Netflix, il regno dello streaming ha un solo re

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Guardare la televisione è stato per decenni un’attività semplice, intuitiva e meccanica per intere generazioni. Se in principio la scarsità dei canali rendeva pressoché obbligate le scelte di cosa guardare, con l’arrivo delle tv commerciali e il far west dell’etere, l’ampliamento del numero dei canali, tv dotati di telecomandi e la pratica dello zapping compulsivo, hanno aperto al pubblico le porte per maggiori opzioni di visione televisiva e hanno contribuito a renderlo ancor più pantofolaio e sedentario. In tempi più recenti si è avuta la trasformazione dello spettatore in utente, una generazione composita e a maggioranza giovane che gestisce l’apparecchio televisivo come fosse l’appendice del proprio schermo del cellulare e al contempo, mentre guarda un contenuto proposto dal palinsesto tv, armeggia con il proprio smartphone e controlla le nuove notifiche, messaggia o dà un’occhiata agli aggiornamenti social. Nel nuovo panorama televisivo assistiamo più che a un’evoluzione dello spettatore a un incremento di soggetti affetti dunque da deficit dell’attenzione e iperattività. È il frutto di una società iperstimolata, incoraggiata e foraggiata dalle tecnologie digitali e che vede la televisione ancora una volta come protagonista, ieri come oggi. L’evoluzione dello spettatore televisivo, se di evoluzione vogliamo parlare, è passata anche da una continua perdita d’interesse verso la prevedibilità di programmi che i palinsesti hanno proposto per decenni attraverso gli iniziali e pochi canali generalisti. La nuova era del digitale e dei canali pressoché infiniti del bouquet televisivo ha decretato la nascita invece di un pubblico maggiormente consapevole di cosa, chi, dove, quando guardare la tv.

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I contenuti oggi presenti nelle nostre smart tv sono pressoché infiniti e lo spettatore ha a disposizione per sé e per la propria famiglia soluzioni e programmi votati all’intrattenimento tout court, come Netflix per esempio. Nata come rete di nicchia, nel corso degli anni è diventato un network per tutti in grado di proporre serie originali a ritmo di 20 all’anno. Leader dello streaming ormai da qualche anno, la società americana in era lockdown ha totalizzato quasi sedici milioni di nuovi abbonati nel mondo per un introito di 183 milioni di dollari. Bloccati nelle loro case, molte famiglie hanno colto l’opportunità di sfuggire alla noia incombente abbonandosi allo streaming più famoso nel mondo, ricorrendo letteralmente a un bene rifugio. Netflix ha ormai assunto una posizione di leadership nello streaming di contenuti, forte di un database idoneo per un pubblico di oltre 150 milioni di abbonati nel mondo (di cui più di 15 milioni solo nei primi tre mesi dell’anno a causa della pandemia) e 2 milioni in Italia. L’esperienza del Covid-19 ha fatto sì che la forza e la presenza di Netflix (e di altre piattaforme simili) si rafforzasse non solo a livello di abbonamenti ma anche in campo finanziario; se è vero che da inizio 2020 gli indici azionari mondiali hanno subito cali rilevanti, ci sono invece imprese del comparto hi tech che hanno tratto un innegabile vantaggio dalla pandemia, grazie a una forte crescita delle vendite e dei profitti. Zoom con un + 155,2% da inizio anno è stata dichiarata, nonostante le iniziali polemiche sulla privacy, la regina incontrastata nelle teleconferenze a distanza, Amazon con +32,5% si è ancor più affermata nel commercio elettronico e da parte sua Netflix ha archiviato il primo trimestre dell’anno con ben 5,77 miliardi di dollari di ricavi, ovvero un dato aumentato del 27,6% rispetto ai 4,52 miliardi di dollari dello stesso periodo dell’anno scorso.

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L’indubbia forza di Netflix sta tutta sia nella novità dell’approccio televisivo, puntare cioè su contenuti inediti sempre in linea con le aspettative del suo pubblico, sia nella scomparsa dell’atavica dittatura del palinsesto tipico delle tv generaliste, una rivoluzione accettata di buon grado da parte degli spettatori soprattutto più giovani che hanno gradito l’avvento di un flusso continuo di trasmissioni ininterrotte senza il vincolo di sottoscrivere abbonamenti via cavo, senza fasce orarie fisse e le tirannie di indici di ascolto. Netflix si va a situare come la rappresentante più significativa della moderna new economy, quel modello cioè che ha abolito, nelle parole di Alain Ehrenberg, «obbedienza, disciplina, conformità all’etica corrente» e ha portato con sé una nuova scenografia di libertà che si traduce in particolar modo per Netflix, nella libertà di produrre tutti i contenuti che vuole senza censure perché votate al dio (algoritmico) dell’intrattenimento e al soddisfacimento di vecchi e nuovi iscritti. Il neoliberalismo netflixiano si pone, parafrasando Gunther Anders, “come creatore di sussidi farmacologici alla nostra inadeguatezza e compensazioni narcisistiche” alle continue frustrazioni di tempi difficili, malinconici, incerti a cui il mainstream digitale fondato sulla gamification (di cui Netflix ne è uno dei tanti rappresentanti) contrappone invece quelli eccessi di godimento casalingo, sicuro perché intramoenia e sgravato da rigide imposizioni programmatiche; il paradosso del nuovo spettatore, finalmente autonomo nelle scelte perché illusoriamente libero.

Andrea Alessandrino

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