L’INTESTINO? UN “SECONDO CERVELLO”

La flora batterica influenza la salute psico-fisica e il comportamento umano

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Per giustificare le vostre naturali attitudini, ammettete spesso di ragionare più “di pancia” che “di testa”? Ebbene, potrebbe trattarsi di una mezza verità. Pare, infatti, che le nuove frontiere della ricerca neuroscientifica stiano accogliendo con grande entusiasmo la prospettiva di un asse microbiota-intestino-cervello.

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Come già noto, cervello e apparato gastrointestinale sono direttamente collegati dal cosiddetto nervo vago, responsabile della stimolazione del rilascio di bile e succhi gastrici, oltre che della motilità gastro-intestinale (la cosiddetta “peristalsi”). Ciò costituisce la ragione per cui, se sottoposti a una situazione di forte stress, sentiamo “chiudersi lo stomaco” e bloccarsi le attività digestive. “Sappiamo che, per quanto il concetto possa apparire inadeguato, il sistema gastroenterico è dotato di un cervello. - sostiene Michael D. Gershon, docente di anatomia e biologia cellulare della Columbia University (Usa) - Lo ‘sgradevole’ intestino è più intellettuale del cuore e potrebbe avere una capacità ‘emozionale’ superiore. È il solo organo a contenere un sistema nervoso intrinseco in grado di mediare i riflessi in completa assenza di input dal cervello o dal midollo spinale. Basti pensare che l’intestino, pur avendo solo un decimo dei neuroni del cervello, lavora in modo autonomo, aiuta a fissare i ricordi legati alle emozioni e ha un ruolo fondamentale nel segnalare gioia e dolore. Non a caso le cellule dell’intestino producono il 95% della serotonina, il neurotrasmettitore del benessere”.

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Ma una rivelazione ben più sorprendente è arrivata nel 2004, con uno studio della Kyushu University (Giappone): i risultati di laboratorio svelarono che i topi germ-free (allevati in ambiente sterile, dunque privi di batteri intestinali), quando sottoposti a situazioni stressanti, producevano il doppio del cortisolo rispetto ai roditori dotati di una normale flora batterica. Simili evidenze sono emerse anche dagli studi condotti sull’uomo, anche se non è ancora stato individuato il nesso causale che lega la produzione dell’ormone dello stress allo stato del microbiota, l’insieme dei microrganismi del tratto intestinale.

Diversi ricercatori hanno recentemente indagato la correlazione scoperta nel 2004, ottenendo risultati conformi all’ipotesi di partenza: i batteri intestinali sarebbero coinvolti nell’insorgenza di alcuni disturbi mentali e neurologici, come la depressione, l’autismo e il morbo di Parkinson. Un’équipe dell’Università di Cork (Irlanda), impiantando nell’intestino di ratti sani i batteri prelevati da alcuni conspecifici affetti da depressione, ha osservato nei primi il manifestarsi di sintomi disforici. I roditori non mostravano infatti alcuna attenzione nei confronti di stimoli piacevoli (nell’esperimento furono presentate alcune gocce di acqua zuccherata, di cui normalmente vanno ghiotti): un comportamento molto simile a quello dei soggetti umani che soffrono di depressione.

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Uno studio-pilota condotto da Anne Gregory, della Ohio State University (Usa), ha svelato gli effetti positivi del trapianto di flora batterica su 18 pazienti autistici. Questi ultimi, come la maggior parte dei soggetti costretti a convivere con la sindrome, presentavano svariati disturbi a carico dell’apparato gastro-intestinale. Con grande entusiasmo da parte della comunità scientifica, il risultato dell’indagine ha convalidato tutte le ricerche che, osservando il microbioma dei soggetti malati, ne avevano rilevato anomalie rispetto a quello degli individui sani. In particolare, nei 18 autistici sottoposti alla terapia si riscontrò un incremento delle capacità relazionali e una netta riduzione dei problemi del sonno, aspetti cruciali nell’ambito di una patologia tanto complessa.

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Nel gennaio del 2015, l’Università di Helsinki (Finlandia) individuò nei pazienti affetti da morbo di Parkinson il 77,6% in meno di batteri appartenenti alle Prevotellaceae rispetto ai soggetti di controllo. Più recentemente, un team di ricercatori dell’Università dell’Alabama (Usa) ha evidenziato non solo una diversa composizione del microbioma - nel numero e nella tipologia di batteri della flora intestinale -, ma anche una differente risposta degli stessi ai trattamenti medici e alla “depurazione” dell’organismo dalle sostanze inquinanti. Ciò spiegherebbe l’alta incidenza della patologia tra coloro che lavorano nel settore primario, specialmente in ambito agricolo: l’esposizione a grandi quantitativi di pesticidi e altre sostanze chimiche potenzialmente dannose altera la loro flora batterica, evidentemente coinvolta nell’insorgenza del morbo. Le parole del professor Haydeh Payami, a capo dell’équipe di professionisti dell’Alabama, riassumono le conclusioni a cui si è giunti partendo dalle ultime evidenze scientifiche: “Sappiamo che una flora intestinale equilibrata è fondamentale per il mantenimento della salute generale e le alterazioni nella composizione della flora intestinale sono storicamente collegate a una serie di disturbi”.

cms_9265/6.jpgCome agisce quindi la flora batterica sul nostro organismo, modificandone l’equilibrio psicofisico? Le ipotesi, per il momento, sono tante e differenti, spesso persino discordanti tra loro. Secondo un nutrito gruppo di ricercatori, la flora batterica sarebbe in grado di influenzare la produzione di serotonina tramite alcuni metaboliti, oltre che attraverso il già noto nervo vago e i neuroni ad esso afferenti. Alcuni sostengono che il microbiota sia in grado di intervenire, piuttosto, sul metabolismo e dunque sulla disponibilità di serotonina, in una fase successiva rispetto al rilascio del neurotrasmettitore. Altri ancora considerano il coinvolgimento dei batteri intestinali nell’attivazione di diversi neurotrasmettitori, fortemente legati alla regolazione dell’umore e dei processi cognitivi, quali dopamina e noradrenalina. Qualunque sia il nesso causale implicato nella contaminazione tra intestino e sistema nervoso, alla luce delle recenti scoperte scientifiche non possiamo che acquisire una nuova e importante consapevolezza: qualsiasi alterazione a carico della flora batterica, che sia dovuta all’assunzione di antibiotici o alla presenza di microrganismi patogeni, potrebbe influenzare fortemente il nostro stato neuro-fisiologico, nonché il nostro stesso comportamento. Si rivela ad oggi ancora valido, quindi, l’antico e celebre proverbio latino che recita: Mens sana in corpore sano, “la mente è sana in un corpo sano”.

Federica Marocchino

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