NUCLEARE: GLI USA ATTACCANO L’IRAN

L’amministrazione Trump è sola contro tutti per il ripristino delle sanzioni

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Si è riaperta nelle ultime ore la questione delle sanzioni all’Iran, legate al programma di sviluppo del nucleare. A riattizzare la brace che arde da circa un quarantennio, ci hanno pensato, ovviamente, gli Stati Uniti di America, nemico storico della nazione mediorientale. Eppure, a causa della pandemia da coronavirus, le Nazioni Unite, spinte dall’Unione Europea, avevano trovato delle risoluzioni per allentare il cappio dal collo a un Paese soffocato dalla crisi economica e sanitaria. Ma l’Amministrazione Trump, attraverso il segretario di Stato Mike Pompeo, fa sapere che le sanzioni USA tornano perché l’Iran “non ha rispettato gli impegni assunti con l’accordo sul nucleare (Jcpoa)”.

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Nell’accordo (Joint Comprehensive Plan of Action), stipulato nel 2015 con i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite - Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti – più la Germania e l’Unione europea –, l’Iran ha accettato di «eliminare le sue riserve di uranio a medio arricchimento, di tagliare del 98% le riserve di uranio a basso arricchimento e di ridurre di due terzi le sue centrifughe a gas per tredici anni. Per i successivi quindici anni l’Iran potrà arricchire l’uranio solo al 3,67%. L’Iran ha inoltre pattuito di non costruire alcun nuovo reattore nucleare ad acqua pesante per lo stesso periodo. Le attività di arricchimento dell’uranio saranno limitate a un singolo impianto utilizzando centrifughe di prima generazione per dieci anni. Altri impianti saranno convertiti per evitare il rischio di proliferazione nucleare».

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Immediata la risposta sia di Teheran che definisce gli USA “irresponsabili”, sia di Mosca che considera le affermazioni americane come “illegittime”. Ma per la Casa Bianca, “le sanzioni sono state nuovamente imposte all’Iran in base al processo di ripristino (snapback) ai sensi della risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza dell’Onu”. Nello specifico, lo snapback è un dispositivo contenuto all’interno dell’articolo 11 dell’accordo sancito a Vienna nel 2015, in cui è previsto il ritorno alle sanzioni pre-accordo entra 30 giorni dalle segnalazioni di eventuali violazioni iraniane da parte di uno dei membri permanenti, a meno che il Consiglio di sicurezza non decida di rinnovare le risoluzioni.

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Per il capo della diplomazia americana, l’azione si è resa necessaria, perché “oltre al mancato rispetto da parte dell’Iran degli impegni presi dal Jcpoa, il Consiglio di sicurezza non ha esteso l’embargo sulle armi delle Nazioni Unite all’Iran, in vigore da 13 anni. L’inazione del Consiglio di sicurezza avrebbe spianato la strada all’Iran per acquistare ogni sorta di armi convenzionali il 18 ottobre. Fortunatamente per il mondo, gli Stati Uniti hanno intrapreso un’azione responsabile per impedire che ciò accadesse”. Inoltre, Pompeo annuncia che “gli Stati Uniti si aspettano che tutti gli Stati membri dell’Onu rispettino pienamente i loro obblighi di attuare queste misure…” e “…se gli Stati membri delle Nazioni Unite non adempiono ai loro obblighi di attuare queste sanzioni, gli Stati Uniti sono pronti a utilizzare le loro autorità nazionali di conseguenza”. E per questa ‘cavillosa battaglia’, gli Stati Uniti ricorreranno all’at. 12 del Jcpoa: «se il Consiglio di Sicurezza non adotta una risoluzione ai sensi dell’articolo 11 per mantenere in vigore la risoluzione, a partire dalla mezzanotte dopo il trentesimo giorno dalla notifica al Consiglio di sicurezza, tutte le disposizioni delle risoluzioni 1696 (2006), 1737 (2006), 1747 (2007), 1803 (2008), 1835 (2008) e 1929 (2010), si applicano come avveniva prima dell’entrata in vigore della risoluzione».

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Con queste presuntuose dichiarazioni, l’amministrazione Trump ha allargato il fronte dell’ostilità ‘sparando ad alzo zero’ com’è solito fare nelle questioni internazionali di carattere geo-politico quando di mezzo c’è lo Stato degli Ayatollah o la Cina. Ma, nonostante tutto, agli Stati membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non resta che contestare il fatto che la Casa Bianca non possa avvalersi del diritto allo ‘snapback’, perché si è ritirata dall’accordo di Vienna nel 2018. Nel frattempo, staremo a vedere nei prossimi giorni quale sarà la posizione dell’Unione Europea su di una questione determinante dello scacchiere commerciale e diplomatico mediorientale.

Umberto De Giosa

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