NIGER E GABON,GOLPE MILITARE:"DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA"

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L’Africa bolle non per le elevate temperature ambientali, bensì dal punto di vista socio-politico. A più di un mese dal golpe in Niger con la destituzione del presidente Mohamed Bazoum da parte di una giunta militare, il gesto di sovversione nei confronti di istituzioni “democraticamente elette” si è diffuso anche verso lo stato centroafricano del Gabon. I due Paesi, geograficamente abbastanza distanti, hanno in comune un passato di colonialismo francese. Come spesso accade, in seguito ad anni di predominio istituzionale, culturale ed economico, la presenza dei transalpini ha continuato a pesare su questi Paesi, nel frattempo passati a regimi politici pseudo democratici. Così come in Niger per le estrazioni di uranio, la Francia è in Gabon per lo sfruttamento minerario di manganese e soprattutto petrolio.

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Per entrambi i Paesi, i militari hanno giustificato i golpe incolpando le istituzioni di corruzione e brogli elettorali. Insomma, non voglio mettermi dalla parte dei militari, ma non posso non pensare che da quelle parti, difficilmente le democrazie elette non muovano i fili di un sistema che avvantaggia chi detiene il potere politico e chi intrattiene affari con le imprese straniere. Sia il Gabon che il Niger, infatti, hanno un elevato tasso di povertà; strano per dei Paesi che hanno risorse su cui puntare per far incrementare il prodotto interno lordo (e pro-capite).

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In queste ore, per la cronaca e giusto per far comprendere il termometro della situazione, i militari hanno ordinato l’espulsione dell’Ambasciatore francese, Sylvain Itté. Gli Stati Uniti d’America, la Russia e la Cina hanno gli occhi puntati su quei territori marcandosi a vista, perché uno non vuole che l’altro espanda le proprie zone di influenza andando ad appropriarsi di territori ricchi di risorse (soprattutto uranio), importanti per il rafforzamento degli arsenali militari. L’Unione Europea e il resto dell’Occidente, intanto, svolgono un ruolo di super partes, spingendo tutti gli attori in scena verso una risoluzione diplomatica che porti a negoziati preventivi di guerre che causerebbero morti, aumento della povertà ed eventuali esodi di massa verso l’Europa occidentale.

Umberto De Giosa

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