MUSEO DELL’ABBAZIA DI BORGO SAN DALMAZZO

Alla scoperta dei Musei D’Italia

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Continua il nostro percorso alla scoperta dei Musei d’Italia.

Oggi propongo il MUSEO DELL’ABBAZIA DI BORGO SAN DALMAZZO in Pedona situato in Piemonte e inaugurato nel 2005 grazie al parroco don Giovanni Quaranta e alla dottoressa Egle Micheletto della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie. Le notizie che riporto sono attinte da più di una fonte che ho compulsato per rendere la mia esposizione più suggestiva.

Sono almeno duemila gli anni di storia che il visitatore può percorrere virtualmente attraversando le tre sezioni che coniugano le vestigia dell’antica città romana di San Dalmazzo, detta Pedona, con quelle del monastero benedettino di origine medievale sorto successivamente sui suoi resti: Percorso Museale, Percorso Archeologico e Museo Parrocchiale. Grazie alle sapienti opere di restauro si ha, dunque, il privilegio di “riconoscere” nella stratificazione architettonica, la storia millenaria dell’edificio in paio con quella della devozione al Santo.

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IL MUSEO

Appena entriamo, troviamo la copia dell’originale busto di San Dalmazzo.

Continuando accediamo nella prima sala, dove inizia il nostro percorso nella storia, poiché essa propone le principali fasi delle origini e dello sviluppo dell’insediamento abbaziale dalla necropoli romana all’attuale edificio.

Il plastico tridimensionale posto proprio al centro testimonia proprio l’imponenza della chiesa abbaziale del XII secolo, mentre i pannelli alle pareti ne mostrano l’evoluzione e le ristrutturazioni nel corso del tempo.

Nella seconda sala possiamo trovare alcuni oggetti di uso quotidiano ritrovati nel centro storico della città e databili tra il II e il III secolo d.c.

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La terza sala è sicuramente quella più imponente e particolare.

Al suo interno, infatti, ci sono ornamenti marmorei risalenti all’epoca longobarda e romanica.

Dalla foto potete notare come ogni singola parte di marmo sia caratterizzata da incisioni e decorazioni particolari e uniche nel loro genere.

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Il percorso archeologico

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Fonte: www.cittacattedrali.it

Dal museo poi possiamo accedere all’area archeologica.

Percorrerete prima una scala che conduce all’antica cripta meridionale romanica, dove sicuramente noterete tracce della pavimentazione policroma in stucco e coccio pesto che ricopre in parte l’abside semicircolare della chiesa paleocristiana.

Si percorre in seguito il corridoio realizzato in epoca settecentesca, durante la costruzione della Villa abbaziale, caratterizzato da una copertura in vetro, sotto alla quale alcune tombe testimoniano l’importanza del cimitero circostante, la chiesa.

Si rientra poi nella chiesa attraverso la cappella definita tradizionalmente "Cappella Angioina", decorata nel Quattrocento.

Il museo parrocchiale

Il museo parrocchiale, è formato da un primo ambiente in cui è esposto un ricco corredo di reliquiari e paramenti sacri realizzati tra XVII e XVIII secolo.

Poi si accede alla Cappella superiore, eretta alla fine del XVII secolo in corrispondenza del presbiterio della parrocchia e decorata con stucchi dorati e pitture raffiguranti alcuni momenti fondamentali della vita del santo.

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Abbazia di San Dalmazzo

Fonte: www.museoabbazia.it

L’abbazia benedettina di San Dalmazzo è racchiusa nel centro abitato che prende il nome dal celebre santo, Borgo San Dalmazzo.

Le prime attestazioni dell’Abbazia risalgono al 902 d.C. grazie al diploma di Ludovico III del Sacro Romano Impero.

Durante il IX secolo il culto del santo era in piena espansione e l’Abbazia era visitata giornalmente da numerosi pellegrini che si recavano a Pedona anche per attività commerciali. Tuttavia, il secolo successivo vide il trasferimento del corpo del Santo a Quargnento.

Un documento prezioso giunto ai nostri giorni è la bolla concessa da papa Innocenzo IV all’abate Anselmo, risalente al 1246 e ora conservata presso l’archivio della curia di Mondovì, che elenca tutte le dipendenze dell’abbazia: il documento mostra un patrimonio ridotto rispetto al passato ma ancora consistente.

Nel XV secolo l’istituzione era ormai in crisi e perciò l’abbazia fu unita in via definitiva con la mensa vescovile di Mondovì nel 1438.

Nella metà del XVI secolo i francesi occuparono Borgo, fortificando il monastero e danneggiandolo gravemente, come chiaramente detto nella descrizione del vescovo Gerolamo Scarampi durante la sua visita pastorale del 1583, quando si era ormai avviata una più corretta gestione del patrimonio ecclesiastico.

Negli anni successivi si tentò in ogni modo di rinvigorire il culto del santo con pubblicazioni sulla sua vita ma anche e soprattutto con la ricognizione delle reliquie e con la costruzione di una nuova teca argentea per un frammento del cranio nel 1594.

Nel 1636 vi fu l’ultima solenne traslazione del sepolcro del santo nella cappella sopraelevata. Agli inizi del XVIII secolo, per volontà del vescovo Gianbattista Isnardi del Castello, si avviò il radicale restauro del monastero e proprio a quegli anni risalgono i primi ritrovamenti di materiali archeologici romani e alto medievali.

Grazia De Marco

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