MARIA ANTONIETTA, TUTTA COLPA DI UNA BRIOCHE

Facciamo un esperimento, vi va? Se vi diciamo “Che mangino brioches” a chi pensate?

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cms_24196/maria_antonietta.jpgMa certo, ovviamente a Maria Antonietta, regina di Francia dal 1774 al 1792. La giovane regina è, innegabilmente, uno dei personaggi più famosi della Storia: ai suoi tempi era un’icona di stile e bellezza, quasi una Ferragni del XVIII secolo ma senza Fedez – che Luigi XVI non regge proprio il confronto. Con lo scoppio della Rivoluzione francese, però, la sua immagine viene sistematicamente denigrata, descrivendola come una donna viziata e capricciosa, frivola, irresponsabile ed assetata di lusso. Questa idea di lei la Francia se l’era però già fatta prima, durante la sua adolescenza - età nella quale siamo tutti degli idioti da prendere a schiccherate sulle gengive -, idea che tale rimase anche durante l’età adulta, quando invece iniziò a mostrare più senso di responsabilità e di riflessione. Proprio come ciascuno di noi dopo i 20 anni. Ma con la crisi della monarchia, causata da una perdurante crisi economica che aveva ridotto il popolo alla fame, lei divenne per tutta la Francia Madame Deficit o, peggio, l’Autrichienne, la “cagna austriaca”.

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Fatta questa premessa analizziamo la celebre frase a lei attribuita, iniziando dal corpo del reato: la brioche. Che cos’è la brioche nel XVIII secolo? Secondo l’Oxford Companion to Food di Aland Davidson, la brioche del Settecento non era molto diversa da una forma di pane bianco. La differenza stava nel tipo di clienti: chi se lo poteva permettere poteva gustare una vera e propria nuvola di burro sofficissimo e zucchero, i meno fortunati dovevano accontentarsi di un’effimera quantità di burro e uova, che la rendevano più simile all’odierno pane all’olio. Dunque, la brioche era un alimento per soli ricchi? Assolutamente no, poteva essere comprata presso qualunque fornaio della Francia in grande quantità. Pensate che a Gisors, piccolo comune francese della Normandia, nei giorni di mercato se ne producevano tra i 200 ed i 300 kg in un giorno[1]! Anche uno dei padri nobili dell’Illuminismo, Jean Jacque Rousseau, si trovò ad acquistarne una da un comunissimo fornaio.

cms_24196/1.jpgTutta questa digressione sulla brioche ci ha portato lì dove volevamo. Ora dobbiamo chiederci “davvero Maria Antonietta ha detto quella frase”? Ed è qui che si fa interessante l’aneddoto su Rousseau, che lui racconta nel Libro VI de “Le confessioni”. Il nostro filosofo si trovava da Madame de Mably dove, di nascosto, si concedeva un vino d’Arbois. Solitamente, questo suo peccatuccio aveva il potere di stimolargli l’appetito e, non volendo entrare in panetteria vestito in maniera elegante poiché sarebbe stato considerato poco consono, racconta questo aneddoto: “Allora mi ricordai il suggerimento di una grande principessa a cui avevano detto che i contadini non avevano più pane e che rispose: che mangino delle brioches. Perciò mi comprai una brioche[2]. Queste sono pagine scritte nell’anno 1741, ed ecco che scoppia la bolla: i conti non tornano affatto! Maria Antonietta nascerà solo nel 1755, ben 14 anni dopo. Non solo, lei in Francia arriverà ancora più tardi, nel 1770. Possiamo quindi stabilire con certezza che non può aver pronunciato questa frase visto che, all’epoca, non era ancora nata.

cms_24196/2_1640050254.jpgE allora? Com’è stato possibile che la frase le sia stata attribuita?

Arriviamo quindi al terzo ed ultimo punto della nostra indagine.

Chi ha creato questo mito? A chi deve fare causa l’avvocato di Maria Antonietta per questa diffamazione?

Ebbene, signori e signore, abbiamo il colpevole: lo scrittore e giornalista repubblicano Alphonse Karr.

Fu infatti lui ad associare per primo questa frase alla regina nel suo settimanale satirico “Les Guepes”, numero del marzo 1843[3], in modo puramente arbitrario e senza alcuna fonte.

Si trattò di mera satira, una boutade ironica, o della fabbricazione cosciente di una vera e propria “fake news”?

Ai posteri l’ardua sentenza.

O forse possiamo azzardare a propendere per la prima.

Sapete dove veniva stampato e venduto il suo settimanale? A Parigi, in Rue du Croissant 16. Sempre di viennoiserie si tratta…


[1] M. A. Carême, Le pâtissier royal parisien ou Traité élémentaire et pratique de la pâtisserie ancienne et moderne, Paris: J.-G. Dentu, 1815

[2] J. J. Rousseau, Les Confession, Livre VI, p. 266

[3] V. Campion-Vincent – C. Shojaei Kawan, Marie-Antoinette et son célèbre dire : deux scénographies et deux siècles de désordres, trois niveaux de communication et trois modes accusatoires, “Annales historiques de la Révolution française”, n. 327, gennaio-marzo, 2002, pp. 29-56

Michele Lacriola

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