MAGGIO MESE DI CRUISE COLLECTION

SFILA IL PRET-A-PORTER 2018

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Questi sono giorni cruciali per il mondo della moda, tutti gli occhi sono puntati sulle cruise collection, definite le vere collezioni, quelle che fanno vendere, molti sono gli addetti ai lavori che sostengono la tesi che solamente guardando sfilare una cruise collection si può capire cosa veramente le donne indosseranno e capire la vera cifra stilistica di un designer. Le cruise collection sono collezioni che non hanno bisogno di effetti speciali o abiti stravaganti creati appositamente per far parlare di se e strappare una recensione al fashion editor di turno, in queste collezione sono concetti come: concretezza e vestibilità a salire in passerella.

Le sfilate cruise che un tempo erano concepite per la gente ricca che andava in vacanza al caldo nei mesi freddi e viceversa, oggi sono pensate per i mercati più promettenti, più per le clienti che non per i buyer e fashion editor. In passerella sfilano capi meno scenografici, ma più indossabili nella vita di tutti i giorni, basti pensare che sono i capi delle cruise collection a garantire dal sessanta per cento all’ottanta per cento del fatturato di una maison.

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Chanel per presentare la sua cruise collection primavera-estate 2018 ha deciso di ricostruendo nel cuore di Parigi, percisamente al Grand Palais, un’antica Atene reinterpretando e trasformando, con il consueto allure che contraddistingue la maison francese, l’antica cultura classica in un pret-a-porter moderno che diventa oggetto del desiderio anche delle più giovanissime. Non a caso la collezione è stata intitolata: “Modernity of Antiquity” (la modernità dei tempi antichi), e così in una scenografia spettacolare che comprendeva: ulivi, antiche rovine e il mare sullo sfondo, allestimento che ha richiesto la sapienza di cinquanta maestri artigiani e molti giorni di lavoro, hanno sfilato modelle trasformate in moderne dee greche avvolte in splendidi pepli e corone di alloro tra i capelli.

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Anche per il make up e l’acconciatura l’ispirazione arriva dall’antico: l’eyeliner è grafico (forse più di ispirazione egizia che greca), labbra rosso sangue e acconciature che non possono prescindere dalla treccia o di un nastro tra i capelli.

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Oltre a far sfilare pepli, toghe, vestiti con forma ad anfora e sandali alla schiava chiari rievocazioni della cultura greca, la sfilata è proseguita rendendo onore ai must della maison: l’intramontabile tessuto tweed decnicato nelle classiche nuance Chanel: beige, tabacco, bianco e nero. Il designer della maison Karl Lagerfeld ha voluto così rispondere al governo greco che gli aveva negato il consenso di sfilare nel Partenone di Atene anche dietro un lauto compenso, peccato che non abbia preso in considerazione l’invito del sindaco di Agrigento che si era detto pronto a mettere a disposizione la suggestiva Valle dei Templi come location per la sfilata.

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Tutt’altra atmosfera si è respirata alla sfilata della cruise collection della maison Dior che ha portato le sue clienti in California, precisamente a Santa Monica dove in una riserva naturale (Upper Las Virgenes Canyon Open Space Preserve) per sperimentare il magico richiamo del deserto. Dior è stata la prima maison, a detta dell’ufficio stampa, ad organizzare una sfilata in una riserva naturale, sta di fatto che dall’arrivo della designer Maria Grazie Chiuri come direttore creativo, la maison Dior ha cercato in tutti i modi di “svecchiarsi” cercando di intercettare i gusti dei millennials e certamente la California è una delle mette più cool ed amata dalle nuove generazioni.

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E non è un caso che la sua collezione è intitolata: “sauvage”, dove tra scenografiche mongolfiere, tendoni berberi e falò sfilano capi di chiara ispirazione alla natura e ai suoi toni caldi come il marrone, l’ocra, il beige, l’arancione e il rosso. Una collezione che trasuda in modo prorompente l’amore che la designer Chiuri ha per le creazioni dell’artista americano Georgia O’ Keeffe e delle pitture rupestri che si possono ammirare nella grotta di Lascaux nella Francia meridionale. Sfilano modelle stile cawboy, quindi via libera a frange, grandi cappelli, maxi gonne e bellissimi abiti finemente ricamati.

