NO BENIGNI, NO LOVE

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Molti sono i modi di dire, prestati all’uso linguistico quotidiano e fissantisi nella memoria collettiva, provenienti da ambiti diversi, veicolati attraverso la comunicazione social, televisiva, cartacea. A mo’ di esempio, il famoso “no martini, no party”, con un aggregato di termini italiani e inglesi, secondo la breve, pragmatica struttura english, rispetto a quella variegata e prolifica dalle sfumature infinite del “sì”. Uno sposalizio morganatico che conquista sempre più fette di territorio. Non certo una novità la mescolanza idiomatica nel parlare, espressione di vita vissuta altrove rispetto alla propria terra di origine ma nel tempo di habitus diverso, nella imperante voglia di essere sempre International Cult. “No vax”, binomio circolante in modo epidemiologico attualmente anche nella bocca di chi non sa nulla di migrazioni etniche, conquiste di popoli, dominazioni con imposizioni della lingua da parte del vincitore, di sostrati e superstrati, condiviso perché lo pronunciano tutti, assieme al “no mask”, ai quali, per inciso, preferiamo di sicuro l’intrigante volto di George Clooney, richiamante qualcosa che non ci fa dar forgia nella mente al Covid. Una premessa per riflettere sulle abitudini che velocemente si acclarano attraverso la potenza dei social media e della massa opinionista che sempre più crescente, attraverso tutte le vetrine, senza averne la competenza tuttologa, omologandosi a qualche idea di comodo, fa entrare prepotentemente, purtroppo, nel dizionario anche della Treccani certi modi di dire che non sono semplici fonemi o grafemi, perché la lingua è pensiero. E lo è con tutte le sue pieghe, i colori, le divergenze, le alternative che esprimono dietro il velo delle parole un vissuto diversificato, sfaccettato, ricco di esperienze che per mezzo del suono linguistico e della semantica si dona agli altri, come parte del proprio essere. Spesso risulta difficile abbracciare la vastità delle sfumature che il parlar trasmette, è ristretta la visuale come se si guardasse solo attraverso piccole lenti non dotate del grandangolo.

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Piace portare a conferma quanto accaduto di recente, in seguito al discorso di Benigni alla cerimonia di consegna del Leone d’oro alla sua carriera, per la dedica alla sua compagna di vita, la riconoscenza a chi, a suo dire, ha condiviso tutto con lui e a cui va il merito. Potremmo dire “no Benigni, no love”, ma ci asteniamo dall’introduzione di anglicismi in una vicenda reale italiana, pur sotto i riflettori del mondo del cinema, che come quello dell’arte, della letteratura, dei social, del teatro diffonde verità, trasmette messaggi attraverso la finzione o l’informazione. Vogliamo prendere in considerazione il soffio di questa storia, lontana dal nero, che ammanta tanto la sublimità dell’amore; ricordiamo la tragicità di Giulietta e Romeo, la disperazione di Orfeo per la perdita della sua Euridice, il privarsi della vita di Didone per Enea, la bufera infernale che trascina Paolo e Francesca per il loro donarsi un bacio di autentico sentire. Miti, storie letterate che recano il senso nodale di ciò che accade nella vita reale… la felicità per amore sembra infastidire gli dei e la sorte invidiosi. Per non parlare dell’“homo sapiens”, vivente non nell’immaginario ma nella realtà e che non ha mai smesso di uccidere, di ricorrere alla violenza, non sopportando la felicità di chi non “possedeva” più. Una bella dichiarazione di amore quella di Roberto Benigni, che spesso ci ha parlato del valore della Donna, del significato dell’amore, dell’importanza della felicità. Ha posto la sua Nicoletta al centro della propria vita, in quel misurare il tempo attraverso lo stare con o senza di lei (suscitando critiche per l’omissione dell’autore di tale verso, Jorge Luis Borges). Nel ringraziare di tutto la sua musa ispiratrice che “imparadisce” la sua mente, Il fantasioso cantastorie non avrebbe non potuto vedere in lei Beatrice, la dantesca datrice di beatitudine, di luce, un altro sole…

e di sùbito parve giorno a giorno
essere aggiunto, come quei che puote
avesse il ciel d’un altro sole addorno.

Canto I paradiso

La cultura è vita, sentimento, sensibilità, forza, coraggio, quello di volare alto, di osare, di non farsi intimidire dai pregiudizi, dalle critiche, dalla standardizzazione omologante invasiva…infatti molti commenti hanno corredato il discorso, di apprezzamento da parte di chi ha seguito con occhi sognanti o viceversa di critica negativa di chi ha denigrato tacciando di strumentalizzazione una dedica che magari non si è ritenuta finta ma esibita. Esibire, dal latino exhibere, avere fuori, portare fuori. Non è criticabile ciò che si esterna, non certo la capacità di sé di fare qualcosa, autoesaltandosi, quale sentimento autentico, anzi! Non si parla di effusioni amorose, di ciò che deve avvenire nell’intimità ma di donare l’intimo sé all’altro chiamando a testimoni tutti, per il piacere di condividere “fuori” con il mondo particelle di felicità.

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Condividiamo sempre con gli altri i sentimenti, tanto che non è inusuale sentire “voglio gridare al mondo intero il mio amore”. A chi non piacerebbe ascoltare una bella canzone, affacciarsi e capire che quella è una serenata per sé, o vedere in alto sorvolare il cielo un piccolo aereo con lo striscione in cui è scritto il proprio nome con un bel “ti amo”! Quando vediamo un film d’amore, ci commuoviamo e vorremmo essere noi protagonisti di quella romantica storia, eppure siamo consapevoli di assistere a qualcosa di virtuale, immaginario, che tuttavia sa portare sullo schermo, interpretare a teatro o scrivere nelle pagine di un libro ciò che tutti desideriamo, vorremmo. Anche se esibito, non falso, il sentirsi amati a gran voce fa sbocciare un sorriso nel cuore. Vederlo attestare anche negli altri lascia comunque un messaggio di speranza: in fondo tutti sappiamo che l’amore è il motore di tutto, “move il sole e l’altre stelle”, è ciò che rende felici. Spesso presi dal rincorrere altro ce ne dimentichiamo, trascuriamo di annaffiare la piantina dell’amore, sottovalutandola, a volte pure vergognandosene, perché il dichiarare, manifestare, dar valore al mettere a nudo il proprio sentire verso l’altro sono ritenuti debolezza, vulnerabilità. Non di certo tutte le situazioni o le persone sono tali da avvalorare tale pensiero: la realtà odierna e il proprio vissuto inducono a quella corazza che allontana dal senso della vita. È così raro, oggi specialmente, che si ami chi ti ama, che si sia amati da chi ami e a lungo che non si può non provar meraviglia e speranza per una dichiarazione d’amore nell’abbraccio con il mondo.

Cettina Bongiovanni

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