M5S-LEGA, VERSO L’ACCORDO

Arriva il programma: dalla Flat tax allʼEuropa, al dossier Ilva, passando dalla riforma Fornero

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Dopo la prima trattativa, sembra essere più vicina l’intesa tra Lega e Movimento Cinquestelle sul patto, suddiviso per punti, che dovrebbe essere alla base del governo sostenuto dalla nuova maggioranza giallo verde. I punti inseriti nella bozza del contratto sarebbero saliti a 22 e, stando alle indiscrezioni, tra questi ci sarebbe flat tax (con due aliquote), ambiente, difesa, esteri, immigrati, giustizia e sicurezza (riforma della legittima difesa e costruzione di nuove carceri). Sostanziale accordo su legge Fornero e reddito di cittadinanza, banche e salario minimo, oltre al no alla chiusura dell’Ilva di Taranto.

cms_9194/contrattolegam5s.jpgUn punto, quest’ultimo, che era stato chiesto con forza dai Cinquestelle sul quale alla fine avrebbe prevalso la linea della Lega. Il patto, poi, quando siglato, passerà al voto sulla piattaforma Rousseau. Sarebbe facile, visti i precedenti, ironizzare sui programmi del M5s sottoposti al voto dei militanti, ma la vera domanda è: se il patto fosse bocciato, cosa succederebbe? Intanto il M5s si scopre a favore della flat tax, norma fortemente gradita a Berlusconi, che secondo fonti grilline “presenta enormi benefici sul ceto medio”. Il rischio vero è che, tra gli alti e i bassi, Salvini e Di Maio non trovino l’accordo o che tale accordo venga bocciato dalla base grillina e che, come ha ripetuto il leader del M5s, si porti il Paese alle elezioni. Il rischio è reale, perché al di là dei sorrisi di facciata e delle battute sui passi avanti, lo stallo continua.

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I due leader insistono sui “temi”, ma il nodo è su chi sarà a realizzare il programma di governo. Tutti sappiamo infatti che il presidente del Consiglio è il motore del governo e non si può dunque pensare che sia una figurina calata a Palazzo Chigi per fare le veci di Di Maio e Salvini. Il nodo cruciale è proprio sui nomi, non solo quello del premier, ma anche quello dei ministri più importanti, tra cui il ministro dell’Economia.

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Le preoccupazioni del Presidente Mattarella sui conti pubblici e sulla necessità che il Paese si muova sui binari europei si scontrano con la voglia di Salvini di proporre un ministro dell’Economia antieuro ( il nome di Claudio Borghi è sempre forte nel totonomi e sarebbe gradito anche al M5s). Sui ministri c’è anche lo spettro Berlusconi: cosa avrà chiesto per far partire il governo giallo-verde? Presumibilmente qualche figura a lui vicina in dei ruoli di governo (alcuni commentatori ipotizzano tre ministri di area).

cms_9194/Poltrona-vuota-quirinale.jpgComunque, nella ridda di voci e ipotesi, si sarebbero ridotte quasi a zero le chance che a Palazzo Chigi arrivi Giampiero Massolo, ex segretario generale alla Farnesina, ai vertici dei Servizi e oggi presidente di Fincantieri, giudicato anche dalla base “fin troppo uomo di apparato e di sistema”. Sembrerebbero invece ancora in pista l’attuale segretario generale agli Esteri, Elisabetta Belloni, come pure il professor Giacinto Della Cananea.

Lo stesso vale per il leghista Giancarlo Giorgetti così come resta sempre possibile, ma improbabile, l’ipotesi di una staffetta fra i due leader. Decisamente in calo le quotazioni di Enrico Giovannini, ex ministro del Lavoro nel governo Letta, e quelle di Carlo Cottarelli, ex commissario alla spending review. Quello che pare certo è che né Salvini né Di Maio saranno presidente del Consiglio del nascituro governo grillo-leghista. Pare che, dall’incontro di ieri tra i due leader, nella stanza al ventritreesimo piano del Pirellone a Milano, Luigi Di Maio e Matteo Salvini abbiano infatti accettato di consumare il sacrificio ultimo. Quello che è costato di più a entrambi, ma inevitabile per dare un governo al paese.

Mary Divella

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