Nauru: il declino della pi๠piccola repubblica al mondo

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Provate a immaginare una nazione dove tutte le famiglie, perfino quelle più povere, possono permettersi almeno cinque o sei televisori e altrettante automobili. Un Paese dove, anche senza lavorare, è possibile mantenere un tenore di vita agiatissimo, avendo al proprio servizio collaboratori domestici asiatici, giardinieri e, in molti casi, perfino dei cuochi. Un Paese dove le cure sanitarie sono gratuite, le scuole numerose e il welfare funziona in maniera perfetta. No, non stiamo parlando di un regno utopistico, ma di una piccola isola dell’Oceano pacifico: Nauru. Negli anni ‘70 e ‘80 questo Paese, il terzo stato più piccolo al mondo dopo il Vaticano e il Principato di Monaco (che come sappiamo non sono delle repubbliche) ha vissuto un periodo di splendore e di agiatezza senza precedenti nella storia dell’umanità. Ebbene, forse rimarrete sorpresi nello scoprire che oggi, a distanza di qualche anno, questa nazione è diventata uno dei posti più invivibili sulla faccia della Terra. Ma facciamo un passo indietro…

L’isola oceanica venne scoperta soltanto intorno alla fine del XVIII secolo, durante la stagione dell’esplorazione europea dell’Australia. Il primo occidentale che vi mise piede, il capitano inglese John Ferm, rimase talmente affascinato dalla bellezza naturale, dagli enormi alberi e dai colori caldi della sabbia e del mare, da arrivare a definire quel posto pleasant island (“isola amena”), soprannome che Nauru ha tutt’ora conservato.

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Nel corso degli anni, varie sono state le dominazioni subite dal piccolo Paese: vi fu l’epoca del dominio britannico, la colonizzazione tedesca prima e australiana poi. Tuttavia, fu tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, vale a dire nel periodo in cui Nauru era una dominazione del Kaiser, che l’isola conobbe una svolta radicale. Un brillante geologo dell’epoca infatti, Albert Ellis, scoprì che madre natura non aveva solamente donato a quel posto un’inebriante bellezza, ma anche delle risorse, se così si può dire, ben più concrete. In particolare, Ellis intuì che il sottosuolo di Nauru era ricco di fosfato puro, un minerale che può essere utile sia come fertilizzante agricolo che come ingrediente farmaceutico.

cms_9458/3v.jpgQuando, nel 1914, i tedeschi abbandonarono la nazione per concentrarsi sulla prima guerra mondiale, al loro dominio subentrò quello australiano. Il governo di Canberra avviò subito uno sfruttamento intensivo di Nauru, abbattendo intere foreste e danneggiando gravemente la barriera corallina. Inevitabilmente, però, tali azioni ebbero delle conseguenze sulle dinamiche politiche locali. I cittadini del luogo, capeggiati dal loro leader (e futuro presidente della nazione) Hammer Deroburt, iniziarono a chiedere ad alta voce l’indipendenza di Nauru. A nulla servirono le concessioni offerte loro dalle multinazionali estrattrici di fosfato, né la proposta del governo australiano di trasferire in blocco la popolazione sulla più grande ma ben meno ricca isola Franzen. Gli indipendentisti non solo rifiutarono, ma rincararono la dose portando la questione della sovranità del loro popolo all’ONU.

La risoluzione per riconoscere Nauru come uno stato sovrano venne sorprendentemente approvata. Non sappiamo se questa decisione fu il frutto della travolgente e folkloristica simpatia di Deroburt, se, viceversa, dipese dalle tendenze anticolonialiste dominanti nell’opinione pubblica degli anni ‘60 o se, cosa ben più probabile, fu la diretta conseguenza dal fatto che gli Stati Uniti, ansiosi di far concorrenza al governo australiano nell’estrazione di solfato, appoggiarono calorosamente la proposta. Ad ogni modo, Nauru ottenne la tanto anelata indipendenza.

In quel momento, come detto, la piccola nazione visse un autentico boom economico, contraddistinto però anche da un forte indebitamento verso l’esterno, e da uno sfruttamento indiscriminato delle aeree nazionali per arricchirsi. Uno sfruttamento che avrebbe portato, sul lungo periodo, ad una drastica riduzione delle zone abitabili.

Ad ogni modo, tale prosperità non poteva durare a lungo: fin dai primi anni ‘90, gli esperti misero in guardia il governo di Nauru sul fatto che le risorse di solfato sarebbero presto finite, ma questi sembrarono ignorarli. Così, quando le risorse finirono davvero, per il Paese fu la rovina.

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La classe dirigente tentò di rilanciare le proprie finanze attraverso una serie di investimenti ambiziosi, ma non fece altro che peggiorare la situazione. Venne istituita la compagnia aerea “Air Nauru”, nota come una delle più inaffidabili al mondo a causa del numero record di voli giunti in ritardo, che ben presto andò in fallimento. Non ebbe fortuna migliore un altro progetto altrettanto pretenzioso: la costruzione di quello che sarebbe dovuto diventare il più alto grattacielo del continente, il “Nauru House Building”, un’idea talmente assurda che nel 2004 il governo venne costretto ad un’umiliante svendita dell’intera struttura. Vi sono poi le soluzioni bislacche, che non sappiamo se debbano destare più ilarità o tristezza, come il tentativo di offrire ai giapponesi l’appoggio alla campagna per l’autorizzazione della caccia alle balene, in cambio di un cospicuo assegno bancario; o ancora, la decisione (avvallata dal governo!) di vendere passaporti o di autorizzare l’Australia ad affittare letteralmente una porzione di Nauru, al fine di esportarvi i propri detenuti. Inutile dire che nessuna di queste misure ha risolto i problemi dell’isola.

Ad oggi, Nauru sta vivendo un periodo di profonda depressione economica, con un tasso di disoccupazione vicino al 90%. L’unico ricordo lasciato dai fasti degli anni passati è rappresentato dalle condizioni sanitarie dei suoi abitanti: otto cittadini su dieci soffrono infatti di obesità per colpa della cattiva alimentazione, mentre il diabete, prima causa di mortalità sull’isola, colpisce oltre il 40% dei cittadini del posto.

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A tutto questo bisogna aggiungere le difficoltà amministrative, considerando che Nauru è l’unica nazione al mondo a non avere una capitale. Il parlamento ha attualmente sede in un villaggio di 747 abitanti, Yaren. Alcuni potrebbero provare a consolarsi pensando che le cose non potrebbero andare peggio, ma sfortunatamente non è così, dal momento che il picco più elevato dell’isola sfiora a malapena i 61 metri e l’innalzamento del livello degli oceani nei prossimi anni potrebbe portare Nauru a scomparire del tutto ed i suoi cittadini a fuggire... Che dire? Buona fortuna.

Gianmatteo Ercolino

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