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Il make up artist Peter Philips ha utilizzato i toni caldi del deserto per creare il suo make up da lui stesso definito warm glow, ricreando utilizzando toni che vanno dal marrone all’aranciato l’effetto bonne mine che si ha dopo una giornata passata sotto il sole sferzate dal tipico vento del deserto.

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E dopo aver assaporato il classico senza tempo di Atene, la magia del deserto californiano, con Louis Vuitton si vola nel magico Giappone, paese dove tradizioni millenarie ed estrema modernità convivono in perfetto equilibrio ed è proprio l’equilibrio il tema ispiratore della collezione che Vuitton porta in scena nella suggestiva città di Kyoto, emblema della tradizione, ma sceglie come location il suo museo più famoso (Miho Museum) costruito nel 1997 dall’archistar Ieoh Ming Pei, quindi emblema della modernità coniugata alla natura.

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La collezione creata dal designer Nicolas Ghesquiere per Vuitton porta in passerella molti simboli della tradizione nipponica come le cinture obi, l’abito tradizionale dei samurai, le armature dei soldati giapponesi, ma resi moderni grazie ai tessuti spalmati e tecnici, alle linee precise e strutturate e ad un verde metallico, di una sfumatura accesa, quasi sfacciata per la pudica tradizione nipponica. Un mix perfettamente riuscito tra passato e modernità, tra poesia e futurismo.

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Le trendsetter hanno già decretato i capi iconici, quelli mai più senza almeno sino alla prossima collezione: gli stivaletti texani, soprattutto quelli in pvc trasparente saranno un trend alert fortissimo del 2018 e l’iconica borsa bauletto che il designer ha rivisitato in chiave futurista grazie a materiali glossy e a stampe sporty.

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Miuccia Prada decide di restare in Italia presentando la sua cruise collection a Milano, non una scelta casuale visto che Milano è la città dove è sorta la Fondazione Prada, città che ha dato il via all’ascesa planetaria della maison. La locatione è stato l’interno di Osservatorio, il nuovo spazio della Fondazione sito al piano superiore della prestigiosa Galleria Vittorio Emanuele II inaugurato nel dicembre 2016, proprio in Galleria fu fondato lo storico brand dal nonno Mario nel lontano 1913 dedicandosi esclusivamente alla lavorazione del cuoio e alla pelletteria. Il fil rouge dell’intera collezione è l’abolizione del nude look, è la stessa stilista a spiegarci il motivo: “ se in passato la moda si rivolgeva ad una esclusiva tipologia di persone: ricchi, bianchi e cattolici, oggi ci si deve confrontare con culture e razze diverse e questo restringe di molto il vocabolario estetico. Bisogna stare attenti a non urtare la suscettibilità altrui”. A pensar male si potrebbe credere ad una mera scelta di marketing visto che le clienti più appetibili arrivano dai paesi di religione musulmana o dalla Cina e Giappone tradizionalmente dai gusti più pudici e meno esibiti.

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I tessuti sono impalpabili come il tulle, ma mai una trasparenza, all’uso si adotta la “fascia della censura”, ossia un top posto a coprire il busto, è una collezione dal sapore castigato chic dove unica concessione alla vezzosità femminile sono le paillettes, le piume, i ricami preziosi e il pizzo. Le tonalità sono pastello e mai sfacciate, molti i richiami al mondo sporty, ma sempre in stile Prada, come abbinare la felpa alla gonna di tulle, la camicia più casual sotto l’abito più elegante, o l’immancabile calzettone presente in quasi tutti i trent’otto outfit che hanno sfilato in passerrella.

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E dopo la sfilata tutti gli invitati sono stati condotti alla Fondazione Prada dove hanno potuto ammirare la mostra “TV ANNI ’70: Francesco Vezzoli guarda la RAI”. Una rivisitazione in chiave pop della RAI di quegli anni, specchio fedele delle profonde trasformazioni della società italiana in quel particolare periodo storico.

T. Velvet

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