Mrs May e l’election day: l’Impero di Churchill e l’Ue

Chissà se la decisione presa da Theresa May lo scorso 18 aprile saprà rivelarsi una mossa vincente. Qualche perplessità, a dire il vero, la si nutre e non solo perché i sondaggi – quello di You Gov in testa - paventano sorprese. La prospettiva di elezioni anticipate, almeno nei conti della premier, era quella di un rafforzamento, una sorta di ampia conferma. Ma, correi alcuni gravi errori - strategici nella campagna elettorale - lo scenario, a poche ore dai risultati, potrebbe discostarsi molto dalle aspettative. Il primo dato degno di rilevanza è l’iscrizione dei giovani, nelle liste dei votanti. Così è previsto nel Regno Unito e l’esercito dei pro Corbyn l’ha fatto in massa, invertendo la tendenza del calo partecipativo alla vita elettorale da parte degli under 24, registratasi sin dai tempi del 1992.
Ciò, dato il sistema maggioritario in collegi uninominali, potrebbe non essere sufficiente a consentire ai laburisti la maggioranza, ma sicuramente non garantirà a Mrs May il risultato sperato, fotografando un popolo sempre più attratto dal suo avversario e meno da lei. Quella che il suffragio britannico potrebbero restituire, è dunque l’immagine di una leader indebolita dalle incertezze e dalle marce indietro cui si è assistito in questi mesi.
Se da un lato l’Europa è uscita rafforzata dalla prima ondata elettorale, con un’incognita italiana sempre meno preoccupante - stante il sistema proporzionale in varo - per il mondo anglosassone sembra preconizzarsi uno scenario non così stabile. La Brexit potrebbe rivelarsi assai insidiosa con Bruxelles più forte e la Gran Bretagna divisa tra euroscettici e chi, come Corbyn, premerebbe per il rafforzamento di trattative commerciali, bilateralmente convenienti, con l’Ue. Ciò che sta accadendo oggi non è affatto sconvolgente, se si pensa che Churchill già in un articolo pubblicato dal Saturday Evening Post il 15 febbraio 1930 – riprodotto tra le pagine 162 e 166 del libro di Coudenhove e Kalergi “An Idea Conquers the World” – auspicava un’Europa unita, senza l’Inghilterra, che aveva il suo impero. Del resto l’animo inglese ha sempre mal digerito quello unitario. E al momento del referendum in pochi avrebbero scommesso sulla ripresa dell’eurozona, complice uno scetticismo che, probabilmente, si ritroverà a fare i conti con un epilogo diverso.
A voler seguire la via churchilliana – mi si consenta l’utilizzo di un neologismo spagnolo – l’Inghilterra dovrebbe condurre una politica di maggiore apertura economica, più simile, nell’attualità, a quella di Corbyn. Certo, sul quadro delineatosi negli ultimi decenni, hanno inciso in Occidente le spinte populiste dalla forte connotazione neonazionalistica, prodotto indiscusso di diversi errori strategici. In un mondo globalista, un approccio fondato sul divisionismo, rivolto all’interno, piuttosto che agli equilibri internazionali, è perdente. Anche sul fronte della sicurezza occorre un piano d’intelligence condiviso. Perché nessuno - gli ultimi attentati lo hanno dimostrato - è immune al terrore. Non basta chiamarsi fuori.
Lascia un commento
NB: I commenti vengono approvati dalla redazione e in seguito pubblicati sul giornale, la tua email non verrà pubblicata.