MAR ARTICO, LA NORVEGIA CONTINUERÀ A TRIVELLARE

La decisione della Corte Suprema dopo il respingimento di un ricorso lungo anni: è il caso giudiziario più importante della storia del paese scandinavo

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Risale a quattro giorni fa, ma i suoi effetti si avvertono ancora. Come quando un sasso viene lanciato in acqua e genera delle onde concentriche che si propagano, è il caso di dirlo. Cosa? Il respingimento da parte della Corte Suprema norvegese di un ricorso presentato da alcuni gruppi ambientalisti sulla possibilità garantita, da parte del governo, ad alcune aziende di cercare giacimenti di petrolio e gas naturale nel Mare Artico. Questa vicenda è stata una delle più seguite in Norvegia, ma anche dagli ambientalisti di tutto il mondo. E non avrebbe potuto essere altrimenti: una decisione antitetica a quella effettivamente assunta avrebbe infatti comportato una brusca, e probabilmente definitiva, frenata alle estrazioni di gas e petrolio in uno dei più importanti produttori europei di queste grandi risorse. I difensori dell’ambiente, come prevedibile, hanno reagito in maniera fortemente negativa: “sentenza assurda e spaventosa” è il commento del capo della divisione norvegese di Greenpeace, Frode Pleym. Il governo di centrodestra e le principali compagnie petrolifere del paese, al contrario, hanno accolto la disposizione molto favorevolmente.

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Non va dimenticato che la Norvegia è il principale fornitore di gas e petrolio dell’Europa dell’ovest, e la maggior parte della sua ricchezza gravita attorno proprio a questo settore. Come sempre sono i numeri a fotografare al meglio la realtà e darne in maniera ottimale l’idea: come riporta il Post, il 25% del gas utilizzato nel Vecchio Continente proviene dal paese scandinavo, che è il terzo al mondo per l’esportazione del gas, dietro soltanto alla Russia e al Qatar. Inoltre i ricavi della produzione e dell’esportazione del petrolio sono accumulati nel fondo sovrano norvegese, ovvero il più grande al mondo con il valore di mille miliardi di dollari, corrispondenti a circa 850 miliardi di euro. Le attività correlate all’estrazione e all’usufrutto di questi idrocarburi, tuttavia, contribuiscono in maniera non indifferente alla produzione di emissioni inquinanti per l’ambiente. Quindi, per diretta conseguenza, ad aggravare la situazione del riscaldamento e dei cambiamenti climatici, che non va sottovalutata.

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Un grande paradosso, dunque. E non è l’unico: la Norvegia è tra le nazioni nel mondo più attente alla sostenibilità ambientale. Entro la fine del prossimo lustro, infatti, il governo prevede che sul suolo nazionale saranno vendute esclusivamente auto elettriche. Fortemente sussidiate da anni, come preventivabile. Le ambizioni scandinave riguardo le riduzioni nette sono più grandi di quelle dell’Unione Europea. La Norvegia, tra l’altro, è stato uno dei primi stati a firmare gli Accordi di Parigi sul clima insieme proprio alla Francia. Risalendo al 2014 il governo norvegese aveva anche fatto inserire il 122esimo emendamento nella Costituzione, a tutela di un ambiente sano. Molto probabilmente è questo il motivo che ha spinto la Corte Suprema norvegese a dare ulteriore fiducia agli scandinavi, nonostante i rischi comportati dall’estrazione idrocarburica. La storia, in ogni caso, non si chiude qui: gli ambientalisti pare abbiano l’intenzione di portare il caso all’attenzione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Se e quando accetterà il caso, potrebbero volerci anni prima di arrivare ad un giudizio. E chissà se il nostro modo di vivere su questo pianeta non sarà cambiato in meglio.

Francesco Bulzis

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