L’UNITA’ DI IERI, DI OGGI E DI DOMANI: AUGURI ITALIANI!

Recuperare lo spirito patriottico nell’era della divisione

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Come ogni anno, si celebra oggi in Italia una delle più longeve e controverse giornate nazionali. La Festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate ha attraversato decenni di storia del nostro Paese - dal Fascismo alla Repubblica, passando per l’età liberale - senza abbandonare lo spirito di raccoglimento e orgoglio collettivo con cui fu concepita nel lontano 1919. Nata con l’intento di celebrare la vittoria dell’Italia nella Grande Guerra e il completamento dell’Unità Nazionale, nel 1921 assunse un significato inedito e profondo: il 4 novembre di quell’anno, il Milite Ignoto (la salma di un militare caduto nel corso del primo conflitto mondiale, le cui ferite ne resero impossibile il riconoscimento, ndr) trovò sepoltura presso l’Altare della Patria, a Roma, dove tuttora le nostre autorità gli rendono omaggio nelle occasioni che richiamano all’identità ed unità nazionale, come quella odierna. La cerimonia di sepoltura del soldato, divenuto l’emblema dell’abnegazione di tutti coloro che hanno perso la vita in battaglia, è stata l’evento patriottico più seguito della storia del nostro Paese, capace di radunare un milione di cittadini in un sentire comune di commozione e onore.

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Saremmo capaci oggi di replicare una partecipazione tanto massiccia in nome del suolo che occupiamo e della cultura che ci accomuna? Probabilmente no. Sebbene la guerra sia, per nostra fortuna, solo un ricordo lontano, la Penisola appare attraversata da lotte intestine, opinioni divergenti, spinte indipendentiste che minacciano quell’Unità a cui si anelava poco più di 150 anni fa. Ebbene sì: anche se oggi è difficile da credere, la nostra storia parla di un popolo che ha desiderato ardentemente essere unito e libero, di gente che ha sacrificato la propria vita rincorrendo il sogno di una Nazione che potesse dirsi compatta nel sentire e nell’agire. L’aver raggiunto quest’ambizione ha reso gli italiani, generazione dopo generazione, sempre meno attaccati ai valori - forse anacronistici - della Patria. I tempi di pace hanno spento anche i più ferventi ideali patriottici: come teorizzava il sociologo ante litteram Alexis De Tocqueville al termine dei suoi studi negli Stati Uniti, le forme di governo democratiche espongono i cittadini a ondate di individualismo e mediocrità, nella misura in cui, chiuso ormai il campo di guerra, non ha più senso la ricerca dell’onore nazionale. Si cade così nel soddisfacimento infantilistico dei propri bisogni, ciascuno ben trincerato nella propria “zona comfort”, in cui a contare è sempre l’Io, mai il Noi. Il concetto di “popolo” perde ogni connotazione morale, finendo per rappresentare la mera condivisione di uno spazio circoscritto.

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In questa giornata di festa, tuttavia, le bandiere torneranno a sventolare tra le mani di adulti e bambini, intenti a scorgere nel cielo le spettacolari frecce tricolori. I cittadini scenderanno in piazza per celebrare l’Italia e le Forze Armate, che quotidianamente la difendono con il proprio lavoro. Lo spirito patriottico di un popolo che tanto ha sofferto e combattuto per restare unito giace sotto le ceneri di quella stessa temperie culturale che sembrava averlo soffocato del tutto. Più forte di prima può tornare a far battere i nostri cuori all’unisono, purché, con determinazione e sforzo, lo si adatti alle esigenze del nostro millennio, trovando nuovi valori nelle idee dei giovani ed ancorandoci saldamente alle radici dei più saggi. Parafrasando una delle più celebri frasi pronunciate da Massimo D’Azeglio, è necessario “ri-fare” gli italiani, dare un senso nuovo a quell’italianità che tanto c’invidiano in altre parti del mondo. La nostra coscienza collettiva non è da seppellire, ma da alimentare, superando innanzitutto l’inutile dicotomia nord-sud che ancora sembra dominare il mondo della televisione e dei media in generale. Siamo tutti italiani, negli stessi termini in cui, su questa Terra, siamo tutti umani: ogni differenza sostanziale - anche quelle dovute alle “inflessioni” regionali, non solo linguistiche - va protetta e sfruttata per costruire ponti, nuove risorse di solidarietà e collaborazione. Le voragini dell’odio e della discriminazione, al contrario, non possono che risucchiare in una spirale di frustrazione anche (e soprattutto) chi ne è artefice.

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Che questa giornata possa, in nome di quella “corrispondenza d’amorosi sensi” che ci appartiene fin dalla notte dei tempi, diradare le occasioni di scontro in favore di una Unità nuova, vera, spontanea.

Auguri a Noi, italiani!

Federica Marocchino

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