la causa.

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La comprensione e la presa in carico dei disturbi cognitivi dell’infanzia e dell’adolescenza e delle nuove e aumentate domande di salute fisica e mentale emerse dopo quasi 2 anni di pandemia, dimostrano quanto siano urgenti gli investimenti nella salute mentale in modo particolare per bambini e adolescenti e non solo nel settore sanitario ma in tutti gli ambiti, per costruire finalmente un approccio globale al benessere psicologico.

Anna Maria Stanca

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