L’OPINIONE DEL FILOSOFO

Albert Camus, o il gran grido della ribellione umana (Parte Prima)

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Nel cuore del discorso di Camus. Dell’enigma e della luce

"Nel mezzo all’inverno apprendevo finalmente che c’era in me un’estate invincibile".(L’estate)

"Più che la ribellione contro gli dèi, ciò che per noi ha senso, è questa prolungata ostinazione". (L’estate)

cms_24338/2_1641174968.jpgL’estate, un’ austera collezione di saggi edita nel 1954 da Gallimard, è impregnata della sensibilità e moralità di Albert Camus, scritto in prima persona, quasi un messaggio postumo, un testamento spirituale, è il libro più impegnato e autentico di questo cittadino algerino di cultura francese, che fa della vita un’ avventura seduttrice e sensuale, anche se assurda e senza senso : "Sempre ho avuto la sensazione di vivere in alto mare, minacciato, nel cuore, da una regale felicità"- così finisce L’estate, in una "felice" angoscia d’essere.

In questo prezioso testo, frutto di un fecondo estro creativo, si trovano concentrati tutti i motivi della vita e della scrittura di Albert Camus: "Ogni uomo - afferma - può vivere solo l’estate dei suoi tempi e del tempo", eppure: "Ogni uomo può vincere l’inverno, ogni uomo può reinventare il fuoco. L’azione rivoluzionaria di inventare il fuoco, con la sua invocazione al principio, con il suo ritorno all’alba della storia, rimanda ad ogni inizio, a ogni riapprendimento, a ogni tentativo di rivivere".

cms_24338/3v.jpgNel saggio centrale, Prometeo agli inferi (Prométhée aux Enfers, 1946), Camus suggerisce che dobbiamo tornare a inventare il fuoco, riconoscendo in Prometeo che si ribella agli dèi, a Zeus ed alla sua legge, il modello dell’uomo contemporaneo. Camus identifica Prometeo con l’uomo intero, pieno di altruismo e amante della libertà, e perciò ribelle ostinato. Ciò nonostante: "Più che la ribellione contro gli dèi, ciò che per noi ha senso, è questa lunga ostinazione", che si esprime nell’opposizione feconda, nella ri-significazione perenne del conflitto tra l’uomo e la legge, tra la natura ed il destino. Nel centro del suo universo, non c’è il non senso, ma l’ enigma, cioè un senso che si decifra male, perché abbaglia.

Non arrendersi davanti all’inverno del mondo, cercare la vera patria, è il messaggio di Camus. Dal semplice all’universale, il mondo può essere riassunto in una vita o in una luce accesa. I miti non hanno vita in se stessi, attendono che noi li incarniamo. In quanto un solo uomo risponda alla chiamata, i miti ci offrono la loro sostanza, intatta e feconda. E Camus, nelle sue riflessioni insiste: gli uomini di cui parlo, sono anche figli della giustizia. Anche loro soffrono la sventura di tutti. Sanno che c’è una giustizia cieca, che la storia non ha occhi e pertanto, bisogna respingere la sua giustizia e sostituirla, nella misura del possibile, con lo spirito.

cms_24338/4v.jpgL’uomo di oggi ha scelto la storia, non potendo ignorarla, però, invece di metterla al suo servizio, acconsente ad essere suo schiavo. Così tradisce Prometeo, questo figlio del pensiero coraggioso e dal cuore libero. Prometeo volle salvare gli uomini dalla loro miseria "per troppo amore". Grazie a questo amore, Prometeo ritorna nel nostro secolo: "(Prometeo)pensa che si possono liberare contemporaneamente i corpi e le anime. L’uomo attuale crede che prima si debba liberare il corpo, anche quando lo spirito debba provvisoriamente morire". Il mito di Prometeo invece, ci ricorda che ogni mutilazione dell’uomo - nel corpo o nello spirito - è per forza provvisorio e niente nell’uomo si arrende, se non si arrende nella sua totalità.

Sottomesso al raggio ed al tuono divini, l’eroe incatenato conserva una fede tranquilla nell’uomo...in questo modo, finisce per essere più duro della roccia e più paziente dell’avvoltoio che ne dilania le carni. Prometeo si fa carico di un rapporto con Zeus, che non vuole sia legato alla forza ed al potere, ridisegnando il suo rapporto con il mondo, nell’ incrollabile determinazione di sottrarre il fuoco agli dei per darlo agli uomini, e accettando "l’ingiustizia che io soffro" (Eschilo, Prometeo incatenato), l’ingiustizia che egli soffre, si ribella all’ordine ed alla giustizia di Zeus, eroe tragico e romantico, eroe poetico, cosciente che l’arte è tanto più debole del destino, pur tuttavia si fa anelito vivente e insopprimibile della dignità della persona umana.

cms_24338/5v.jpgIn questa mirabile scelta Camus riconosce la ribellione, l’ostinazione, "quella ammirabile volontà di non scartare né escludere nulla di quanto sempre ha conciliato e ancora concilierà il cuore addolorato degli uomini, con le primavere del mondo". Le parole di Camus sono così un soffio dello spirito umano, che vuole e spera. Non contiene la forza propulsiva né il potere della divinità, però invoca le gesta umane: "Il nostro compito di uomini è quello di trovare le scarse formule che possono calmare l’ angoscia infinita delle anime libere. Dobbiamo rimediare a ciò che è stato strappato, far sì che la giustizia si possa immaginare, in un mondo tanto chiaramente ingiusto, che la felicità abbia un senso per i popoli avvelenati dall’infelicità del secolo".

E Camus ripete: questo mondo è avvelenato di infelicità e sembra compiacersene, consegnato completamente a ciò che Nietzsche chiama "spirito di gravità". Non tendiamo la mano all’ infelicità. È inutile piangere sullo spirito, bisogna lavorare per lui. Lo spirito - come il nihilismo - ritorna come tema ricorrente di una ricerca constante e irriducibile che non conosce la resa: "Nel più profondo del nostro nihilismo - scrive Camus -, ho cercato le ragioni per superare quel nihilismo. E non per virtù, in assoluto, né per una rara elevazione dell’ anima, ma per fedeltà istintiva a una luce nella quale sono nato e nella quale da mille di anni gli uomini hanno appreso a salutare la vita fino alla sofferenza".

La luce natia acceca, ma anche salva. Nel centro della nostra opera, anche se è nera, splende un sole accecante - aggiunge Camus –, anche se questo troppo profondo splendore non offre niente all’anima e non resta che un piacere smisurato: "Allora si vorrebbe tornare allo spirito...(...)... anche se gli uomini di questa terra, dell’Algeria, la mia patria - e lì sta la loro forza - hanno più cuore che spirito”.

cms_24338/6v.jpgA tutto questo, Camus cerca una risposta, nel tentativo di superare il nihilismo e incontrare il proprio destino: "Abbiamo imparato che c’è una luce alle nostre spalle, che abbiamo bisogno di tornare a rompere ciò che ci condiziona, per guardare di fronte la luce, e che il nostro compito è cercare attraverso tutte le parole, la maniera di nominarle. Ogni artista, senza dubbio, cerca la sua verità". (1950)

Per questo, Albert Camus è uno scrittore essenzialmente dell’ umano, no del nihilismo: "Senza andare al fondo delle cose, bisogna tuttavia sottolineare che, così come non c’è materialismo assoluto, (...) non c’è nemmeno nihilismo totale. Dallo stesso momento in cui si dice che tutto è un non-senso, si finisce per dire che tutto ha senso".

(continua)

Gabriella Bianco

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