NON C’È PACE PER L’IRAN
Lo “schiaffo del turbante” infiamma le proteste
Dalla morte della ventiduenne Mahsa Amini, avvenuta lo scorso 16 settembre a Teheran, in Iran non sono cessate le proteste della popolazione contro il regime.
La giovane donna era stata arrestata dalla polizia con l’accusa di non indossare in maniera appropriata il velo.
In segno di protesta i giovani iraniani hanno diffuso sui vari canali social alcuni filmati in cui si vedono chiaramente dei cittadini che, con fare provocatorio, tolgono i turbanti agli uomini vestiti con abiti religiosi e delle donne che gettano a terra il loro copricapo.
Questo atteggiamento, etichettato dai mass media locali con il termine di “schiaffo del turbante”, servirebbe a sensibilizzare la popolazione e a combattere il sistema religioso.
Da un reportage della Ong “Iran Human Rights” emerge che durante le proteste avrebbero perso la vita circa 277 persone, tra cui molte donne e minorenni.
Gli scontri con la polizia locale hanno mietuto vittime anche tra i militari e molti di essi sono rimasti feriti, dopo che è stato aperto il fuoco sulla folla.
Le proteste si sono registrate anche in ambito accademico, per l’esattezza nell’università Pars di Teheran e nell’ateneo di Saqqez.
Si contano oltre 14mila arresti, tra i quali ci sarebbero anche avvocati, giornalisti e artisti famosi come il rapper Toomaj Salehi.
Quest’ultimo è in stato di fermo dal 30 ottobre, giorno del suo trasferimento presso il carcere di Even sito a Teheran, dove si trova anche la dissenziente italiana Alessia Piperno.
Il rapper è sottoposto a costante sorveglianza, non può avere contatti con l’esterno, subisce trattamenti disumani e torture.
Il capo di imputazione sarebbe quello di essersi esposto in prima persona contro il regime e aver criticato aspramente gli ayatollah.
Quanto sta accadendo in Iran è stato oggetto di critiche soprattutto da parte dei paesi occidentali, che accusano Teheran di non rispettare i diritti umani e di perpetrare atti persecutori e repressivi.
A questa presa di posizione Hossein Amirabdollahian, ministro degli Esteri iraniano, durante un colloquio con Josep Borrell, Alto rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione Europea, avrebbe comunicato che gli avvertimenti occidentali non fanno altro che alimentare il senso di disprezzo verso la cultura europea a scapito della sicurezza dello stesso mondo occidentale.
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