Nei Paesi Bassi una ragazza di 17 anni ha scelto l’eutanasia
Gli abusi subiti da piccola l’avevano portata alla depressione

“Amore è lasciar andare, in questo caso”: è stato questo l’ultimo messaggio su Instagram di Noa Pothoven, una ragazza di 17 anni di Arnhem, nei Paesi Bassi. Dopo una depressione durata anni, Noa ha deciso di farla finita, scegliendo l’eutanasia. Soffriva di anoressia ed era affetta da disturbo post-traumatico da stress; non ne poteva più di sopportare una sofferenza dovuta alle cicatrici di un’infanzia difficile. Aveva subito tre abusi dagli 11 anni in poi, nell’età in cui una ragazza, o per meglio dire una bambina, non chiede altro se non di giocare e vivere una vita tranquilla e spensierata.
Domenica scorsa, nella sua casa di Arnhem, con l’assistenza medica necessaria e il consenso della madre, Noa ha portato fino in fondo la sua decisione, con la lucidità di chi non poteva più trascinarsi dietro cicatrici che nessuna ragazza dovrebbe avere.
Nei Paesi Bassi l’eutanasia è legale dai 12 anni in su, ma può essere intrapresa solo se un medico stabilisce che le sofferenze del paziente siano talmente gravose da non poter essere sopportate. La persona che la richiede, inoltre, deve essere del tutto lucida e non deve aver assunto alcuna sostanza in grado di alterare le sue funzioni cognitive.
Il caso di Noa si presenta come unico e raro. Fa riflettere come una ragazza così giovane sia arrivata a prendere una decisione tanto drastica, facendoci intuire per l’ennesima volta come in questa società manchi davvero qualcosa. La ragazza non ha potuto superare i traumi che l’avevano segnata sin da piccola con la sua sola forza di volontà e, come lei stessa aveva denunciato nella sua biografia - intitolata Vincere o imparare -, nel suo Paese mancano strutture che possano fornire un supporto fisico e psicologico a chi ha subito abusi.
La vicenda di Noa e le sue sofferenze rispecchiano la realtà di molte ragazze che, come lei, sono state vittime di abusi. C’è da chiedersi, però, se l’eutanasia sia davvero la soluzione a tutto. Già in altre occasioni si è discusso in merito alla sua legalità, ma questa vicenda apre una riflessione ben più profonda, legata alla natura di una decisione tanto ardua da intraprendere. Chi di noi si augurerebbe di dover disporre la propria dipartita?
Interpretata come un atto di denuncia verso una società che corre troppo e non si ferma mai ad ascoltare la sofferenza altrui, la decisione di Noa appare nobile e coraggiosa. Ma non possiamo non chiederci se fosse necessario arrivare a tanto per condurre la società a meditare sul senso della vita e sulla capacità di empatizzare col prossimo. Alla morte non c’è rimedio, è vero, ma forse si può fare qualcosa in più prima di arrivare addirittura a richiederla, come se non ci fosse altra scelta.
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